Archivio di giugno 2017

CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD – If You Lived Here, You Would Be Home By Now

di Paolo Crazy Carnevale

26 giugno 2017

chris robinson1

CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD – If You Lived Here, You Would Be Home By Now (Silver Arrow 2016)

Lo dico? Magari qualcuno si offende… ma lo dico ugualmente: rimpiango i Black Crowes, non solo quelli degli esordi (intesi come i primi due dischi, non certo il sopravvalutato Amorica e i suoi successori), e mi mancano anche i Black Crowes con Luther Dickinson, che trovavo molto interessanti e stimolanti. Non ho mai stravisto per Rich Robinson come solista, e non ho ancora ascoltato i Magpie Salute. Inoltre, le cose che avevo ascoltato fino ad ora della Chris Robinson Brotherhood le avevo trovate interessanti a metà. Ben suonate, certo, ma in certo qual mutilate, tronche, incomplete.

Credo fosse colpa della mia eccessiva nostalgia per i Black Crowes.

Poi sono incappato in questo vinile dello scorso anno, un EP molto extended visto che dura una buona mezzora, uscito a ridosso di un acclamato album di studio indicato come il migliore della CRB, probabilmente pubblicato per mettere su supporto qualcosa di quelle session che era rimasto fuori. Ed è stato colpo di fulmine. Questo disco mi piace molto più del suo incensato predecessore e trovo che il connubio tra Robinson e Neal Casal (più interessante in questa veste che quando faceva il musicista in proprio) sia perfetto, di Adam MacDougall non se ne parla, era già una colonna portante nei Black Crowes e il batterista Tony Leone riesce ad aggiungere al suo strumento anche un insospettabile mandolino. Il basso, in assenza di un titolare, è suonato da Ted Fecchio.

Il risultato sono cinque tracce che sembrano ricalcare territori molto vicini a quelli battuti dagli intramontabili Grateful Dead a cavallo tra anni sessanta e anni settanta, quando al blues e alle lunghe jam cominciavano a dare spazio anche ad una vena compositiva perfettamente collocata tra country/rock e cantautorato californiano. Ma soprattutto, questo If You Lived… è un disco che vive di un sound pienamente convincente, con tutte le caratteristiche del gruppo che emergono con uguale predominanza: non c’è nessuno che primeggia, tutti hanno il loro spazio, proprio come dovrebbe essere in una fratellanza che non sia quella ariana!

La prima traccia, New Cannonball Rag già dal titolo richiama alla mente suggestioni di una musica del passato mai defunta, è un brano lungo e diluito con sapienza, Robinson canta ispirato e la chitarra di Casal s’intreccia perfettamente con le tastiere di MacDougall; il secondo brano della prima facciata è una piacevole canzone molto country, con ospite la pedal steel di Barry Sless (lo ricordate nella David Nelson Band?), il brano è immediato e piacevole, forse ricorda troppo qualcosa di The Band (per l’esattezza la dylaniana I Shall Be Released) ma d’altra parte non si dice che per quanto riguarda questa musica tutto è già stato scritto?

Giriamo il 33 giri e ci troviamo al cospetto di Roan County Banjo, il brano più lungo e forse anche il più bello, potrebbe essere benissimo un’outtake di American Beauty, invece la voce di Robinson ci dice che siamo altrove, molto altrove, c’è ancora Sless che fa cantare la sua chitarra e naturalmente Casal fa la sua bella parte mentre MacDougall s’intrufola col piano e l’rogano divenendo protagonista del crescendo finale. From The North Garden è uno strumentale a cavallo tra oriente e psichedelia con le tastiere ed un flauto (Charles Moselle) che tessono un tappeto su cui lavorano molto bene le chitarre acustiche.

Il finale è affidato al valzerone intitolato Sweet Sweet Lullaby, condotto di nuovo dalla pedal steel di Sless e con il mandolino di Leone che sfoggia un suono struggente e appassionato, a suggello di un disco perfettamente riuscito.

KATY GUILLEN & THE GIRLS

di Ronald Stancanelli

25 giugno 2017

KATY GUILLEN 2014[402]

KATY GUILLEN & THE GIRLS
Autoprodotto 2014

Che forza e compattezza questo cd di valenza totalmente femminile. Potrebbe, andando indietro negli anni, ricordare la Bonnie Raitt più rocchettara mentre se volgiamo lo sguardo ai tempi più recenti questa apprezzabile Katy Guillen può anche avere un trait d’union con la Lucinda Williams meno arrabbiata. Disco di sole donne ove la protagonista,appunto la Katy di cui prima, voce e chitarra, ben assistita da Claire Adams, basso e voce anche lei e Stephanie Williams alla batteria, compongono e direi eccellentemente propongono undici brani di sana impronta rock ove a volte scalano le vette più consistenti della musica aor e in altri si librano verso territori di ballads decisamente avvincenti. Le fanciulle che provengono da Kansas City pare siano una forza dal vivo e anche se presumo sia alquanto improbabile vederle dalle nostre parti dimostrano in questo loro performance i studio di essere delle grandi performer, di saper scrivere e comporre ottime canzoni e di saper realmente divertire coloro che le stanno ad ascoltare. Il cd incomincia con la piacevole Don’t Get it Better nella quale risalta la roca voce della cantante leader e continuando nell’ascolto del disco si evince la forza delle due compagne che con basso in evidenza e batteria in intenso rullare si aggregano perfettamente alla solida chitarra elettrica della Guillen. Come detto, gran bel solido album di onesto e compatto rock che assieme al disco di Sunny Vega, Sweet Mobile Home si erge tra i lavori rock più interessanti ascoltati di recente se entrambi sono del 2014 ma recentemente ne siamo giunti in possesso. Tipografica la copertina.

Max Manfredi dal vivo il 5 luglio a Verona

di Ronald Stancanelli

18 giugno 2017

IMG_3165[400]

Evento di spicco nell’ambito del cantautorato d’eccellenza in Verona , nel nuovo locale Cohen in Via Scarsellini, 9 il 5 luglio.
Si esibirà, non sappiamo ancora se da solo o accompagnato da altri musicisti, ma non ha importanza, ascoltare Max Manfredi è sempre un momento di grande intensità artistica e musicale che sia sul palco da solo, in duo, in trio o in quarantanove.

Autore nel suo percorso di artista di sei eccellenti dischi e vari libri, a breve, un dettagliato lavoro sull’artista, Max Manfredi coniuga sapientemente schemi musicali con parole di grande pregio e intensità d’indubbia qualità d’autore e, quando si ha la possibilità di assistere ad un suo concerto se ne esce alfine arricchiti dal groviglio di parole che riesce bellamente ad attorcigliare su se stesse in un turbinio di emozioni ed intensi sentimenti senza fine. Dette parole sono senza alcun dubbio la sua arma vincente, e corollate da note musicali, a volte scarne a volte ricchissime, come nel suo capolavoro L’intagliatore di Santi, regalano a chi lo segue o nei dischi o personalmente nei concerti un qualcosa di enorme valore e considerevole bellezza che si può, se non lo si conosce, scoprire, ascoltando i suoi lavori, o andandolo a vedere dal vivo. Ottima quindi questa ghiotta occasione per coloro che abitano a Verona o nei dintorni.

Caratteristica che ho notato più volte nei suoi concerti è l’attenzione con la quel riesce a farsi seguire dai presenti che lo ascoltano in religioso silenzio e grandissima concentrazione. Non per niente Fabrizio De Andrè che con lui ha duettato nella bellissima La Fiera della Maddalena disse nel 1997 che Max Manfredi era il migliore di tutti. Max, genovese, vive a Genova, anni fa stava proprio nel centro storico, il cuore della città vecchia, adesso sta nel quartiere di Sturla e passa il suo tempo fra il capoluogo ligure e tutti i posti sia nel nostro paese che all’estero che hanno la fortuna almeno una volta di averlo ospite.
Ribadiamo per coloro a cui interessa un momento importante del loro spazio culturale. 5 luglio. Locale Cohen per una serata di grande intensità musicale e poetica con un autore che sulla sua strada ha ben due prestigiosi Premi Tenco, nel 1990 con Le parole del gatto e nel 2009 per l’album Luna persa!

Nella foto Max a Casale Monferrato il 10 giugno scorso.

RICCARDO TESI/NERI POLLASTRI – A viva voce/Una vita a bottoni

di Ronald Stancanelli

12 giugno 2017

Tesi Vita a bottoni[385]

Riccardo Tesi Neri Pollastri
A VIVA VOCE UNA VITA A BOTTONI
Squi(libri) 2016 – Libro CD

Conobbi Riccardo Tesi a teatro il 21 gennaio 1995 in occasione di un concerto di Beppe Gambetta a Genova ove tra vari ospiti vi era appunto il musicista in questione dal quale presi un eccellente album chiamato RVeranda, album di suggestioni e armonie suonato assieme a Patrick Vaillant. Ricordo ancora la sua cordialità e simpatia. Apprezzai dopo poco tempo anche un album chiamato Forse il mare accreditato al gruppo Ritmia , ove Tesi ne era una delle componenti principali. Adesso dopo tanti anni mi ritrovo nuovamente tra le mani un suo supporto musicale che pur essendo un best è antologia di eccellente livello, e in detta occasione bellamente arricchito con uno splendido tomo di circa 300 pagine. A rigor di logica è il libro che supporta il dischetto ma l’ascolto della musica ci precede ovviamente nella lettura del libro.

Per la precisione il cd è un’esauriente antologia di sedici brani con l’ausilio di ospiti vari. Mareggiata, pezzo dello stesso Tesi, è un lungo brano piacevolissimo che si avvale tra gli altri dell’aiuto di Stefano Bollani al piano e di Vaillant al mandolino, brano di grande impatto ove il frangersi delle onde, la risacca ed altri momenti del movimento marino sono esplicati in musica in modo magistrale. E il trenino che parte e va si avvale della piacevole incisiva voce di Lucilla Galeazzi, tratto dall’album Sopra i tetti di Firenze è brano popolare arrangiato dallo stesso Tesi assieme a Stefano Melone che suona il piano e Maurizio Geri che suona la chitarra e ricche e rigogliose le pagine musicali che separano le varie strofe, intenso il testo che avvince e muove la memoria. Pomodhoro, è strumentale di Tesi con un ottimo lavoro alle percussioni da parte di Ettore Bonafè e un penetrante scacciapensieri. Il pezzo di forte valenza folk è tratto dal cd Riccardo Tesi e Bandaitalia. Tra veglia e sonno e Mazurca di San Benedetto integrate in Suite di Mazurke è strumentale di antichi percorsi popolari, ricco di strumenti è brano caldo e solare tratto da Crinali, album del 2006. Invece Prata e Oru scritta da Tesi e da Elena Ledda ha alla voce proprio la sua co-autrice e nel coro troviamo le Balentes, trio vocale che ricordiamo vari anni fa anche assieme a Davide Van De Sfross e autrici di un piacevolissimo album registrato a Verona dal titolo Balentes Live, suggestivo ed energico il brano qua proposto tratto dal disco di Tesi Presente Remoto. Molto bella anche L’azzurro del pesce ove non vi è voce alcuna ma un’intersecazione di strumenti che ne fanno forse il pezzo più accattivante dell’antologia, brano veramente superbo era contenuto nel disco Cameristico. La città vecchia è uno dei primi pezzi di Fabrizio De Andrè, qui è riproposto dalla voce del mai dimenticato Gianmaria Testa assieme ovviamente a Tesi e ad altri sei artisti che ne danno una versione decisamente piacevole e l’organetto la abbellisce in modo perfetto come appunto si ascolterebbe in angoli remoti della città vecchia, un bravo a tutti e un ricordo commosso per Gianmaria e Fabrizio. Originariamente era anch’essa in Passato Remoto. Passo liscio composto da due brani La piccinina e Caballeros è strumentale dall’allegro incedere tratto da Un ballo liscio Live del 1995, brano molto ricco musicalmente è suonato da ben 12 musicisti. Adieu Adieu – Moresca Nuziale tratto da Ritmia da la giusta dimensione di questo straordinario album con sonorità variegate tra cui trame progressive nel quale Tesi , Alberto Balia, Enrico Frongia e Daniele Craighead hanno lavorato per l’unica volta tutti assieme in un opera che è restata senza purtroppo ulteriori seguiti. Mazurkazione, lungo brano live è l’inedito della raccolta inciso a Serravalle Jazz, mandolino suonato da Vaillant e organetto si inseguono continuativamente accompagnati solamente da un intervento del clarinetto basso di Gianluigi Troversi che da il suo tocco jazzy. Decisamente un bel pezzo. Con la Ballata del carbonaro si torna a un brano cantato, trattasi della voce di Maurizio Geri e tra le righe abbiamo la mandola di Mauro Palmas del quale ricorderei un suo ottimo album del 2001 dal titolo Caina. Brano tradizionale arrangiato da Tesi e Geri si avvale di un testo intensamente coinvolgente, quasi da cinegiornale d’epoca. Molto bello. Con la Bandaitaliana tratto dal recente cd Maggio del 2014 viene estrapolata Scaccomatto notevole pezzo strumentale nel quale fa la sua imponente figura lo splendido lavoro al violino di Gabriele Bavarese. Brano arzigogolato con punte strumentali di vari assoli decisamente accattivante e appassionante, uno dei momenti top della raccolta. Da Accordion Samurai del 2011 viene preso un pezzo molto particolare, si tratta di De Delay Lo Ribatel/Espresso che credo arrivi dalla tradizione francese qui proposto con ben cinque organetti e senza alcun altro strumento. Fulmine è invece momento molto più semplice ove all’organetto di Tesi si affianca solamente un puntiglioso lavoro di percussioni ad opera di Valerio Perla, brano veloce che al suo inizio è accompagnato da un tuono. Lo troviamo in Thapsos del 2000, album uscito per i dischi del Manifesto e accreditato a Tesi e Banditali, disco molto interessante che credo sia ormai di difficile reperibilità ma la sua ricerca in qualche mercatino è vivamente consigliata. La splendida voce di Ginevra Di Marco, su questo sito trovate la recensione del suo ottimo cd dal vivo Stelle, armonizza la bellissima Tutti mi dicon Maremma, suggestivo e lancinante pezzo tradizionale qua in fulgida versione che è estrapolato dal cd Bella Ciao del 2015. Chiude il tutto Processione brano eseguito in solitaria, semplicemente all’organetto diatonico tratto da Accordeon Diatonique. Ottima quindi questa antologia che col suo ultimo giro di dischetto ci fa posare l’attenzione sul libro.

Neri Pollastri esperto di jazz ha il compito di scrivere e curare il libro dal titolo Una vita a bottoni, titolo che non ha bisogno di chiarimento alcuno. Nella prima parte abbiamo una sobria ma vivace storia dell’artista con i suoi percorsi, le sue ambizioni, le sue speranze e ovviamente la sua carriera. Interessante leggere che lo start al primo disco di Riccardo Tesi nasce dal desiderio di voler portare l’organetto nella musica popolare toscana ove detto strumento era praticamente assente. Il Ballo della lepre del 1983 è infatti il suo primo disco ma in special modo è il primo disco in Italia ad avere come strumento principale l’organetto. In questo esordio composto da brani tradizionali trova posto anche una sua composizione originale, Saltarello per Eugenio, di pregiata fattura. L’album guarda decisamente avanti non essendo assolutamente il classico disco in stile ricercatore di tradizioni con mera riproposizione di pezzi noti o storici ma un qualcosa che sfida e vuole andare oltre e ciò è comprovato dalla presenza del clavicembalo, strumento che poco ha di attinente con la musica popolare- tradizionale. Avanzando nella lettura molto interessante il punto ove si narrano le vicende del gruppo Ritmia, del relativo cd Forse il mare e della grande opportunità sprecata! Vicenda che si legge tutta d’un fiato e lascia alfine spiaciuti più che perplessi. In pratica questo lavoro si può considerare il secondo disco di Riccardo Tesi pur essendo stato accreditato al moniker Ritmia, ove gli altri tre leader erano Alberto Balia, Daniele Craighhead e Enrico Frongia. Nel proseguo della interessante lettura vengono via via sviluppate le trame di tutti i dischi usciti sino ad oggi e ci si sofferma su ben ventidue lavori. Il tutto inframmezzato da momenti che esulano dalla mera discografia ed ecco quindi una interessante intervista all’artista, un capitolo che si rifà al rapporto dello stesso col cinema ed il teatro e infine una discografia in schede complete di titoli dei brani presenti in ogni album, autori dei brani, musicisti accreditati, e copertine a colori di tutti i vinili e cd. A conclusione del tutto, le ovvie informazioni sul cd accluso e ben 53 fondamentali fotografie patinate. Di due brani troviamo anche gli spartiti ed per concludere alcune informazioni, ma forse più esatto definirli aneddoti commentati sull’artista da parte di Ezio Guaitamacchi.
Ottimo libro ed eccellente cd per un connubio lettura/musica di grande interesse sia musicale che culturale. Decisamente un supporto da acquistare, assaporare, ascoltare e leggere con attenzione per la sua grande ed indubbia valenza ed importanza.

DAVE DESMELIK – Lifeboat

di Paolo Baiotti

4 giugno 2017

lifeboat-scanned-front-cover

DAVE DESMELIK
LIFEBOAT
www.davedesmelik.com 2016

Cantautore originario di Atlanta, Georgia, si è trasferito più volte fino all’attuale residenza di Bevard in Carolina del Nord. Alla fine degli anni novanta ha fatto parte degli Onus B. Johnson, band jamgrass di Flagstaff piuttosto conosciuta in Arizona con la quale ha inciso due dischi. Ma la sua carriera solista, iniziata nel ’99 con Move On, è molto più corposa, comprendendo ben dieci albums prima di Lifeboat che hanno ottenuto discreti riscontri e attenzione da parte di siti e radio specializzati quali EuroAmericana Chart, Roots Music Report, Freeform American Roots Chart e North Carolina Roots Radio Chart. Il filone nel quale si inserisce la musica di Dave è quello dell’Americana, tra roots e folk con attenzione alle parti strumentali arrangiate con cura. Tra gli artisti supportati dal vivo basta ricordare Drivin’ N Cryin’, Robbie Fulks, Richard Buckner, Cary Hudson, Shawn Mullins, Pieta Brown e Bo Ramsey.

Non è mai riuscito ad emergere del tutto, ma si sa che negli Stati Uniti la concorrenza è molto forte e gli spazi per la musica indipendente sono piuttosto ridotti. Lifeboat è un album interessante e scorrevole che alterna momenti strumentali elettroacustici molto particolari, a volte jammati e con un uso prevalente di strumenti suonati da Dave (chitarre acustiche ed elettriche, tastiere, ukulele, batteria, basso). La mini suite iniziale Leave It Alone è unita alla coda strumentale Head Rush creando un’atmosfera sparsa e sospesa che viene ribadita da Don’t Recreate The Wheel e dall’intensa Surgery, Recovery and Love, basata sui gravi problemi di salute di uno dei due figli dell’artista, nobilitata da una coda strumentale struggente.

La traccia centrale del disco è A Strange Realization, versione audio di una performance artistica con vari spezzoni che le danno un respiro cinematografico, nella quale si aggiungono la lap steel di Josh Gibbs e il basso di Andy Gibbon, suoi abituali compagni dal vivo. Nella parte finale emergono il rock trascinante di Battlefield, l’emozionante Heart Light e lo strumentale Black Collar, giocato su un increccio tra piano e chitarra acustica.

Addio Cavaliere di mezzanotte

di Paolo Crazy Carnevale

4 giugno 2017

gregg on hammond[381]

https://www.salto.bz/it/article/02062017/addio-cavaliere-di-mezzanotte