Archivio di agosto 2014

1971

di Marco Tagliabue

19 agosto 2014

Cinque. C’è una terra incantata dove tutto è armonia. Non un suono, non una parola sopra le righe: anche le asperità del territorio e la furia degli elementi sembrano smussarsi in un equilibrio magico e quasi innaturale. Un mondo rassicurante dalle tinte pastello: come il rosso dell’amore ed il nero della morte ogni colore sembra sfumare nei toni più concilianti del rosa e del grigio. Minuscole abitazioni custodiscono il segreto di hobbit misteriosi mentre, minacciosa, la sagoma di un castello si staglia solitaria sulla rupe più inaccessibile. Chi è riuscito a lambirne le mura ha narrato di suoni che ammaliano come il canto delle sirene. Poi ha provato a spingersi ancora più vicino.  Caravan-In The Land Of Grey And Pink.

Quattro. Sapevo che non avrei dovuto aprire quella porta, ma ero un bambino maledettamente curioso. Tra provette, alambicchi e buffi marchingegni quei barattoli che custodivano strani organismi. Provai paura e ribrezzo, ma non me ne andai. Quell’orecchio umano immerso nel liquido amniotico pareva sentire ancora la vita. In un tetro gioco provai ad accostarlo al mio. Una goccia sembrava scandire l’eternità. Suoni lontani sempre più presenti. Mi avvolgevano come le spire di un serpente. Ero completamente prigioniero. Ero testimone del mistero della creazione: primati in lotta, strani uccelli preistorici, creature mai viste. All’improvviso quegli esseri alieni… Poi ancora quella goccia e la meravigliosa armonia del creato in un’esplosione di luci e colori. Quella goccia… Un rivolo mi scese dal viso lungo tutto il corpo con una scossa. Mi svegliai.   Pink Floyd-Meddle.

Tre. La signora di Formentera ha fianchi morbidi e sinuosi. Capelli corvini, labbra carnose e lineamenti pronunciati. Indossa un vestito rosso fuoco che la fa sembrare ancora più pallida. Il vecchio marinaio ogni sera ha una storia diversa. Le sue mani, consumate dal mare e bruciate dal sole, sembrano parlare. Il suo viso è una maschera impenetrabile. Ogni uomo è un’isola. Ogni uomo è una stella. Ogni stella è un’isola. Sono perduto di fronte all’immensità dello spazio, fra migliaia di arcipelaghi di nebulose lontane: latitudini e longitudini che rimarranno per sempre inviolate. Con la mente le percorro in lungo e in largo cullato dalle note più dolci che essere umano abbia mai udito. E il Paradiso sembra proprio li a due passi.   King Crimson-Islands.

Due. Non è facile crederlo per voi umani, ma c’è un angelo ad ogni angolo di strada. E’ troppo comodo pensare che gli angeli non hanno sesso, non hanno cuore, non hanno respiro: provate voi, anche solo per un attimo, ad incrociare lo sguardo di quella ragazza. Sentii il sangue che ricominciava a circolarmi nelle vene, ma il cervello era rimasto per troppo tempo senza ossigeno. Sprofondai negli abissi della pazzia: un angelo del male ed il suo trofeo irraggiungibile. La seconda morte non conduce in alcun porto: il mio essere è destinato a vagare per l’eternità fra sofferenze indicibili. Chi si è divertito a mischiare le carte? Chi mi ha trasformato in una pedina nella folle arena dei sentimenti?   Van Der Graaf Generator-Pawn Hearts.

Uno. Play me my song… Here it comes again… Quel vecchio carillon era l’unico punto fermo della mia esistenza. La sua fragile melodia ha guidato i miei primi passi, mi ha preso per mano nei momenti di sconforto. Dolce e rassicurante, era il volto di mia madre, il braccio forte di mio padre. Così li immaginavo, così li avrei voluti. D’improvviso quell’orribile sfregio… Qualcuno ha fatto a pezzi il mio carillon. Il volto della vecchia tata ha una smorfia strana, un’espressione che non avevo mai visto. Quel volto è la maschera della follia. Quel volto ora è una maschera di sangue. Il mio sangue.   Genesis-Nursery Cryme.

da LFTS n.71

GIULIO REDAELLI – Aquiloni

di admin

9 agosto 2014

REDAELLI

GIULIO REDAELLI - Aquiloni – Fingerpicking-Net  CD0057   2014

di Ronald Stancanelli

Breve ma intenso cd di Giulio  Redaelli giunto a questo punto della sua carriera alla quarta opera.

Otto eccellenti brani, di cui cinque a sua firma, raggiungono a stento la mezz’ora ma la profondità di questo lavoro è tale che ci si può anche accontentare di questa spartana durata.

Giulio alla chitarra fingerstyle ancora una volta evidenzia la sua bravura allo strumento che avevamo avuto modo di commentare positivamente in suoi lavori precedenti e il punto di partenza ovvero Aquiloni si staglia nell’universo che sta a mezza via tra Leo Kottke e l’amico Beppe Gambetta. Sorvolo Blues gioca sul particolare fingerstyle del musicista con pure impennate di fingerpicking mentre pregna di pathos la cover di William Ackerman, premio Grammy per la New Age, The Impending Death of the Virgin Spirit. Scilliar e Scilla e Andrea sono entrambi brani a sua firma e il primo sembra uscito dalla vecchie pagine degli Yes, gli Yes dei tempi gloriosi, prima che cambiassero cantante diventando solo l’ombra di quello che erano e divenire una sorta di cover band; ben fatto che Wakeman abbia detto che senza Anderson per lui il tempo degli Yes sia definitivamente finito. Bella la ripresa di Immagine di Lennon conclusa con l’affascinante voce di Elisabetta Cois che canta in modo mirabile anche il brano conclusivo del cd Down by the Salley Gardens, da una poesia di William  Butler Yeats. Brano splendido che da solo merita l’acquisto del cd. Nel disco suona il polistrumentista Socrate Verona che da anni accompagna Redaelli sia in spettacoli dal vivo che nelle sale di registrazione. Quarto artista impegnato è Marco Battistini al piano. Tutti gli arrangiamenti sono a cura di Redaelli e anche se non è dato sapere dalel note di chi sia la produzione siam quasi sicuri che anche questa sia da lui curata. Eccellente disco  questo aquiloni assolutamente da non sottovalutare e se non conoscete questo artista potete rimediare sia cercando il cd che vi delizierà oltre misura che andando acuriosare su www.giulioredaelli.com

Giulio Redaelli ha incominciato  lo studio del fingerpickin  in quel di Lecco al Crams ispirato appunto da Leo Kottke, William Ackerman e Peter Lang, ricordo di quest’ultimo gli splendidi The Things at the Nursery Room Window e Lygurgus usciti nel 1973 1975.

Allievo anche di Maurizio Angeletti, da tempo aspettiamo la ristampa su cd del suo ragguardevole album omonimo del 1980, ha come dicevamo al suo attivo altri tre lavori, Blue-Eyed Ducking, Four Guitars Clan e Connemara tutti di eccellente livello ma passateci una predilezione per Connemara album da non poter non avere nella propria discoteca.

La sua passione musicale si estrinseca in partecipazioni a svariate manifestazioni musicali e a presenze e candidature in più concorsi oltre che essere insegnante di fingerpicking e far parte della prestigiosa associazione chitarristica Wine & Guitar Clan.

Un eccellente rapido penetrante lavoro di un grande artista che oggi gennaio 2014 con l’uscita di questo album celebra la sua più matura opera..

PURE GRAIN – Indiana Sun

di Paolo Baiotti

1 agosto 2014

 

pure grain

 

 

PURE GRAIN – Indiana Sun – 2014 Sol Records

Originari dell’Indiana, sono considerati una band emergente in ambito country/southern rock. Il loro è un rock morbido molto influenzato dal country con qualche reminiscenza di rock sudista. Possiamo accostarli alla Marshall Tucker Band, agli Allman Brothers più leggeri, ma anche a Zac Brown Band, Doobie Brothers, Lady Antebellum o ai Blackhawk. Il primo nucleo risale al 2002; in seguito a numerosi cambiamenti, del nucleo originale rimane il solo batterista Brian DeBruler. Dopo una pausa di due anni ritornano nel 2008 con i nuovi Michelle Damico (voce e percussioni) e Courtney Damico (voce) incidendo Out Of The Storm comprendente il singolo Truckin’ Song che ha avuto un discreto airplay. In seguito si sono aggiunti il cantante e chitarrista Scott Siefferman e il bassista Tony Nasser, mentre il vecchio leader Chris Taber collabora ancora a livello compositivo. Il nuovo album è stato registrato negli studi della Sol, etichetta fondata dal batterista DeBruler per aiutare le band del midwest, che pubblica anche la Dallas Moore Band. Indiana Sun è un disco vario e piacevole prodotto dall’esperto Bill Halverson (Stephen Stills, Reo Speedwagon, Beach Boys, Jack Bruce, CSN…), forse un po’ leggero e privo di grande personalità, ma pieno di brani che, se fossimo in un altro periodo, potrebbero essere potenziali hit radiofonici. Ad esempio l’accattivante opener Lie To Me scritta da Clint Walston, con una chitarra scorrevole e la voce piacevole di Siefferman in primo piano, la morbida elettroacustica Summer Song che scorre veloce ricordando gli Eagles dei primi dischi, la ballata New Dawn cantata da Courtney Damico e la corale Long Time Comin’ nella quale spiccano curati impasti vocali. In Perfect Time il ritmo si spezza senza esagerare con sfumature caraibiche, mentre The Blessing ha un’impronta sudista sia nella voce che nella chitarra e la conclusiva Higher Ground tonalità vocali che richiamano gli America, un accattivante tappeto di percussioni e una chitarra fluida, mai sopra le righe, che si distende nella coda strumentale del brano. Indiana Sun è un disco di rock morbido e potenzialmente radiofonico, non un capolavoro, espressione di una band che ha basi solide e promettenti. 

http://youtu.be/wHyx3PfMufY?list=PL4C6647B21F516908

 

THE SOURS – The Sours

di Paolo Crazy Carnevale

1 agosto 2014

sours

 

 

 

THE SOURS – The Sours (Zoze Music 2013)

 

Un annetto fa circa, Sasha Markovich, chitarrista e produttore di New York  aveva pubblicato un interessante disco in cui guidava un progetto che andava sotto la denominazione di Yagull, il disco, intitolato Films si era rivelato una piacevolissima scoperta. Ora, Markovich torna a colpire con qualcosa di assolutamente diverso ma altrettanto interessante. Anche qui si tratta di un progetto, a due stavolta, di cui il chitarrista condivide la paternità con la cantante Sarah Schrift sotto il nome di The Sours, che è anche il titolo della produzione.

Un progetto acustico, cantautorale, molto intimista. Undici brani che si consumano in poco più di mezz’ora, come i vecchi dischi di quando c’erano solo il lato A e il lato B, e c’era un ben definito perché le canzoni erano distribuite in quel modo.

Protagonista di The Sours è soprattutto la Schrift, con la sua voce duttile e le canzoni che portano tutte la sua firma, talvolta condivisa con Markovich, fatta eccezione per un paio di episodi in cui al duo si unisce, sia a suonare che a comporre il pianista Kana Kamitsubo. E Gnt, una delle due tracce col pianoforte è sicuramente tra quelle più riuscite del disco.

Parrebbero quasi dei demo, tanto sono essenziali queste canzoni, ma invece sono creature fatte e finite, con una loro struttura completa, solida e cantate in maniera definitiva. Nel background vocale della Schrift sembrano esserci tutte le grandi cantanti degli  ultimi quarant’anni, echi di Joni Mitchell – ma è forse la meno evidente, anche se l’attacco di Angie sembra provenire da un disco della cantante canadese– fino a Norah Jones, passando per Rickie Lee Jones, la britannica Kate Bush, e addirittura in certe sfumature del blues pop Seawitch persino qualcosa dell’immensa Bonnie Bramlett. Il lavoro del partner è discreto, mai invasivo, capace – ad esempio nel brano appena citato – di inserire azzeccate parti soliste laddove ci si aspetterebbe solo la ritmica, e lo stesso accade nella già citata Angie e nell’altrettanto bella Survivalist. Le note di accompagnamento della casa discografica citano anche Nick Drake e Amy Winehouse tra le fonti di possibile ispirazione, speriamo non sia così vista la fine prematura di entrambi; meglio la definizione del “Milwaukee Express” che parlando del mood del disco dice che è da tre del mattino.

Sarah Schrift oltre che cantautrice è anche pittrice e i due uccelli in copertina sono opera sua.