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WENDY WEBB – Silver Lining

di Paolo Baiotti

18 aprile 2024

wendy

WENDY WEBB
SILVER LINING
Spooky Moon Records 2023

Abbiamo già scritto di Wendy Webb nel 2016 recensendo il suo quarto album This Is The Moment. Cantautrice dell’Iowa residente a Sanibel Island in Florida, ha iniziato la sua carriera discografica nel 2004 con Morning In New York, seguito da Moon On Havana (ispirato da un viaggio a Cuba) e da Edge Of Town nel 2012. Nel 2017 ha pubblicato Step Out Of Line che ha ottenuto recensioni positive confermando l’impressione di una cantante dalla voce folk/pop calda, morbida e melodica, accompagnata da una musica che si muove con eleganza tra pop, jazz e blues, avvicinabile nello stile a grandi artiste come Carole King, Laura Nyro, Joni Mitchell, Carly Simon e Norah Jones. Valente cantante e sensibile pianista, afficancata come sempre da John McLane (fiati, archi, batteria, basso, tastiere, chitarre) e Danny Morgan (bongo, chitarra, percussioni) che hanno anche prodotto il disco registrato da McLane, Wendy torna dopo qualche anno di pausa con Silver Lining, un album molto orecchiabile e sosfisticato che sembra destinato a un pubblico più maturo, pur confermando le coordinate musicali del passato tra folk, jazz, pop e blues. La registrazione è stata rallentata e complicata dalla pandemia e da un uragano che ha colpito l’isola di Sanibel, distruggendo anche la casa che condivide con il marito, lo scrittore Randy Wayne White, ma risparmiando lo studio di registrazione.
Seppure composto da brani in parte un po’ troppo leggeri per le nostre orecchie, Silver Lining si lascia ascoltare senza sbalzi, a partire dalla sognante ballata pianistica This Is Love, proseguendo con la latineggiante e rilassata Old Blue Panama, alzando un po’ il ritmo con il soft-rock di Gonna Treat You Right e rallentandolo di nuovo per una cover pianistica di I’ve Grown Accustomed To Your Face da My Fair Lady, interpretata con classe e sensibilità dalla Webb sia vocalmente che al piano. Tra i brani successivi si apprezzano la notturna Timeless Love che ricorda vocalmente Carole King, la mossa I’ve Never Been To Argentina, la romantica Rhythm Of Your Love con il sax di McLane e un’altra interpretazione vocale notevole e la suadente Children On The Blue dedicata al padre, per finire con la ritmata Silver Lining.

Paolo Baiotti

WENDY WEBB – This Is The Moment

di Paolo Baiotti

19 luglio 2016

wendy webb

WENDY WEBB
THIS IS THE MOMENT
Spooky Moon Records 2015

Cantautrice originaria dello Iowa e residente in Florida, pubblica il quarto album di una carriera iniziata nel 2003 con Morning In New York, seguito alcuni anni dopo da Moon On Havana e poi da Edge Of Town nel 2012. Dotata di una voce morbida e melodica, accompagnata da una musica che ondeggia elegantemente tra folk e pop con accenni di jazz e blues, è stata avvicinata a Norah Jones, Joni Mitchell e Jackson Browne, ma la somiglianza maggiore mi sembra con Carole King. Wendy è autrice sia dei testi che delle musiche di quasi tutti i brani, in parte registrati nello studio della musicista con l’aiuto di John McLane (tastiere, basso, batteria, fiati, chitarra), Danny Morgan (chitarra) e Jay Heavilin (basso).
L’opener Venus Is Rocking In The Cradle Of The Moon è un mid-tempo gradevole, debitore di Jackson Browne (con testi del poeta di Nashville Charles John Quarto), mentre This Is The Moment sembra ispirata dal Van Morrison jazzato e Western Channel In the Sky ha il marchio di Carole King nel modo di cantare e nel sottofondo di piano. Echi dei cantautori di Laurel Canyon attraversano le tracce del disco, evidenziando le doti vocali non indifferenti di Wendy, con qualche momento di noia nelle lente My Beating Heart e I Will Remember, superato dalla raffinata You’re My Friend e dal piano di Homespun che richiama il suono di Roy Bittan. L’impronta cantautorale è evidente nel folk pianistico di Big Blue Sky e di Florida, dedicata allo Stato in cui si è trasferita e nella conclusiva Long Day In The Sun, altra dichiarazione d’amore nei confronti del sole e dell’oceano che vede dalla sua casa di Barrier Island.
Un buon disco, forse un po’ uniforme, che negli anni settanta avrebbe avuto più possibilità di essere notato…ma non è detto che sia una colpa!