Archivio di maggio 2022

ELIZA GILKYSON – Songs From The River Wind

di Paolo Crazy Carnevale

28 maggio 2022

eilza gilkyson

Eliza Gilkyson – Songs From The River Wind (Howlin’ Dog Records/IRD 2021)

Non ci ha messo troppo tempo Eliza Gilkyson a dare un seguito al suo disco intitolato come l’anno della pandemia (e uscito appunto quell’anno), cosa non abituale per questa cantautrice di nobile schiatta dal pedigree illustre che, solitamente tra un disco e l’altro lascia passare qualche anno. Il nuovo CD è una bella sorpresa, un viaggio nell’universo delle canzoni d’ispirazione western, e western, fortemente, è anche l’immagine di copertina che richiama suggestive atmosfere per noi viste, riviste, amate e riamate al cinema.

Un disco a tratti intimo, altre più gioioso, dominato da un canto ispiratissimo e dall’essenzialità mai scarna di un pugno di collaboratori che la seguono con discrezione creando di volta in volta le giuste atmosfere. Eliza mescola brani originali nuovi con personali riletture di composizioni tradizionali a cui si è presa la briga di fare aggiunte alle liriche, adattandole dunque agli stati d’animo personali che quei brani le suggeriscono. Siamo vicini al sapore polveroso dei dischi di Tom Russell dedicati al vecchio West, anche se il disco di Eliza brilla ovviamente per la propria originalità.

È particolarmente impressionante la freschezza della sua voce (la Gilkyson ha passato i settant’anni eppure canta come un angelo) e non da meno sono gli arrangiamenti orditi dai Rifters, il trio vocale guidato da Don Richmond – assolutamente splendido in tutto l’album, sia che suoni le chitarre, la Weissenborn, la pedal steel, il mandolino, il banjo o qualunque altro strumento a corde e non da lui usato nelle registrazioni – che include anche Rod Taylor e Jim Bradley. Poi nel disco ci sono anche alcuni altri ospiti ma giusto per un brano o due, tutto il resto è suonato da Eliza con Don. Ed è una delizia, a partire dalla bella apertura affidata a Wonderin’ e dalla seguente Buffalo Girls Redux (qui c’è anche Michael Hearne alla chitarra acustica) bella rilettura con nuove liriche di un classico della tradizione, una delle perle di questa raccolta. La bontà prosegue con Farthest End e con la bellissima Charlie Moore, entrambe composte ex novo dalla titolare del disco. Autografa anche la minimale Wind River And You, da cui arriva all’incirca il titolo del disco, in Colorado Trail poi, Eliza è in stato di grazia, la sua voce cita direttamente la mitica Emmylou (occorre dire il cognome?) e in sotto fondo Don Richmond intreccia i suoni delle acustiche del mandolino e della steel col violino di Warren Hood, presente anche nella seguente The Hills Behind This Town più ariosa e movimentata, uno dei momenti migliori del disco, con Kym Warner ospite al mandolino. Intima, desertica, quasi spettrale Bristlecone Pine con i bei cori dei Rifters, presenti anche in Before The Great River Was Tamed, composizione lunga e lenta in punta di chitarre di cui i tre sono anche autori. Si apre con un bell’intreccio di corde At The Foot Of The Mountain, le corde delle chitarre e del mandolino, nonché del violino in sottofondo: per scriverla la Gilkyson ha unito le forze al talento di John Gorka, il risultato è splendido e Michael Hearne si unisce ai Rifters per le parti vocali. Don’t Stop Lovin’ Me ha un sapore molto retro, uno swing ballabile condotto dal violino (qui suonato da Richmond) e prelude alla lunga Taoseña Lullabye, ballata in punta di piedi con vaghi accenti d’oltreconfine e con ospite John Egenes all’autoharp che chiude degnamente il disco, anche se per la verità c’è in fondo una breve coda intitolata CM Schottische, ripresa di un’antica square dance strumentale eseguita dai soli Eliza e Don.

Paolo Crazy Carnevale

AMY SPEACE with THE ORPHAN BRIGADE – There Used To Be Horses Here

di Paolo Crazy Carnevale

23 maggio 2022

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AMY SPEACE with THE ORPHAN BRIGADE – There Used To Be Horses Here (Appaloosa/IRD 2022)

Assolutamente riuscito l’abbinamento tra la voce e il songwriting della brava cantautrice di Baltimora col trio degli Orphan Brigade: Ben Glover, Nielson Hubbard e Joshua Britt, quando si mettono a disposizione come artisti e produttori risultano sempre particolarmente convincenti, cosa che se fanno i solisti – lo abbiamo già scritto su queste colonne – non riesce invece loro appieno.

Il disco in questione è stato pubblicato lo scorso anno in America dalla Proper e viene ora distribuito anche nel nostro paese dall’Appaloosa, nella consueta veste che include anche la traduzione dei testi, il tutto mentre in USA è già pronto un nuovo disco della Speace, Tucson, realizzato sempre col contributo dei tre Orphan Brigade.

La titolare, apprezzata come autrice, premiata agli Americana Award Award per il suo disco del 2020, si presenta qui con una serie di canzoni particolarmente ispirate, tanto che il disco è una delle cose migliori ascoltate negli ultimi tempi, in assoluto. Accompagnamenti acustici essenziali, come è un po’ nello stile Orphan Brigade, testi mai scontati, per lo più ispirati a ricordi e vissuto personale della Speace.

Ottima l’apertura affidata a Down The Trail e non da meno la title track che segue a ruota, con un bell’accompagnamento affidato ad un quartetto orchestrale che dona al brano un respiro bucolico/sinfonico. Hallelujah Train è subito una delle perle del disco, composta insieme al trio ha una struttura più robusta, chitarre, mandole, mandolini, una fantastica slide e il drumming essenziale di Hubbard con la voce di Amy che viene sostenuta da un bel coro d’impronta gospel approntato dai compari coautori.

Inizio con gli archi per Father’s Day, altro intimo resoconto legato all’infanzia, in particolare al 1972 e al ricordo di una festa del papà, e sempre al genitore è dedicata la successiva Grief Is A Lonely Land, composizione pianistica (Danny Mitchell a pigiare, anzi sfiorare, i tasti) con background cameristico degli archi.

Sono invece le chitarre acustiche a sorreggere le sorti di One Year, mentre nella piacevolissima Give Me Love, dal bel refrain, un’orchestra in stile film western fa da sottofondo alla chitarra elettrica di Johnny Duke. River Rise è un’altra composizione accattivante, particolarmente cadenzata, con di nuovo Duke in evidenza con l’elettrica e i cori degli “orfani” e di Garrison Starr; la chitarra elettrica di Will Kimbrough (non poteva mancare!) colora invece Shotgun Hearts, altro notevole sforzo compositivo della cantautrice, segue infine Mother Is A Country per archi e pianoforte, con un testo molto bello dedicato alle madri e all’essere madre.

Ma c’è ancora tempo in fondo al disco per un’ultima canzone, una cover stavolta, tratta dal songbook dell’immenso Warren Zevon: Don’t Let Us Get Sick (stava su Life’ll Kill Ya) è qui riproposta in una versione rispettosa, cantata con ispirazione, conspazio per l’elettrica di Duke, per i cori dell’Orphan Brigade e per mandolini e mandole vari.

Paolo Crazy Carnevale

LES FRADKIN – The Cross In The Sky

di Paolo Baiotti

20 maggio 2022

les

LES FRADKIN
THE CROSS IN THE SKY
RRO 2021

Quello di Les Fradkin è un nome che negli Stati Uniti ha avuto momenti di grande notorietà. Produttore, compositore, bassista, chitarrista con la midi-guitar, polistrumentista, appassionato di elettronica e di tecniche innovative di registrazione, negli anni ’70 è stato tra i protagonisti dello show teatrale Beatlemania (interpretando George Harrison), che ha avuto un enorme successo con oltre 1000 repliche solo a Broadway. Nato nel 1951 a New York, ha viaggiato molto nell’adolescenza, iniziando a suonare il piano a dieci anni e passando poi alla chitarra. Nel ’69 è diventato professionista firmando il suo primo contratto come autore per una divisione della CBS, ma dopo pochi mesi si è trasferito alla MGM, dove ha debuttato con un singolo alla fine del ’70, Song Of A Thousand Voices, diventato un hit europeo nella versione francese di Mireille Mathieu e poi in quella spagnola di Roberto Jordan. Nel ’72 e ’73 ha lavorato con The Left Banke. In seguito ha firmato come produttore e autore per la Laurie Records producendo molti artisti e facendo parte dei California, gruppo rock-pop; inoltre ha suonato nel trio Thornton, Fradkin & Unger. Nel 2000 si è trasferito in Colorado, si è sposato e con la moglie Loretta ha creato la RRO Entertainment, una nuova compagnia di registrazioni e di editoria musicale per la quale ha inciso dei dischi da solista e ristampato materiale del passato. Per un breve periodo nel 2004 è entrato nello storico gruppo The Ventures come secondo chitarrista. Nel 2009 la RRO aveva pubblicato già una trentina di album, sfruttando molto il download, tra i quali un omaggio di Les a Bob Dylan e vari omaggi strumentali ai Beatles.
The Cross In The Sky è una raccolta di 9 brani di Fradkin, alcuni in nuove versioni, incisi integralmente dall’artista che suona ogni strumento, dal guitar synth al mellotron, dal basso alle tastiere. Si parte con il pop-rock del primo singolo Under The Covers, che ricorda la scrittura di Billy Joel, con una melodia riconoscibile e un ricco arrangiamento avvolto dai synth. Give My Heart A Break è una morbida rivisitazione della vecchia God Bless California, Magic Attic e Here Today Gone Tomorrow due tracce orchestrali di pop barocco, A Christmas Gone Too Soon una ballata già apparsa sull’album Spirit Of Christmas. Si prosegue con alcune collaborazioni con Michael Brown (Left Banke): As Eagles Fly In The Night, uscita in versione strumentale nel 2015, qui cantata e con influenze strumentali latine e Jesus Can Save che testimonia la fede religiosa di Les, ribadita dall’epico strumentale The Rebirth Of Hope che chiude il disco dopo la delicata ballata Until The End, incisa anche dai Left Banke in un Ep.

Paolo Baiotti

MAURO ZAMBELLINI PRESENTA…

di admin

13 maggio 2022

Allman 26042022 Crema

The Allman Brothers Band. I ribelli del Southern Rock

Appuntamento a Crema il prossimo 28 maggio

Il Southern Rock della Allman Brothers Band si mischierà agli umori della bassa padana in uno di quegli intriganti crossroads che la musica – e quella degli Allman soprattutto – da sempre ci regala.

Sarà un grande piacere avere a Crema sabato 28 maggio alle ore 17 MAURO ZAMBELLINI (sono sicura che non servono presentazioni) per parlarci del suo nuovo, avvincente libro “The Allman Brothers Band. I ribelli del Southern Rock”. Un libro che non è soltanto la storia, dettagliata e completa come poche, della formidabile band, ma che si può leggere come un romanzo appassionante, perchè la vita stessa della band lo è stata, oltre che come la narrazione di un’epoca indimenticabile.

A dialogare con l’autore ci sarà MARCO DENTI (alias Stefano Hourria) e anche per lui non servono presentazioni.

Non provo nemmeno a nascondere quanto sia orgogliosa di avere con noi Mauro e Marco e mai come in questo caso non è esagerato parlare di “occasione imperdibile”, sia per i Cremaschi sia per chi vorrà raggiungerci da più lontano, approfittando magari per conoscere o rivedere la nostra bella città.

Ci vediamo il 28 maggio presso la Libreria Cremasca (via Dante Alighieri n. 20 – Crema) che ringrazio per la gentilezza con cui ci mette a disposizione lo spazio suggestivo delle antiche scuderie, nel magnifico palazzo Terni de Gregorj.

“Ho saputo che Mauro Zambellini sta scrivendo un libro sulla storia della Allman Brothers Band… Deve essere buono di sicuro!… Quindi, cari fan italiani, leggetelo e divertitevi!!!”
(Jaimoe Johanson)