Archivio di ottobre 2022

THE DREAM SYNDICATE – Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions

di Paolo Crazy Carnevale

30 ottobre 2022

Dream Syndicate - Ultraviolet Battle (1)

The Dream Syndicate – Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions (Fire Records 2022)

Capitolo ottavo, in studio, per la band capitanata da Steve Wynn, ma in verità la numerazione è contorta, ci sono LP e ci sono EP, ci sono poi i live, qualcuno considerato EP qualcuno LP a tutti gli effetti, ma dal vivo.

Di fatto questo Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions è il quarto disco da quando Wynn ha deciso di rispolverare la storica denominazione degli esordi losangeleni quando oltre che leader del gruppo era anche il proprietario della piccola label Down There; questo quarto è per chi scrive migliore del nuovo corso. È il primo disco della rinascita a non uscire per la Anti, una label che personalmente trovo antipatica, forse per questo il disco mi piace più dei suoi predecessori in cui la direzione musicale era abbastanza ondivaga, il predecessore di questo LP ad esempio, The Universe Inside era stranissimo, non un brutto disco, anzi, molto particolare, ma non c’entrava nulla con i Dream Syndicate, gruppo per tradizione guitar oriented: quel disco poteva essere piuttosto un lavoro del solo Chris Cacavas featuring Dream Syndicate.

Le chitarre tornano invece prepotentemente in questo nuovo lavoro su Fire Records, anche se il lavoro di Cacavas è quantomai presente e in maniera assai differente da quello che faceva negli anni ottanta con i Green On Red, il segreto della riuscita di Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions è che c’è più la dimensione canzone, c’è più spazio per Wynn, mentre Walton e Duck sono ormai una sezione ritmica rodatissima e Jason Victor intreccia la sei corde con l’effettistica del tastierista in maniera esemplare. Per chi scrive il disco da avere del gruppo è The Medicine Show, ma questo pare il migliore in assoluto tra tutti quelli venuti dopo. Non fatevi ingannare dallo sticker appicciato sul cellophane, riferimenti a Krautrock e Eno sono fuorvianti, qui c’è tutta la natura dei primigeni Dream Syndicate, senza la chitarra ululante e distintiva del rimpianto Prekoda, ma c’è lo spirito giusto ed è ciò che conta.

Where I’ll Stand è un modo ottimo per cominciare un disco, ma il brano più pregnante è quello che segue, Damian, composizione molto sugosa in cui il gruppo si esprime al meglio. Sempre sul lato A c’è Beyond Control che prelude alla breve e psichedelicissima The Chronicles Of You, con la voce quasi recitante di Wynn. A chiudere la prima parte la sognante Hard To Say Goodbye con echi dei Byrds di Notoriuos Byrd Brothers e suoni ripresi anni dopo da gruppi come i Beachwood Sparks e i Deep Dark Woods, ma nei Dream Syndicate manca ovviamente tutta la parte country oriented che caratterizzava il sound di quelle band: nel brano però dovrebbe esserci la pedal steel spaziale (suonata in puro stile Garcia) di Stephen McCarthy, amico di vecchia data di Wynn e Cacavas e chitarrista dei Long Ryders. Per la verità le note di copertina ci dicono che McCarthy è presente nel disco come backing vocalist, ma qui la pedal steel c’è ed è difficile pensare non sia lui a suonarla. Bene poi Everytime You Come Around e meglio ancora l’abrasiva Tryng to Get Over, con bel giro di basso di Walton e la chitarra di Jason Victor che pare uscire da Days Of Wine And Roses, l’esordio indipendente in formato LP.

Convince pure Lesson Number One, sempre molto incentrata sulle chitarre, così come nella spettrale My Lazy Mind in cui le sei corde hanno suggestioni western, c’è Marcus Tenney ai fiati a ricordare le desertiche atmosfere dei Calexico ma anche certe cose del Dan Stuart più recente, McCarthy è probabilmente alle seconde voci, molto sepolte dietro il muro del suono rafforzato da Cacavas; chiude il lavoro l’adrenalinica Straight Lines, puro garage sound con l’organo di Chris che qui sì suona come sugli esordi dei Green On Red, Wynn canta come fosse un ragazzino un garage e il disco si chiude in gloria sull’ululare della sei corde di Victor.

Paolo Crazy Carnevale

Domenica 16 Ottobre ad Agrate Brianza la Fiera del Disco e del Cd

di admin

13 ottobre 2022

VOLANTINO AGRATE 16 10 2022

Nuova edizione della fortunata Fiera del Disco e del CD di Agrate Brianza, presso l’Auditorium Mario Rigoni Stern all’interno della Cittadella della Cultura, Via G.M. Ferrario 53, ma entrata anche da Via Lecco dove è più facile parcheggiare.

INGRESSO LIBERO

ORARIO: dalle ore 10.00 alle ore 18.00

Come sempre, migliaia di LP e CD, DVD e memorabilia

INTERVENITE NUMEROSI!!

THE MYSTERINES – Reeling

di Paolo Baiotti

13 ottobre 2022

album reeling

THE MYSTERINES
REELING
Fiction 2022

Inglesi di Liverpool, i quattro ragazzi dei Mysterines sono una delle band rock emergenti nel panorama britannico. Attualmente ne fanno parte la cantante, chitarrista e leader Lia Metcalfe, dotata di una voce potente e profonda come se ne trovano poche, il bassista George Favager, il chitarrista Callum Thompson e il batterista Paul Crilly, dopo un paio di cambi di formazione intercorsi dal 2016, quando la band è nata come trio per iniziativa di Lia e George. Hanno realizzato un paio di EP autoprodotti, The Mysterines e Take Control, che nel 2019 ha provocato un notevole interesse fino alla firma per la Fiction, a un buon numero di date da headliners e a tour con Royal Blood e Amazons. Reeling, pubblicato a marzo, è entrato nei Top 10 inglesi, seguito da alcuni concerti nei club e più recentemente da un tour americano come spalla degli Awolnation, mentre per il prossimo anno è programmato un importante giro inglese negli stadi e arene come ospiti degli Arctic Monkeys.
Prodotto da Catherine Marks (Wolf Alice, PJ Harvey), Reeling è un disco chitarristico ispirato sicuramente dal grunge e dall’indie rock, con varie influenze che affiorano tra garage, hard rock, Nirvana, Doors, Stooges e Bad Seeds, caratterizzato dalla voce di Lia che dimostra una notevole personalità anche nell’evoluzione della sua immagine dai primi video a quelli dell’album, dei quali ha anche curato la parte grafica.
La partenza aspra e incazzata di Life’s A Bitch, replicata dalla dura Hung Up, viene mitigata dalla title track dark e seducente. Se il mid-tempo Old Friends Die Hard e la poderosa Dangerous cantata con tonalità profonde e inquietanti riaffermano la scelta di un suono duro tra hard rock e punk, nella parte centrale spiccano per intensità e originalità la languida On The Run e la minimale Under Your Skin che ricorda PJ Harvey con un finale in crescendo, nonché la cadenzata The Bad Thing che viaggia tra Black Sabbath, Nirvana e Velvet Underground con una chitarra tagliente. In My Head e All These Things hanno un alto tasso di commercialità, mentre Means To Bleed torna alle sonorità grunge con un’intro di basso che ricorda i Metallica. Nel finale un po’ di relax non guasta con la ballata Still Call You Home in cui emerge particolarmente la voce di Lia, seguita dalla lenta e dissonante The Confession Song debitrice del suono dei Bad Seeds.
Reeling non è un capolavoro, ma si segnala come un esordio interessante e promettente, con un tipo di suono che non si sente spesso nelle band di recente formazione.

Paolo Baiotti

MARCO DENTI, NEIL YOUNG E ALTRI CAVALLI PAZZI

di admin

3 ottobre 2022

Marco Denti locandina

Appuntamento a Crema per tutti gli amanti delle letture musicali: il prossimo venerdì 7 ottobre alle ore 21.00, a Crema, presso la Libreria Cremasca (Scuderie di Palazzo Terni De Gregorj, Via Dante Alighieri, 20) Marco Denti presenterà il suo nuovo libro “Neil Young – tutti i testi commentati”, in compagnia di Fabio Cerbone e Donata Ricci.

INTERVENITE NUMEROSI!

BARRY ORECK – Leap Year

di Paolo Baiotti

1 ottobre 2022

barry

BARRY ORECK
LEAP YEAR
Autoprodotto 2022

Leap Year, quarto album solista del cantautore e chitarrista Barry Oreck, comprende otto nuovi brani autografi e una ripresa dal passato. Scritto durante la pandemia viene intitolato “anno bisestile” proprio perché il 29 febbraio del 2020 il gruppo di Barry suonò a Manhattan il suo ultimo concerto prima del blocco causato dal Covid. Leap Year è un disco acustico che è stato registrato con tre musicisti che lo accompagnano da qualche anno, oltre a far parte di altre formazioni: Jesse Miller (chitarra, mandolino e voce), Rima Fand (violino e voce) e l’australiano Adam Armstrong (basso). Siamo in ambito folk/bluegrass con influenze blues e jazz e con una particolare cura per gli arrangiamenti vocali, mentre i testi trattano prevalentemente tematiche personali e famigliari.
Barry, che ha alle spalle una lunga carriera artistica nell’ambito della musica, del teatro e della danza come coreografo, ha esordito nel 2016 con l’album omonimo in cui si alternavano atmosfere elettriche ed acustiche, seguito nel 2018 da How The Bright Earth Spun e l’anno dopo da We Fit Together, il suo disco più politico influenzato dalla vittoria di Trump. E’ un artista di Brooklyn che ha anche lavorato nel campo dell’educazione, pubblicando articoli e studi sull’impatto delle arti e sulla natura del talento artistico.
Leap Year è un disco melodico aperto dalla corale Each Song Is A Seed, seguito dalla malinconica Once Around e dall’evocativa (e un po’ melensa) ballata Wounded con frequenti interventi del violino. La filastrocca country Makes No Sense è irrorata dal violino di Rima, mentre Home In Mind è un bluegrass che avrebbe bisogno di un’iniezione di energia. Dopo la delicata e intensa In The Moment si prosegue con I Can’t Believe It’s True e con l’avvolgente Ride, per finire con Life In The Bubble in cui si nota un’interpretazione vocale teatrale di Barry.
In conclusione Leap Year è un album un po’ monocorde, da consigliare soprattutto agli appassionati di musica acustica.

Paolo Baiotti