Archivio di marzo 2019

SABRINA NAPOLEONE – Modir Mir

di Ronald Stancanelli

29 marzo 2019

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Napoleone, nome decisamente importante e forse pur scomodo, ma che resta graniticamente in modo indubbio in mente a ogni ascoltatore od interlocutore, è invece una tostissima fanciulla che non ha riserve a proporre un ensemble di musicalità intensamente forte ed incisiva che ci azzardiamo ad accomunare a pagine di Nick Cave & Bad Seeds, come peraltro ai Velvet Underground, indubbiamente a Nico, ai Wilco e in certi istanti alla miglior new wave di una volta.
Voce forte, energica e vigorosa che ben si sposa con le taglienti sonorità di vari brani, ad esempio perfetto connubio in nel giorno di Natale. La proposta appunto sia musicale che poetica, testi invero precisi e graffianti quanto è giusto lo siano, sono li a tessere una trama interessantissima e nel contempo impegnativa ed integrativa di varie problematiche e fatti che riguardano in toto un po tutti noi incatenati volenti o nolenti in una epoca che pare ci abbia reso liberi in abnorme misura e felici in grande connotazione ma che stringi stringi, poca è la sabbia che resta tra le dita. Esemplare in detto senso il pezzo Creatura di rabbia che se esistessero ancora i vecchi 45 giri ne sarebbe degna abitatrice. Una sfera tonda, ovale, curva, a istanti spigolosa, una sfera personale dicevo leggibile in variegate e multiformi aspetti che poi può essere di me di te , di noi tutti, sviscerata in soli nove, ma eccellenti, pezzi che con una forte , anche criptica, soluzione di continuità ci avvolgono, ci avviluppano, in definitiva ci affascinano ed attraggono dando ragione alpensare, allo sperare, al dialogare con se stessi e in ultimo pur di bellamente sognare.
Ricerche di soluzioni e cambiamenti, denuncia di storture e fatti incresciosi, un piccolo grande capolavoro sia per le parole che per le ritmie sincopate, in questo senso ne è mirabile esempio Resilienza. Fatti incomprensibili, urla di dolore e strazio, rabbia e sentori di rivoluzioni attese ed anelate.
Ascoltare con attenzione e fruire ed accettare il verbo musicale di questo album è cosa doverosa e quello che esce dai solchi ti contorna come miele. Disco facile, commerciale, orecchiabile, solare ? Beh certamente no, ma cercate e trovate gli antagonisti dei termini succitati ed avrete il quadro esatto di quello che viene proposto. Album intensamente coinvolgente e qui raggiunge il suo scopo di essere. Sorpresa e fascino infinito trovarne, a mia insaputa, in un frangente la rotonda voce di Max Manfredi, piccolo tassello e cameo che aggiunge bellezza a bellezza. Testi di Sabrina Napoleone e musiche della stessa Sabrina con Giulio Gaietto, unica cover un pezzo di Luigi Tenco, giustamente scelto tra i meno noti. Di Max si è detto, La sua presenza in Il business dei primati è ripartito con ben altri 15 ospiti ! Registrato a Genova e Leivi è prodotto quasi in toto dal duo Napoleone Gaietto.
La Orange Home Records ci regala un ennesimo ottimo lavoro. Belle le foto vintage virato seppia, probabilmente l’artista quando era piccolina , molto suggestiva la front cover a Selinunte.

KURT DEEMER BAND – Antenna Like A Lightning Rod

di Paolo Baiotti

25 marzo 2019

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KURT DEEMER BAND
ANTENNA LIKE A LIGHTNING ROD
Kurt Deemer 2018

La Kurt Deemer Band è una formazione americana di indie-rock originaria di Baltimora, che non dimentica l’esperienza di autori classici come Tom Petty, Elvis Costello o Paul Westerberg, ma cerca di attualizzarla, con qualche somiglianza alla scrittura di contemporanei come Ryan Adams e i Dawes. Il frontman Kurt Deemer, cantante e chitarrista, è anche il principale compositore del quartetto, un musicista esperto con alle spalle un ventennio di attività. Gli altri componenti della band sono il chitarrista John Christensen di Pittsburgh, il bassista Kris Maher di Baltimora e il batterista britannico Steve Rose, raggiunti per l’incisione di questo mini album dal tastierista Ben Alexandre’. Hanno già pubblicato l’album Gaslight nel 2016 e l’Ep con cinque brani Afterthought nel 2017 e suonano regolarmente tra il Maryland e lo stato di Washington, con puntate in altre aree della East Coast. Il dischetto, comprendente sei brani, è aperto da A Dream In The Dark, caratterizzata da un’intro rarefatta, da una batteria ripetitiva e una chitarra robusta, prosegue con la melodica Liars And Thieves con tastiere avvolgenti che possono richiamare i Simple Minds e un calibrato assolo di chitarra nel finale e con la ballata d’atmosfera Listen To Love, in cui la tonalità vocale incrocia Brian Ferry e Elvis Costello. Shadow Pass è un up-tempo rilassato e disteso con una melodia che resta in testa, Walking On una traccia ritmata alla Tom Petty e Little Hand un altro mid-tempo che denota un certo gusto sia nella scrittura che nell’arrangiamento, in cui le tastiere richiamano i Doors e i Creedence.
Antenna Like A Lightning Rod è un mini-album promettente di rock intenso e scorrevole allo stesso tempo.

THE BANGLES/THE THREE O’CLOCK/THE DREAM SYNDICATE/RAIN PARADE – 3 X 4

di Paolo Baiotti

15 marzo 2019

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THE BANGLES/THE THREE O’CLOCK/THE DREAM SYNDICATE/RAIN PARADE
3 X 4
Yep Roc 2019

Nel dicembre 2013 vengono organizzati al Fillmore di San Francisco e al Fonda Theatre di Los Angeles due concerti che riuniscono quattro gruppi fondamentali del cosiddetto Paisley Underground, un movimento musicale nato agli albori degli anni ottanta nella zona di Los Angeles. Da questo ritrovo nasce l’idea di un disco in comune in cui ognuno dei quattro gruppi esegua tre brani dei colleghi, portata avanti soprattutto da Steve Wynn, Vicki Peterson e Danny Benair. Nel corso degli anni ci sono stati cambiamenti, scioglimenti, reunion, qualche litigio, ma anche un grande rispetto e forti rapporti di amicizia. I Dream Syndicate si sono sciolti nell’89 e riformati nel 2012 con tre membri della formazione classica; stanno per pubblicare il secondo album in studio post reunion e godono di ottima salute. The Bangles (originariamente The Bangs), il quartetto femminile che ha venduto milioni di dischi negli anni ottanta, si sono sciolte alla fine della decade, ma sono tornate insieme nel ’98, incidendo due dischi nel nuovo millennio e suonando con una certa regolarità. La formazione attuale è quella originale, con la bassista Annette Zilinskas tornata recentemente nei ranghi. I Rain Parade si sono separati nell’86 e riformati nel 2012, proseguendo pur senza incidere nulla di nuovo. The Three O’Clock, nati come The Salvation Army, si sono lasciati nell’89 e ritrovati nel 2013; proseguono con l’attività live concentrata soprattutto in California.
Pubblicato in edizione limitata in doppio vinile viola psichedelico per il Black Friday del 2018 con le covers di ogni band nella stessa facciata e in cd con una sequenza diversa, 3×4 è uscito ufficialmente a febbraio anche in versione liquida. E’ un disco brillante, divertente e scorrevole che ripropone le caratteristiche del Paisley, un incrocio tra il garage rock e il pop dei sixties con elementi psichedelici, rivisitati alla luce del punk, con un predominio delle chitarre che suonano divinamente bene. Come scrive Steve Wynn nelle puntuali note del booklet, i gruppi erano formati da grandi appassionati di musica che condividevano la passione per i Velvet Underground, le band della compilation Nuggets e i Pink Floyd di Syd Barrett, ai quali aggiungerei gruppi californiani come Byrds e Buffalo Springfield. La raccolta non ha punti deboli, semmai si possono criticare un paio di versioni molto aderenti agli originali, ma nel complesso i gruppi si dimostrano ancora in ottima forma. In particolare i Rain Parade emergono con la loro morbida e raffinata psichedelia, con gli intrecci delle chitarre e le voci soliste di Matt Piucci e Steven Roback, nella sognante As Real As Real (arricchita da un tocco orientaleggiante), in una avvolgente When You Smile con un break strumentale da applausi e in Real World, sixties pop rallentato con un tocco lisergico in più rispetto all’originale delle Bangles. E proprio le Bangles sorprendono per duttilità sia nell’uso di tre voci diverse (come a inizio carriera) che caratterizzano le loro proposte, sia nell’incisività della chitarra solista di Vicki Peterson in una brillante That’s What You Always Say, mentre la voce pop di Susanna Hoffs è rimasta inalterata rispetto agli anni ottanta nella deliziosa Talking in My Sleep. I Dream Syndicate induriscono appena You’re My Friend, aggiungendo un tocco malinconico dato dalla voce di Wynn e omaggiano le Bangles con una bruciante Hero Takes A Fall, un brano con un testo beffardo relativo allo stesso Steve. I Three O’Clock, da sempre più vicini al pop, caratterizzati dalla voce sottile di Michael Quercio (che in un’intervista al LA Weekly inventò il nome Paisley Underground), accentuano il lato pop-soul di Getting Out Of Hand e vivacizzano la byrdsiana What She’s Done To Your Mind con la Hoffs ai cori, non convincendo del tutto in Tell Me When It’s Over.
Bella idea e disco riuscito…magari contribuirà a un rilancio del Paisley, visto che anche i Long Ryders nel frattempo si sono riuniti, hanno pubblicato l’eccellente Psychedelic Country Soul e prossimamente gireranno l’Europa, mentre il 2 maggio uscirà These Times dei Dream Syndicate.

LOW LILY – 10.000 Days Like These

di Paolo Baiotti

7 marzo 2019

low

LOW LILY
10.000 DAYS LIKE THESE
Mad River 2018

Low Lily è un trio di folk tradizionale e bluegrass originario del Vermont formato dai coniugi Liz Simmons (voce da soprano e chitarra) e Flynn Cohen (voce da tenore, chitarra e mandolino) e da Lissa Schneckenburger (voce da alto e violino). Proprio la fusione nelle melodie vocali di queste tre tonalità differenti è la loro caratteristica principale, oltre alla tecnica di Lissa al violino e di Flynn al mandolino. In questo esordio sulla lunga distanza (tre anni fa hanno pubblicato l’omonimo Ep) sono accompagnati da Corey DiMario (componente dei Crooked Still) al contrabbasso e saltuariamente da Stefan Amidon alla batteria. Il disco miscela le influenze dei tre musicisti, che comprendono bluegrass, folk tradizionale irlandese e scozzese, old time music degli Appalachi, con qualche spruzzata di rock. L’interscambio vocale è davvero pregevole e si nota particolarmente in Hope Lingers On in cui le voci sono sostenute dal solo battito di mani (sul video si notano ancora di più i contributi dei tre artisti) e nella morbida ballata 10.000 Days Like These. Voci e strumenti si completano in altre tracce come In The Grumblinoby One (violino e mandolino) e The Good Part in cui si aggiunge il banjo di Greg Liszt, mentre Dark Stars Again è un delicato duetto tra le voci femminili. Spiccano anche due cover: Rock Of Ages di Gillian Welch e David Rowling, tratta dal secondo disco solista di Gillian del ’98 in cui si alternano come soliste Lissa e Liz con Flynn alla chitarra e Brothers In Arms, iconica title track dell’album dei Dire Straits dell’85, in cui viene accentuato il lato malinconico e riflessivo, con l’aggiunta del violoncello di Duncan Wickel.
Questo album dei Low Lily, pur essendo rivolto soprattutto a un pubblico appassionato di folk tradizionale, potrebbe risultare accessibile e attraente anche per chi è meno abituato all’ascolto di musica tradizionale, avendo un approccio moderno, una pulizia di suono indiscutibile e un impasto tra le voci e gli strumenti difficilmente riscontrabile.