DAVID HAYES – Folk Jazz!
di Paolo Crazy Carnevale
29 settembre 2017
DAVID HAYES – Folk Jazz! (Smokey Haze Music 2013)
Il titolo calza incredibilmente a pennello: d’altra parte David Hayes, in quasi cinquant’anni di onorata e considerevole carriera nel campo musicale ha sempre fluttuato tra un genere e l’altro, sempre con eleganza e maestria, dalla titolata prestazione d’opera come bassista al servizio di del Van Morrison migliore in poi. Citare tutto il suo curriculum sarebbe dispersivo oltre che eccessivamente lungo (per chi vuole approfondire il rimando è al numero 130 della nostra edizione cartacea), mi limiterò quindi a raccontarvi di questo piccolo disco argenteo che il nostro ha inciso con pochi amici nel suo studio nella contea di Mendocino: dieci brani dalle atmosfere in costante bilico tra il folk suggerito dall’uso delle chitarre acustiche (ad opera del medesimo Hayes) al jazz indotto da una sezione ritmica ad hoc (il basso del titolare, ovviamente, la batteria di Bob Ruggiero, anche lui già con Van Morrison, e il piano di Bill Bottrell, dal pedigree altrettanto nobile, sia come turnista che come produttore).
Il disco si apre bene con Warmth Of The Sun, poi ripesca Down In The Dirt che Hayes aveva già inciso per il suo sforzo precedente, Soul Diver. I Will Wait prelude ad una delle tracce più interessanti, Holy Ground in cui Hayes si dedica anche all’armonica, l’atmosfera è particolarmente folk jazz in questo brano, mentre nel successivo Soul Search, sempre con l’armonica, la voce si fa particolarmente dolente e la ritmica accentua le inflessioni jazz. Molto più bella Wolves Are At The Door, dall’inizio incalzante, con la pregevole prestazione di Hayes alla chitarra sembra arrivare direttamente da un western movie.
Old Dusty Road è invece una delle composizioni preferite del nostro, l’aveva già incisa con diverso arrangiamento su Soul Siver e in chiave ulteriormente diversa l’ha inclusa anche ne recente disco in duo inciso con Gene Parsons: e proprio Parsons è ospite in questa versione con la sua pedal steel, che fa veramente la differenza, col brano precedente è sicuramente tra le perle di questo dischetto.
Love Avenue gira dalle parti di Astral Weeks, la voce di Hayes non è quella del Cowboy Belfast ovviamente, ma l’influenza di Morrison si fa veramente sentire in maniera determinante (Hayes oltre che su classici come It’s Too Late To Stop Now e Veedon Fleece ha suonato anche nel tour in cui Morrison proponeva Astral Weeks dal vivo per intero). Molto bella anche Father To Son di nuovo con una spettacolare pedal steel di Parsons che stavolta ci mette anche la sua bella voce a duettare con quella dell’amico. La chiusura è affidata a Mirror Song, altra buona composizione dall’andamento moderatamente caraibico. Un disco quasi fatto a mano, se non in casa, a partire dai simpatici disegni di copertina, opera dello stesso Hayes. Se solo ne esistesse una versione in vinile il capo dei trapper ne sarebbe già sulle tracce…