Posts Tagged ‘Stefano Dylan’

STEFANO DYLAN: Torino, Cafè Neruda, 29/2/2024

di Paolo Baiotti

8 marzo 2024

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STEFANO DYLAN: TORINO, CAFE’ NERUDA, 29/2/2024.

Dopo diversi tentativi andati a vuoto in Italia, il percorso musicale di Stefano Dylan si è sviluppato quando si è trasferito a Malta con la famiglia nel 2012, dove ha formato una band e suonato anche da solista. Ma il vero cambio di passo è avvenuto dopo il trasferimento in Irlanda, nella zona di Limerick. Per sua fortuna nell’isola di smeraldo la musica è radicata nella cultura locale, si trovano con maggiore facilità ingaggi nei locali (soprattutto nei pub) e anche suonare per strada è molto apprezzato. Per farla breve Stefano è riuscito a diventare un musicista professionista in Irlanda e ha pubblicato tre dischi: Rough Diamonds nel 2019, Ouroboros nel 2022 e Ballads From Home nel 2023, i primi due con una prevalenza di brani autografi, il terzo di cover di brani tradizionali e di altri cantautori anglosassoni.
Nella sua prima apparizione italiana da solista a Torino dove è nato e ha vissuto a lungo, il cantautore ha suonato da solo dimostrando una certa sicurezza e dimestichezza sul palco, alternando cover a brani autografi tratti dai tre dischi citati, ma non solo.

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Dall’esordio sono state scelte l’eccellente ballata folk Not A Day Goes By, la deliziosa No Key Blues e The Road To Waterloo ispirata dai Miserabili di Victor Hugo, che perde qualcosa senza la chitarra elettrica dell’originale in studio. Da Ouroboros sono stati estratti i primi tre brani dell’album: la sofferta Endless Road, la nostalgica The Life Before e Fool’s Gold, mentre dal recente Ballads From Home il musicista ha eseguito Canadee-i-o del folksinger inglese Nic Jones, il tradizionale Fair Annie nell’arrangiamento di Martin Simpson, la malinconica The Green Fields Of France del cantautore australiano Eric Bogle, una canzone contro la guerra ripresa anche dai Dropkick Murphys e da The Men They Coudn’t Hang e il tradizionale Shady Grove. Non sono mancate un paio di tracce in italiano, Malinverno con la quale ha aperto la serata e Filastrocca, con la quale ha vinto un concorso per cantautori indipendenti a Biella nel 2001 e alcune cover, tra le quali Icarus di Anne Lister (conosciuta nella versione di Martin Simpson), The Fields Of Athenry di Pete St. John sulla grande carestia irlandese (ripresa tra gli altri dai Dubliners e dai Dropkick Murphys), la dolente ballata western Tumbleweed di Peter Rowan e nei bis, a chiusura del concerto, una toccante Rainy Night In Soho dei Pogues, dedicata ovviamente alla memoria di Shane McGowan, l’unico brano in cui, oltre alla chitarra acustica, il musicista ha suonato anche l’armonica.
Un esordio promettente doppiato la sera dopo a Novara, sperando che in futuro ci siano altre occasioni per ascoltarlo dalle nostre parti.

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Paolo Baiotti

STEFANO DYLAN – Ballads From Home

di Paolo Baiotti

7 marzo 2023

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STEFANO DYLAN
BALLADS FROM HOME
EGN LABEL 2022

Stefano Dylan, cantautore torinese da qualche anno residente in Irlanda per motivi di famiglia e di lavoro, è stato accolto con interesse nella comunità musicale della zona di Limerick, dove è domiciliato e dove insegna musica e suona nei locali che, a differenza di quanto avviene nel nostro paese, non richiedono solo le cover band, ma sono aperti anche a musicisti folk e rock. Superato il periodo della pandemia che gli ha permesso di registrare il secondo album Ouroboros, in pochi mesi ha preparato il terzo, questo Ballads From Home che, a differenza del precedente, comprende 14 covers di brani tradizionali o di artisti di estrazione folk. Nel suo terzo cd si presenta in veste prettamente acustica, seppure coadiuvato da un folto gruppo di musicisti irlandesi tra i quali Alan Hogan al basso, Warren McStay alla batteria e synth e con il conforto di flauto, conrnamusa, violino, fisarmonica e bouzouki.
Si parte con i profumi d’Irlanda dello strumentale The Dawning di Mickey Dunne, seguito dal tradizionale delle isole britanniche Lily Of The West già interpretato, tra gli altri, da Joan Baez, Bob Dylan e The Chieftains. Stefano se la cava egregiamente sia dal punto di vista vocale che strumentale con un impasto riuscito di cornamusa, violino e sezione ritmica. Si alternano brani di cantautori di nicchia come David Munyon con la dolce Save The Whales in cui si notano anche i controcanti di Karla Segade, Eric Bogle con The Green Fields Of France, che fu un hit irlandese per The Furey Brothers ed è stata ripresa anche dai Dropkick Murphys e il neozelandese Paul Metsers con l’acustica Farewell To The Gold, a tradizionali come Canadee-i-o proposta in passato da Nic Jones e Bob Dylan e Fair Annie che richiama la versione del grande chitarrista folk Martin Simpson, autore di Fool Me Once posta in chiusura del disco. Ballads Form Home ha il pregio di scorrere fluido come un ruscello di acqua cristallina, irrorato dalla purezza di tracce come Shady Grove, il tradizionale irish Bonaparte’s Retreat, Sweet Sixteen e la splendida Only Our Rivers Run Free conosciuta nelle versioni di Christy Moore e dei Wolfe Tones, che valorizzano i progressi dell’artista sia come cantante che come chitarrista acustico.

Paolo Baiotti

STEFANO DYLAN – Ouroboros

di Paolo Baiotti

20 marzo 2022

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STEFANO DYLAN
OUROBOROS
Autoprodotto 2022

Stefano Dylan, cantautore torinese da qualche anno residente in Irlanda per motivi di famiglia e di lavoro, si è fatto conoscere ed apprezzare nella zona di Limerick dove è domiciliato, entrando a far parte della scena locale. Sfortunatamente la pandemia ha interrotto la possibilità di suonare nei locali e nei pub che, a differenza di quanto avviene dalle nostre parti, non richiedono solo le cover band, ma gli ha dato la possibilità di preparare con calma il secondo album a due anni di distanza dall’esordio Rough Diamonds. Questa volta tra le dodici tracce ce ne sono tre cantate in italiano oltre alle otto in inglese e a uno strumentale. In realtà Endless Road è divisa in due parti poste in apertura e chiusura del disco, la prima strumentale e sognante con l’elettrica di Matt Sofianos che ricama assoli melodici che incrociano David Gilmour e Mark Knopfler intrecciandosi con l’acustica di Stefano, la seconda cantata completando una delle tracce più convincenti dell’album. La delicata e toccante The Life Before e la malinconica Fool’s Gold arrangiata con la partecipazione di due chitarre acustiche e di una chitarra classica confermano l’impronta folk del modo di comporre e cantare di Stefano, che mi sembra paradossalmente più originale nei brani in inglese rispetto alla convenzionale Asso, seppur valorizzata da un testo pregevole e alla sofferta Amarcord, in cui si notano il piano di Carlo Gaudiello e la tromba di Steffen Dix. La ritmata Flight Distances e Midlife Booze interpretata con voce più sporca e con un’elettrica aspra, testimoniano le influenze rock dell’autore, ma in definitiva l’eccellente Rain Waters cantata con l’aiuto di Karla Segade, l’acustica Moving On, morbida e triste e la pianistica Desiderio lasciano l’impressione che il tratto distintivo della scrittura di Stefano privilegi lo stile dei folksingers.
Ouroboros antico simbolo rappresentante un serpente o un drago che si morde la coda formando un cerchio senza inizio né fine, raffigurato nella copertina del disco, conferma le positive percezioni dell’esordio e la maturazione del suo autore.

Paolo Baiotti

STEFANO DYLAN – Rough Diamonds

di Paolo Baiotti

15 febbraio 2020

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STEFANO DYLAN
ROUGH DIAMONDS
Autoprodotto 2019

Cresciuto in una famiglia in cui è sempre stata coltivata la passione per la musica Stefano Dylan, figlio di un nostro storico collaboratore, è sbarcato da pochi mesi per esigenze lavorative e famigliari in Irlanda dopo qualche anno trascorso a Malta. E in breve tempo è stato accolto con simpatia e rispetto dalla comunità musicale locale, riuscendo a incidere un album che aveva in testa da anni. L’Irlanda è uno dei pochi paesi in cui la gente ama ascoltare musica originale nei pub e nei ritrovi, non solo cover band come alle nostre latitudini. Stefano è diventato ospite fisso in più di un locale di Limerick e, con la collaborazione di alcuni colleghi tra i quali Alan Hogan al basso, Shane Wixted alla batteria e Garry Cheshire alla chitarra elettrica, ha raccolto una dozzina di canzoni intime, pervase di malinconia, cantate con voce dolente e arrangiate con cura, considerando che si tratta di una produzione indipendente realizzata senza grandi mezzi.
La raffinata Low Key Blues apre il dischetto seguita dalla ritmata Shades in cui si apprezza l’uso delle percussioni e dalla sofferta Rough Diamonds in cui si inseriscono con moderazione basso e slide. Wintertime, altro brano intimista, è presente anche in una seconda versione in italiano come traccia nascosta alla fine del disco. A questo punto si apprezza l’elettrica Help Me To Getaway, vivacizzata da un aspro assolo di chitarra. La voce matura di Stefano rende giustizia al folk romantico di Beyond The Limits, mentre nella pregevole The Road To Waterloo (con un testo ispirato da I Miserabili di Victor Hugo) si sente l’influenza di Mark Knopfler, da sempre uno dei musicisti più apprezzati dall’autore. Nella parte finale dell’album spiccano la morbida Tears Of A Clown, valorizzata dagli arpeggi della chitarra acustica di Stefano e l’accorata ballata pianistica What Shall We Ever Do rispetto alla love song Once More e a Music Pauses in cui la voce risulta un po’ forzata. Posta in chiusura di questo esordio sorprendentemente maturo Not A Day Goes By, accompagnata da un video promozionale, risulta una delle canzoni più convincenti ed espressive, anche per merito della malinconica interpretazione vocale e del ricercato arrangiamento dovuto alla presenza di violino e violoncello.