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THE GRAND UNDOING – In A Vigil State

di Paolo Baiotti

21 marzo 2021

grundoing20

THE GRAND UNDOING
IN A VIGIL STATE
Secret Candy Rock 2020

The Grand Undoing è un collettivo di musicisti dell’area di Boston che ha come leader ed elemento unificatore il cantante e chitarrista Seth Goodman, che ha scritto e prodotto (con Ted Powers) il nuovo album In A Vigil State, il quarto della loro storia, a quattro anni da Sparks Rain Down From The Lights Of Love. Se questo album, come i precedenti Appeasing The Sick del 2011 e White Space Flavors And Parties On Tv del 2014, aveva incardinato il suono in un mix di power-pop, prog, psichedelia e punk (le 5P come amano definirle loro), il nuovo disco sterza decisamente verso il power pop, sempre un po’ stralunato, specialmente quando la voce di Seth sembra riecheggiare le tonalità di David Byrne, una delle sue influenze principali con David Bowie ed Elvis Costello.
L’opener Into The Glitter è un’esemplare canzone pop con melodie accattivanti intessute dalle chitarre e un’atmosfera rilassata. A Little Piece Of Ground è più ritmata ed energica, mentre Highway (You Can Ride Away) è una ballata con echi psichedelici nell’assolo di chitarra dai sapori pink floydiani. Il power-pop di Wave, la deliziosa ballata See All I See, il pop di Darkness debitore degli XTC con la pedal steel di BJ Cole e il pop in stile sixties di Sunsetter rendono il disco molto scorrevole, mentre Step In richiama nuovamente le influenze psichedeliche meno presenti rispetto al passato e Silver Songs ha un coro che sembra preso di peso da un disco di Bowie degli anni settanta.
Un disco di pop intelligente e melodico, ben scritto e cantato discretamente, forse a tratti un po’ ripetitivo, concepito, scritto e inciso in un periodo piuttosto lungo con l’aiuto determinante di Ted Powers che, oltre a produrre, ha arrangiato alcuni brani e organizzato le parti corali e della sezione ritmica formata da Dave Westner (basso) e Andy Plaisted (batteria).

THE GRAND UNDOING – Sparks Rain Down From The Lights Of Love

di Paolo Crazy Carnevale

28 gennaio 2017

grand undoing

THE GRAND UNDOING
Sparks Rain Down From The Lights Of Love
(Secret Candy Rock Records/Hemifran 2016)

Terza opera per questa formazione del Massachusetts che più che un gruppo vero e proprio sembra essere un’emanazione del cantante, chitarrista e autore di tutti brani, rispondente al nome di Seth Goodman.

Copertina fantasiosa ma forse eccessivamente anonima – non vi figura neppure il nome del gruppo – ricavata, come tutto il booklet accluso, da fotografie opera del medesimo Goodman, a riprova di quanta parte egli abbia in questo ensemble, tanto da essere l’unico personaggio ricorrente in tutte e dieci le tracce qui incluse.

Fin dalle note di copertina viene dichiarato l’intento di fare un disco di grande pop-rock, a dimostrazione che Goodman ha le idee chiare riguardo alle proprie mire: operazione riuscita, oppure missione compiuta. Che il pop-rock piaccia o non piaccia, qui ci troviamo davvero di fronte ad una bella proposta, molto british per essere opera di una formazione yankee (chi è più yankee dei bostoniani del Massachusetts, culla della rivoluzione americana?), echi di sonorità d’altri tempi, della psichedelia spensierata degli anni sessanta ma anche di quella recuperata su entrambe le sponde dell’oceano Atlantico negli anni ottanta, il tutto approntato alla bisogna di fare breccia nei cuori e nelle menti dell’ascoltatore contemporaneo.

Certo, tra gli intenti dichiarati da Goodman c’è anche quello di dire cose importanti attraverso i suoi testi, e qui non mi sembra di aver riscontrato particolari risultati, ma parliamo di dischi e quel che deve emergere è comunque la musica.
Oltre a tutti gli strumenti che devono esserci in un disco pop-rock, vale a dire chitarra, basso e batteria con un po’ di tastiere, Goodman ama mescolare le carte con l’inserimento di percussioni, seminando qua e là archi e fiati, senza mai appesantire troppo l’amalgama finale di questo disco dal lungo titolo.

Belle le iniziali Sing Yourself Home e Key Biscayne, che ci mettono subito di fronte alla particolare voce del leader (o titolare che dire si voglia), ma molto intrigante è anche Falling From A Plane, in cui il violino lavora molto bene, mentre la più raccolta Lady In Grey vede comparire anche il violoncello. I brani più d’impatto sono Most Of All We Just Go Around che arriva solo a metà disco, e la title track. Due belle canzoni dai refrain accattivanti ed al tempo stesso con una bella costruzione sonora che valorizza i suddetti refrain.

Ma la sorpresa arriva con le due tracce finali in cui fa capolino nell’oculata scelta sonora di Goodman persino la pedal steel guitar di B.J. Cole, storico membro di formazioni britanniche dedite negli anni settanta al country-rock: naturalmente Cole si inserisce alla perfezione nel contesto, seguendo i dettami di taluni colleghi di strumento californiani che della pedal steel avevano fatto un grande veicolo per la musica sognate e dilatata che si produceva alla fine dei sixties nei dintorni di San Francisco e di cui non serve dirvi altro. The Winter, in particolare, dove la chitarra a pedali si fonde bene col sax di Dana Colley, e Anyway The Wind suggellano degnamente il disco grazie proprio all’apporto di Cole, un personaggio che fa sempre piacere rincontrare tra le tracce o i solchi di un disco.