CCCP FEDELI ALLA LINEA – Carpi e Berlino: Fra la via Emilia e l’Est

“Ma Berlino è una città che ti mette, spietatamente, e nello stesso istante, di fronte a te stesso e di fronte alla follia degli uomini, della guerra, delle divisioni e degli schieramenti politici. Una città in cui puoi ritrovarti, se ti sei perso, o perderti completamente, se lo vuoi, nell’abbandono languido, venato di tristezza e malinconia che essa ti offre; è una città fatta di cose concrete, di rapporti umani ‘pesanti’ e non frivoli, poiché anche la sua frivolezza nasconde quella particolare pensosità che noi chiamiamo ‘nordica’. E’ una città culturalmente vivace, aperta, spericolata. E’ una città in cui puoi andare anche a fondo, soprattutto quando già alle due del pomeriggio il cielo è buio come la notte, la pioggia acida non ti lascia scampo, gli amici non rispondono più alle insistenze dei tuoi sentimenti. E, allora, in questo caso, il tuo cuore batterà con lo stesso impulso infelice di una città che è stata la capitale del mondo e che la storia sembra condannare allo svanimento; vedrai la gloria e la rovina, il successo e la disperazione, fino ad abbandonarti nelle acque untuose della Sprea e allora conoscerai, pienamente, tutto il languore e tutta la saggezza di questa città; accarezzerai i rami frondosi dei salici che l’acqua trascina e ti ritroverai magicamente un uomo nuovo.”(Pier Vittorio Tondelli, 1985, da “Berlino” in “Un weekend post moderno” ediz. Bompiani, 1990)

-Siete stati i primi a lanciare in Italia la linea del filosovietismo.
-Noi abbiamo fatto solo l’inizio. Il resto l’ha fatto l’URSS.
-Vorrei conoscere questo inizio.
-Eravamo stanchi di tutto questo vivere all’americana, di mode americane e cose del genere. Credi di vivere in America, ma è ovvio che non è vero. Noi ci sentiamo europei dall’intelligenza più piena all’ignoranza più bestiale.
-Europei d’accordo, ma perché lo schieramento dell’Est? Non basterebbe europei e basta?
-Scegliamo l’Est non tanto per ragioni politiche, quanto etiche ed estetiche. All’effimero occidentale, preferiamo il duraturo; alla plastica, l’acciaio. Alle discoteche preferiamo i mausolei, alla break dance il cambio della guardia. Che futuro per un’Europa che non può ammettere che Pankow, Varsavia, Praga, sono città europee a tutti gli effetti? E allora ‘Live in Pankow’, ‘Live in Mosca’…
-‘Live in Ost Berlin’…
-A Berlino, la dolcezza del vivere esce a un livello puro: la violenza più grande, la dolcezza più estrema. I punk e i turchi. Kreuzberg, quartiere abitato prevalentemente da turchi, è il cuore della nuova Europa.
-Vuoi dire che questa vostra idea dell’Europa passa attraverso l’Islam?
-Dovresti essere a Berlino per capire. A Berlino, sei un turco a tutti gli effetti: mangi turco, puzzi turco, sei circondato da turchi, abiti in mezzo a loro. Le culture arabe e asiatiche sono quelle a noi più vicine, e la cultura europea si scontra, e si incontra, con queste due civiltà, da sempre. Questo è il nostro retroterra culturale e fisico. Noi facciamo quindi del punk filosovietico.
(Pier Vittorio Tondelli, 1984, Intervista ai CCCP, da “Punk falce e martello” in “Un weekend post moderno” ediz. Bompiani, 1990)

Si fossero incontrati nella loro Reggio Emilia, magari, Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti non si sarebbero guardati neanche in faccia. Sarebbero scivolati via, in silenzio, nella reciproca indifferenza, prigionieri del turbine dei propri pensieri, gli stessi, e del giogo ancora incerto delle loro esistenze silenziose, destinate a correre su binari paralleli per non dire su un’unica rotaia: quella del Trans Orient Express, naturalmente. Ma Berlino era il luogo dove tutto poteva e doveva accadere. Il luogo dove le occasioni di incontro si moltiplicavano ed i destini, inesorabilmente, si incrociavano. E allora poteva anche accadere che, stranieri a casa propria, ci si scoprisse figli della stessa utopia nel grembo di un Paese straniero. Berlino erano le Università che attiravano giovani da tutto il mondo: una fauna variegata e multicolore nella quale chi cercava una solida ipoteca per il proprio futuro si mescolava, amabilmente, a chi cercava una scusa per prolungare più a lungo possibile il proprio passato. Erano centinaia di birrerie a buon mercato che chiudevano alle cinque del mattino, proprio quando partiva la prima corsa della metropolitana, e sulle banchine i fumi dell’alcool di chi non aveva ancora finito la propria notte si mischiavano agli aromi di caffè di coloro che avevano già iniziato la propria giornata. Erano decine di mercatini dove qualsiasi cosa, lecita o illecita, veniva via per poco, da quel paio d’anfibi che sembrava avessero fatto davvero la seconda guerra mondiale, allo sguardo sornione della tipa che, per un attimo, ti aveva illuso che guardasse solo te. Berlino erano anche centinaia di case occupate, gli squat che nascondevano i reietti e gli ultimi punk insieme a chi, non per scelta ma per necessità, era costretto ad abdicare da una vita normale. E, si manifestasse più o meno fisicamente la sua presenza, Berlino era soprattutto il fantasma incombente di quel muro assurdo, “tragica barriera fra un mondo che si finge libero e un altro che si finge felice, fra un mondo che offre la ricchezza e un altro che offre la mancanza di povertà”, per dirla ancora con Tondelli. Una città che custodiva gelosamente i vizi e le contraddizioni di due civiltà che si spiavano ma non si parlavano, che si temevano pur pensando ciascuna di essere la più forte, e che rappresentavano sullo stesso palcoscenico la tragedia che divideva in due l’Europa, che spezzava il mondo a metà.

La gestazione dei CCCP Fedeli alla Linea, il gruppo italiano più importante degli anni ottanta ed uno dei maggiori di sempre, avviene nel quartiere turco di Kreuzberg, Berlino Ovest, nel 1982, grazie all’incontro, che la Storia vorrebbe casuale, fra Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti, entrambi da Reggio Emilia e provincia. Questo è il big ben nelle loro stesse parole: “Agli inizi degli anni ottanta la voglia di vivere di un gruppo di persone si trasforma in un progetto di carattere culturale. Centro di produzione e residenza Reggio Emilia, orizzonte geografico e culturale quel pezzo di mondo che comprende l’Europa, l’URSS, il Nord Africa, l’Oriente vicino e quello lontano. Con problemi morali ed economici, con differenze ed affinità, soli, perché nostro referente non è mai stato il mondo musicale con i suoi miti e riti, ma il mondo reale con le sue crisi e speranze”. E se Carpi, anche in virtù di quell’autostrada meravigliosa che se “hai soldi e tempo in una giornata intera e anche meno esci sul Mare del Nord, diciamo Amsterdam, tutto senza fare una sola curva”, è la periferia estrema di Berlino, l’enigmatica metropoli tedesca non è solo l’avamposto occidentale dell’Impero del Male che si cela oltre cortina: è l’incarnazione perfetta dell’ideale socio politico culturale di Zamboni, Ferretti e soci, l’embrione del mondo che verrà. Il comunismo e la presenza palpabile dell’Unione Sovietica da una parte, la cultura islamica dei turchi di Kreuzberg e delle moltitudini di immigrati asiatici dall’altra. In mezzo, loro, i giovani punk, frangia estrema di un movimento altrove già morto e sepolto. Due idee diverse di Oriente (ma sarebbe meglio dire di non-Occidente) che, per i Fedeli alla Linea, sono le facce della stessa medaglia, le coordinate geografiche di una personalissima isola del tesoro. Punk filosovietico e musica melodica emiliana, allora, Live In Pankow e Islam Punk. “Berlino è fra le città occidentali la più islamica, sono più di duecentomila gli immigrati turchi che vi lavorano e vi abitano. Turchi e punk sono l’estetica e l’etica che ci interessa di West-Berlin, Istanbul è anche un pezzo di Kreuzberg e Kreuzberg è il cuore della nuova Europa”. Una simbiosi talmente perfetta da preludere allo stesso, inevitabile destino. Le macerie del muro di Berlino avrebbero travolto, e sotterrato, anche i CCCP, insieme a quell’ideale, certo un po’ ingenuo e romantico, ma indubbiamente sincero, che, molti anni dopo, sarebbe stato in buona parte rinnegato anche dal suo principale artefice nella tana del lupo, la tribuna televisiva di un compiaciuto panzer governativo. Un Ferretti ormai fin troppo Lindo, quella volta, da Ferrara, avrebbe fatto cadere il muro un’altra volta, e con esiti ben peggiori.

E allora, meglio un altro passo indietro: “Che futuro per un’Europa sempre più in disparte, tenuta come avamposto dall’ingratitudine di un impero da lei stessa generato e favorito? Quando si è in prima linea diventa necessità vitale fare di tutte le frontiere un muro. Di qua il bene, discutibile, però bene. Di là il male, non discutibile, perché male. Un paraocchi troppo ristretto limita la vista anche nelle vicinanze, così i muri invisibili che separano tra loro i tedeschi dell’Ovest sono più alti di quello, visibile, che separa Berlino da Pankow. Ed è una presunzione da miseri a farci supporre che Berlino Est sia al di là di un muro, quando, al contrario, è Berlino Ovest ad esserne contenuta”.
Fedeli alla linea e la linea non c’è.

da LFTS n.103

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