KALAHYSTERI – Kalahysteri (2016)
A Verona c’era un locale che si chiamava COHEN e che era caratterizzato dal proporre musica di eccellente livello e che soddisfaceva una miriade di appassionati musicali che vi si attardavano a chiacchierare dopo interessanti concerti di personaggi anche di culto. Il locale esiste ancora, mantiene lo stesso nome (!) ma è cambiata la proprietà che adesso si è orientata su un target giovanile ed ha notevolmente modificato la tipologia di musica proposta allontanando di fatto una considerevole se non proprio tutta , fetta di persone, che fino all’anno scorso li vi andavano sicure di fruire di un certo discorso sia musicale che culturale di spessore. Chi vi scrive ha anche contattato la nuova proprietà per organizzare in loco una festa di compleanno ma non abbiamo avuto neanche il piacere di una risposta, rivolgendoci poi ovviamente da altra parte. Purtroppo diverso era il trait d’union che esisteva nella precedente gestione, ricco di pathos, gentilezza solidarietà e disponibilità.
Vogliamo ricordare, tanti amici e io, la precedente proprietà e omaggiarla, per quanto fatto precedentemente, ricordando quindi una serata speciale che fu imperniata su un gruppo sconosciuto che colà veniva presentato al pubblico veronese, caratteristica questa che si sommava ai vari artisti più noti che ovviamente venivano generalmente proposti.
Andiamo con la memoria a inizio marzo 2018 quando il gruppo tutto femminile e tutto grinta delle Kalahysteri, che vuol dire Bella Isteria, si esibirono in uno grande, scatenato e favoloso show che entusiasmò tutti i presenti.
Le Kalahysteri, se la memoria non inganna sono un gruppo strepitoso di tre ragazze venete, ma forse una era del bergamasco, ora non ricordiamo con esattezza, ma quello che rammentiamo fu un concerto entusiasmante e ricco di gran classe. Bravissime, estroverse, brillanti, luminose, allegre e sfolgoranti, questi gli aggettivi per dare la giusta esatta idea di cosa questo combo sia. Assistere ad un loro show è realmente un evento e questo purtroppo si perde in buona parte nel loro lavoro su disco che pur piacevole e coinvolgente non rende a pieno la parte roboante dei loro sfavillanti concerti, ciò non toglie che il loro album omonimo del 2016 non sia degno di nota e acquisto, anzi. Ma le tre fanciulle raggiungono un climax eccezionale quando sono sul palco ed è per questo che esortiamo i lettori a cercarne notizie in rete ed andarle alla prima occasione a vederle e sentirle dal vivo. Propongono pezzi loro ma non disdegnano sul palco qualche rara cover. Appassionate di country roots folk, pare le fanciulle siano cresciute con l’ascolto e il trasporto di Dolly Parton, ed Emmilou Harris ma noi ci troviamo nel loro lavoro e percorso anche la classe cristallina di Carrie Rodriguez, ascoltare la suadente Tree.
Giusi Pesenti è una forza della natura, suona qualsiasi tipo di percussione le capiti a tiro compresi cucchiai di legno, posate, forcelle e quant’altro, se non erro anche lo scacciapensieri, Elisa De Munari il basso, il contrabbasso, il banjo e Astrid Dante la chitarra. Tutte tre cantano. Nel loro cd , peccaminosamente troppo breve sono aiutate da Silva Cantele all’organo e da Matt Mordin al mandolino. Propongono, sia in disco che sul palco, un intenso pot-pourri che mescola sapientemente country, folk, punk, jazz, etno, swing, zydeco, rockabilly, americana, pop e blues in modo mirabile, ma ripetiamo, fermo restante che il loro disco è molto piacevole e ne consigliamo l’acquisto, esortiamo tutti ad andare assolutamente a vederle dal vivo. Qualcosa si trova su you tube e buttateci immediatamente l’occhio. L’album, forse autoprodotto, targato Pitshark Records, credo con sforzi e sacrifici, è stato registrato in quel di Montebelluna e la sua copertina campestre in bianco e nero vale più di tante altre parole. Parlando di artiste che ci hanno entusiasmato ultimamente, la genovese Charlie, Eloisa Atti e le Kalahysteri sono cinque fanciulle assolutamente da scoprire e parlo di musica non di vestiario, pur essendo tutte quante di aspetto estremamente notevole e piacevole.
Quattro su cinque sono passate l’anno scorso dal vecchio Cohen e di questo non potremo finire di ringraziare chi ce le ha proposte con buon gusto e occhio musicale molto fino.