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JAIME MICHAELS – If You Fall

di Paolo Crazy Carnevale

29 settembre 2019

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JAIME MICHAELS – If You Fall (Appaloosa 2019)

Ecco qui un altro bel prodotto da casa Appaloosa… Se le recenti produzioni soliste dei componenti degli Orphan Brigade e James Maddock avevano convinto poco o fino ad un certo punto e se il recente CD di Michael McDermott era di fatto una raccolta di outtakes recenti, questo lavoro di Jaime Michaels si eleva decisamente.

Il cantautore si affida alla produzione di Jono Manson e bene fa: Jono, visto recentemente in azione in Italia con l’amico John Popper, ha la marcia in più che serve a fare di una serie di registrazioni o composizioni un prodotto fatto e finito, fruibile, godibile, apprezzabile.

Michaels è qui particolarmente ispirato in sede di composizione, il disco piace più del suo predecessore, parecchio.

L’Appaloosa poi, non lesina di certo nel presentare i lavori di questi artisti americani e li fa sempre uscire con ricchi booklet con testi e traduzioni, un’abitudine spettacolare.

Manson, per far brillare i suoni del disco chiama alcuni bei nomi, da Rado Lorkovich a Jon Graboff che ci piazza quasi tutti gli strumenti a corda, al nostrano Paolo Ercoli, ormai uno dei più dotati suonatori di dobro dello stivale. Le atmosfere sono sempre molto da songwriter, e difatti questo è Jaime Michaels, ma i suoni fanno la differenza, i passaggi di mandolino, le intromissioni delle chitarre, che siano pedal steel baritonali o dodici corde sono sempre misurati, non tolgono mai il fuoco dalla voce del titolare, lo stesso vale per le tastiere di Lorkovich.

Subito notevole l’inizio del disco, con la title track, e pregevoli sono anche Any Given Moment e Red Buddah Laughs. Una menzione d’onore per la cover di Rimmel di Francesco De Gregori, che conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, la statura di Manson e di Andrea Parodi (ma qui ha collaborato lo stesso De Gregori) nell’americanizzare il repertorio dei nostri migliori songwriter. So It Goes è uno swing bluesato un po’ risaputo, ma il lavoro di Ercoli ci calza a meraviglia, bella anche la cover di Greg Trooper, They Call Me Hank, ma la perla è sicuramente la successiva You Think I Know, suonata da dio con Rado che pennella con i suoi strumenti la splendida vena compositiva di Michaels. La chiusura è affidata alla più leggera e movimentata Carnival Town. Ma c’è ancora tempo per una bonus track: Snowing On Raton è una cover di Townes Van Zandt con cui Michales aveva aperto il doppio tributo misto al cantautore texano pubblicato un anno fa dall’Appaloosa ed il brano era venuto talmente bene che era un peccato lasciarlo fuori da questo nuovo disco. Chapeau!

JAIME MICHAELS – Once Upon A Different Time

di Paolo Crazy Carnevale

24 novembre 2016

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JAIME MICHAELS
Once Upon A Different Time
(Appaloosa 2016)

Casa Appaloosa, da quando ha ripreso a pubblicare dischi con continuità, ci sta letteralmente viziando: continuità infatti non è detto debba fare per forza rima con qualità, ma nel caso dei dischiJAIME MICHAELS – Once Upon A Different Time Appaloosa le due cose sembrano andare spesso a braccetto. Dischi belli, non innovativi forse, o quanto meno non sempre, ma dischi belli, piacevoli, apprezzabili. Dischi fatti in casa, spesso e volentieri, produzioni indipendenti dal profumo inconfondibile.

È il caso di questo disco di Jaime Michaels: cantautorato classico allo stato brado, canzoni che inneggiano ad una filosofia di vita semplice che tanto richiama alla mente brani come Simple Man e Our House, due classici di Graham Nash. Questo per quanto riguardai testi, la musica e la voce virano altrove e la produzione di quel volpone di Jono Manson contribuisce non poco ad arricchire lo spessore delle esili strutture su cui il songwriting di Michaels poggia.

Con lo stesso Manson in prima linea ed altri abitué delle sue produzioni come Jason Crosby (eccellente tastierista e violinista dal pedigree invidiabile) o David Berkeley (del cui disco prodotto da Manson ho già scritto in questa sede), il disco è sorretto da una strumentazione essenziale, molto folkie, e allinea una decina di brani in cui perlopiù il titolare canta dell’amore per la sua donna, della sua casa semplice e del suo bravo cane. Qualche brano si eleva sugli altri come la title track posta in apertura, come il brano di chiusura intitolato Singing For My Supper, caratterizzato da vaghi richiami di sapore irish, come Somewhere Like Italy in cui Michaels duetta col toscano Stefano Barotti, come Circlin’ Around, guidata da un banjo insinuante o ancora, A Little More in cui il finale è affidato ad una bella coda costruita dall’rogano del citato Jason Crosby.

Particolarmente riuscite sono Steal Light dall’andamento bluesy che si distacca dalle morbide e tiepide melodie che costituiscono l’ossatura degli altri brani e Warming, una canzone che anche nel testo si discosta dal resto, qui il tema è il riscaldamento globale, tema amarissimo che viene però affrontato con delicatezza e che trae giovamento da un bell’arrangiamento in cui Manson infila persino dei fiati in stile New Orleans Funeral Music.