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VASKO ATANASOVSKI ADRABESA QUARTET – Phoenix

di Paolo Crazy Carnevale

7 febbraio 2021

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VASKO ATANASOVSKI ADRABESA QUARTET
Phoenix
(Moonjune Records 2020)

Sullo scoccare di fine anno la Moonjune Records non si è di certo risparmiata e insieme ad altre interessanti pubblicazioni di cui ci siamo già occupati più o meno diffusamente, ha dato alle stampe questo bel prodotto di matrice balcanica accreditato al sassofonista sloveno Vasko Atanasovski.
L’area blacanica è sempre stata una delle più prese in considerazione dall’etichetta newyorchese, insieme a Spagna e Indonesia, e nel corso degli anni abbiamo avuto modo di ascoltare cose interessanti e originali.
Fedele alla visione globale e internazionalista della Moonjune, Atanasovski ha messo insieme un quartetto che oltre a lui include il fisarmonicista italiano Simone Zanchini (con un curriculum da paura che va dall’orchestra della Scala a Bill Evans, passando per Javier Girotto e Fresu), il batterista e percussionista polacco Bodek Janke e la tuba del francese Michel Godard (già con Sclavis e Rava): il risultato è riuscitissimo e degno di nota, Phoenix è un disco pieno di invenzioni che dà il giusto spazio a ciascun elemento. Va da sé che la matrice dominante è quella della musica tipica dell’area dei Balcani; il disco, inciso sul finire del 2019 si compone di nove tracce (in cui è ospite aggiunto il figlio del titolare alle percussioni) che lasciano parecchio spazio alla fantasia dell’ascoltatore e al virtuosismo dei musicisti. Ascoltando le composizioni (tutte di Atanasovski, tranne la jam finale nata da un’improvvisazione collettiva) non si può non pensare a certe atmosfere rese celebri dalle colonne sonore concepite da Bregovic per i film di Kusturica, ma perché no anche a certi lavori di Rota per Fellini, in certi momenti della lunga Liberation ad esempio, composizione di respiro largo e arioso.
Nella musica di Atanasovski e soci emergono i momenti corali, ma non manca lo spazio per i singoli momenti di gloria, nel suddetto brano che considerata la struttura ben si adatta alla bisogna: il leader si destreggia indistintamente sia al sax alto e soprano che al flauto, il lavoro di Zanchini è poi irrinunciabile e non c’è da stupirsi se sia considerato uno dei maestri assoluti nel suo strumento.
Dalle atmosfere orientali di Thornica all’incedere di Epic Concert, alle riuscite Yellow Sky e The Partisan Song il disco non mostra mai momenti di stanca.