Archivio di novembre 2018

PARK88 – The Fearlessness

di Paolo Baiotti

28 novembre 2018

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PARK88
THE FEARLESSNESS
Park88music 2018

Park88 è un duo formato dal pianista e cantante Rich Wyman e dalla cantautrice Lisa Needham, che ha recentemente pubblicato questo Ep, otto canzoni (di cui due in doppia versione) per 32’ di musica. A settembre il duo ha supportato i Gypsy Kings in tour, festeggiando l’esordio discografico in coppia, giunto dopo una lunga gavetta che li ha portati da New York a Park City in Utah dove si sono stabiliti e hanno ottenuto ingaggi continuativi. Dal canto suo Rich ha già alle spalle una carriera di un certo peso. Un incontro fortuito con Edward Van Halen lo ha portato a registrare a Los Angeles dove ha realizzato nel 1996 un disco solista, Fatherless Child, prodotto da Andy Johns con la partecipazione dell’amico Edward, accolto con attenzione in Europa, seguito da altri albums tra i quali Where We Stand. Popolare in Olanda, Belgio e Irlanda, ha anche pubblicato Embrace, un live cd/dvd, il suo sesto disco e nel 2009 Home-Solo Piano, un album per sola voce e pianoforte. Inoltre Rich è conosciuto come arrangiatore e autore di colonne sonore. Live From The Heart II del, 2015 è la sua fatica più recente. Alla fine i due, compagni anche nella vita, hanno deciso di incidere insieme, unendo i testi di Lisa, il pianismo brillante di Rich, la voce melodica di Lisa usata soprattutto nei cori e nelle armonie e quella solista più roca e grintosa di Rich. Suonano una roots-music cantautorale con influenze pop brillante e divertente, come nella pianistica What We Got, traccia trascinante arricchita da un sax solista che si affianca al piano con echi di Billy Joel o Elton John. La title track è un accattivante up-tempo con una melodia che resta in mente, No Matter What un’energica traccia bluesata, Soul Like A Flower un errebi con influenze latine cantato da Lisa, Good Times un brioso rhythm and blues interpretato in coppia con i fiati in ritmica e i controcanti forse un po’ scontato, ma con un break pianistico azzeccato, Slow Down una discreta ballata avvolgente. In conclusione Fearlessness è un’attraente presentazione per un duo che potrebbe interessare una fascia matura non trascurabile di appassionati.

ERIC LINDELL – Revolution In Your Heart

di Paolo Crazy Carnevale

27 novembre 2018

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ERIC LINDELL – Revolution In Your Heart (Alligator/IRD 2018)

Non fatevi fuorviare dal fatto che questo disco sia pubblicato dalla Alligator, una delle migliori etichette per quanto riguarda la promozione della musica blues, o quanto meno rock-blues: per carità una vaga matrice c’è, ma questa bella produzione del cantautore Eric Lindell sfugge alle definizioni di genere e preferisce inserirsi nella scia dei singer songwriters elettrici che mescolano sapientemente tradizione e rock.

L’autore (che in questo caso fa anche il producer e si suona quasi tutti gli strumenti), si è chiuso negli studi di Bogalusa, in Louisiana, dove da tempo si è trasferito, dopo un girovagare che dalla natia California lo ha portato a spasso per gli States: eppure qualcosa della solare terra d’origine è rimasto nella musica di questo quasi cinquantenne che nell’arco di una ventina d’anni ha disseminato ben quattordici dischi.

Questo Revolution In Your Heart, oltre ad essere un gran bel disco, segna il ritorno di Lindell in casa Alligator, dopo quasi dieci anni di pellegrinaggio su etichette minori.

Non un disco di blues si diceva, ma un disco di belle canzoni che mostrano la felice vena compositiva del titolare che si destreggia tra basso, organo, armonica e chitarre varie, soprattutto l’elettrica con cui dissemina il disco di begli interventi: se Big Horse è un rock blues a tutti gli effetti non privo di venature funk sottolineate da organo e wah wah, Heavy Heart è una brillante composizione che la solista impreziosisce non poco; Pat West mescola invece certo country rock di matrice californiana con influenze leggermente caraibiche, come usavano fare spesso i cantautori degli anni settanta. Kelly Ridge è una sorta di zydeco elettrico, ma nel testo si parla di California e con le sue composizioni in effetti, Lindell si candida decisamente a miglior erede di taluni suoi conterranei che nella storia della musica rock hanno sposato California e paludi del sud: tanto per dirne due, John Fogerty e Lowell George, ma poi, quando parte Claudette, vien da chiudere gli occhi e la chitarra e il ritmo spezzato portano alla memoria certe atmosfere della Band, la gloriosa The Band.

Non c’è che dire, Lindell ha frequentato buone scuole, a mandato a mente le lezioni ed ora, con questa sua uscita ci delizia sapientemente.

Qualche altro titolo? Appaloosa (nulla a che vedere con la label lombarda), Revolution, Shot Down o Millie Kay in cui emerge l’ispirazione country-rock.

BOB DAISLEY AND FRIENDS – Moore Blues For Gary/A Tribute To Gary Moore

di Paolo Baiotti

25 novembre 2018

moore

BOB DAISLEY AND FRIENDS
MOORE BLUES FOR GARY – A TRIBUTE TO GARY MOORE
EarMusic 2018

Gary Moore ci ha lasciato all’improvviso il 6 febbraio 2011. Bob Daisley, bassista, autore e produttore che ha lavorato con nomi importanti del rock (Chicken Shack, Mungo Jerry, Ozzy Osbourne, Rainbow, Black Sabbath…) è stato amico di Gary, facendo parte della sua band negli anni ottanta tra l’84 e l’88, gli ha suggerito la svolta blues e ha collaborato con lui anche in questa fase importante del suo percorso, a partire da Still Got The Blues (1990). Australiano di nascita, si è formato come musicista in Inghilterra, tornando più stabilmente in Australia nel nuovo millennio, dove ha fatto parte degli Hoochie Coochie Men, band di rock blues composta con il cantante e chitarrista Tim Gaze e il batterista Rob Grosser, nella quale ha militato anche Jon Lord dopo avere lasciato i Deep Purple. Daisley e Grosser sono la sezione ritmica principale in questo tributo e anche Gaze contribuisce attivamente. Ovviamente i “friends” sono musicisti legati a Gary o suoi ammiratori che hanno partecipato con entusiasmo al progetto, rivolto principalmente alla fase blues con qualche ripresa dal periodo precedente e con l’aggiunta di due brani di Bob, The Blues Just Got Sadder cantato da Joe Lynn Turner (Deep Purple e Rainbow) con Steve Lukather alla chitarra e This One’s For You suonato con i figli di Moore, Gus alla voce e Jack alla chitarra. Non ci sono versioni clamorose o rivoluzionarie, vengono rispettati gli originali con qualche personalizzazione, come l’armonica nell’introduzione della ballata Empty Rooms cantata da Neil Carter (tastierista di Gary negli anni ottanta) o la voce inconfondibile di Glenn Hughes che connota di soul Nothing’s The Same, brano intimo da After Hours (1992). Spiccano le versioni di Still Got The Blues For You, impreziosita dagli assoli espressivi di John Sykes (Whitesnake, Thin Lizzy) e dalla voce di Danny Bowes (Thunder), lo strumentale The Loner con la chitarra di Doug Aldrich (Whitesnake, Dio) e le tastiere di Don Airey (Rainbow, Deep Purple), la lenta e cadenzata Torn Inside da Power Of The Blues (2004) con Stan Webb (Chicken Shack) alla voce e chitarra che ricorda le atmosfere dei Fleetwood Mac di Peter Green (uno dei principali riferimenti di Moore) e la struggente Parisienne Walkways, top ten inglese nel ’78, incisa da Gary su Back On The Streets con l’amico Phil Lynott alla voce solista. In questa versione spiccano la chitarra di Steve Morse (Deep Purple, Dixie Dregs, Kansas) e la voce di Ricky Warwick che, non a caso, ha cantato nei Thin Lizzy riformati dopo la morte di Lynott. Un paio di brani convincono di meno, mi riferisco alla grintosa Power Of The Blues e alla grezza Texas Strut, in cui è doveroso segnalare la voce di Brush Shields che fece parte degli Skid Row, gruppo irlandese di fine anni sessanta in cui militarono Moore e Lynott. Moore Blues For Gary è un tributo appassionato, che ha il merito di ricordare un musicista dimenticato troppo rapidamente.

PK GREGORY – Honkabilly Blues

di Ronald Stancanelli

21 novembre 2018

PK Gregory HonkabillyBlues[1006]

PK GREGORY
Honkabilly Blues
2017 Blue Betty Records

PK Gregory si autodefinisce One Man Band e propone un songwriting di country-blues con una grande predominanza dell’armonica a bocca oltre che ovviamente della chitarra e del footdrums, caratteristica basilare per coloro che in special modo dal vivo si presentano totalmente soli. Nato ad Anchorage in Alaska, ma residente a Stavanger in Norvegia ha uno stile non molto differente da tanti altri suoi pards che girano in versione solitaria finendo le proprie serate sui palchi di chissà quanti posti dimenticati da Dio e dagli uomini. Questo suo Honkabilly Blues è il suo terzo lavoro e nonostante sia un po’ monocorde considerando tredici brani alquanto similari accatastati uno dietro l’altro, non possiamo dire sia un brutto album, certamente quelli divertenti, solari e luminosi albergano da altre parti. Comunque il suo raccontare storie alla maniera di un novello troubadour con chitarra, armonica a bocca e battute di mano sulla chitarra stessa o battiti del piede per simulare immaginifiche percussioni se fa un po’ tenerezza da una parte, dall’altra regala uno scarno ma accettabile lavoro di musica vera, vissuta e onestamente proposta. Racconta le sue storie, i brani sono a sua firma, le sue peripezie, i suoi racconti con filosofica e pacata tranquillità in solitudine e il suo country-hillbilly-rockabilly-folk-blues alla fin fine non è certo da disprezzare. Album come si evince dalle note, suonato dal vivo in studio nella formula meritevole del “buona la prima” nel Franken-Trailer Ranch presumibilmente in Germania, dischetto ad appannaggio della Blue Betty Records. Tutta la strumentazione, ovvero chitarra , armonica e colpi di percussione vari son da lui suonati simultaneamente in questo studio ove l’unico spettatore, non si sa se pagante o meno, è suo fratello Matt che si preoccupa di fargli avere cibarie e bibite e di essere a disposizione durante questa performance spartana sia nella sua musicalità che in quello che pare sia l’unico assistente di studio. Qualche tecnico o fonico indubbiamente c’era si presuppone. Per chiudere il discorso un dischetto certamente non imprescindibile sul quale vi è la scritta Like it? Tell a Friend! Qualche dubbio ci sovviene sull’avverarsi di questa operazione orale di passa parola. Che il cielo gli sia propizio e che ai suoi concerti venda più copie possibili del suo cd, glielo auguriamo di tutto cuore.

JUDITH OWEN – Rediscovered

di Paolo Baiotti

21 novembre 2018

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JUDITH OWEN
REDISCOVERED
Twanky Records 2018

Nata a Londra, ma di origine gallese, ha esordito nel ’96 con Emotions On A Postcard per la Dog On Bed, seguito da numerosi album per questa label e per la Courgette, prima di creare la Twanky Records che ha pubblicato Ebb & Flow (2014) e Somebody’s Child (2016), considerato da molti il suo album più riuscito, seguiti da Rediscovered, primo disco di covers della cantautrice. Ha supportato in tour Richard Thompson, partecipando ad alcuni dischi del chitarrista britannico ed è riuscita a creare un discreto interesse per la sua musica anche in Europa, aiutata dalla presenza di musicisti prestigiosi come Leland Sklar (basso), Russell Kunkel (batteria) e Waddy Watchel (chitarra), session men di lusso facenti parte di The Section, house-band della Asylum, collaboratori di Carole King, James Taylor, Jackson Browne e tanti altri. Rediscovered riunisce dodici tracce scelte insieme al marito, l’attore Harry Shearer, interpretate in modo personale, cercando di non imitare le versioni originali come precisa Judith nelle note di copertina (I don’t do karaoke…). Alcune scelte sono prevedibili, come i due brani di Joni Mitchell, da sempre citata come principale ispirazione della cantante, la jazzata Ladies Man arrangiata con piano e percussioni e la sofisticata e sofferta ballata Cherokee Louise con piano e violoncello in evidenza, o Blackbird dei Beatles, altre meno come il pop di Shape On You di Ed Sheerar reso con tonalità jazzate e l’avvolgente Can’t Stop The Feeling di Justin Timberlake. Sorprendono una Smoke On The Water (già incisa alcuni anni fa) stravolta da una ritmica latina, una Summer Night irriconoscibile, tratta dalla colonna sonora di Grease, la drammatica Black Hole Sun di Chris Cornell trasformata in modo jazzato e apparentemente solare e due classici della discomusic degli anni settanta, Play That Funky Music dei Wild Cherry parzialmente spogliato della ritmica funky e rallentato ad arte e Hot Stuff di Donna Summer con violoncello e controcanti sensuali. Un disco piacevole e originale anche se, pur apprezzando l’intenzione di personalizzare i brani, gli arrangiamenti non convincono del tutto nonostante la partecipazione di musicisti stellari, lasciando l’impressione di un’eccessiva uniformità data anche dal modo di cantare di Judith, confidenziale, intimo e raffinato, ma un po’ monocorde.

Il prossimo 25 novembre a Novara la terza edizione di Vinyl & Brew

di admin

21 novembre 2018

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L’OLD TOWER PUB di Via Gibellini, 14, a Novara sarà il teatro della terza edizione di Vinyl & Brew,
fiera del vinile e del CD, ma anche del buon cibo e dell’ottima birra, che si svolgerà domenica 25 novembre.

Inizio ore 14, chiusura alle 21.

INGRESSO LIBERO!

A Varese la 38ma Fiera del Disco e del CD

di admin

12 novembre 2018

locandina varese terza[984]

Si rinnova l’appuntamento con la Fiera del Disco di Varese, nei giorni 17 e 18 novembre

ORARIO: DALLE 10.00 ALLE 18.00

Come sempre, appuntamento all’ATAHOTEL , in Via Francesco Albaini, 73

INGRESSO LIBERO – PARCHEGGIO LIBERO

BAP & BRENDA KENNEDY – Love Hurts EP

di Paolo Baiotti

7 novembre 2018

love[979]

BAP & BRENDA KENNEDY
LOVE HURTS EP
LONELY STREET 2018

Il 1° novembre del 2016 ci ha lasciato a causa di un tumore Martin Christopher (per tutti Bap) Kennedy, sensibile cantautore nord irlandese. A due anni dal triste evento la moglie Brenda, bassista della sua band, ha pubblicato un Ep il cui ricavato verrà devoluto al Marie Curie Hospital di Belfast, dove Bap è stato assistito negli ultimi mesi di vita. Negli archivi del musicista è stata trovata una deliziosa versione di Love Hurts, il famoso brano di Boudleaux Bryant interpretato nel ’60 dagli Everly Brothers e in seguito, tra gli altri, da Nazareth, Jim Capaldi e Emmylou Harris. Questa esecuzione allegra e ritmata, ricorda un po’ l’approccio dei Traveling Wiburys, percorsa dalle tastiere di Rod McVey. La seconda traccia è una take acustica di Moonlight Kiss (solo voce, chitarra e basso), il brano più famoso di Bap dall’album Lonely Street, incluso nella colonna sonora della commedia Serendipity (Quando l’Amore è Magia) con John Cusack e Kate Beckinsale. Seguono l’ultima intervista di Bap, un tributo della moglie Brenda trasmesso da Radio Ulster nel novembre 2016 e una toccante versione radiofonica di Be True To Your Heart di Brenda (voce) e Rod McVey (piano). Un atto d’amore più che un disco da valutare. Reperibile sul sito www.bapkennedy.com

Fiere ed eventi, tre appuntamenti per i prossimi giorni

di admin

4 novembre 2018

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Oggi, mi  Promo presentazione[975]

Nel giro di quattro giorni, si alterneranno tre appuntamenti interessanti per gli amanti del disco e della musica.

Il prossimo 8 novembre, a Nerviano, ci sarà l’apertura dell’Atelier Creativo, con tanto di Concerto di Renato Franchi & Orchestrina del Donatore Jones.

Il 10 novembre ci sarà la prima edizione della Fiera del Fisco di Meda.

L’11 novembre appuntamento con la sesta edizione della Fiera del Disco al Pime di Milano.

tutti i dettagli nelle locandine.

Buona musica a tutti