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MICHAEL SCHENKER – Bridge The Gap

di Paolo Baiotti

9 febbraio 2014

Cover Schenker (Bridge The Gap) Solo

MICHAEL SCHENKER
BRIDGE THE GAP
2013 Inakustik

Ha appena compiuto 59 anni il biondo chitarrista tedesco che a soli 17 anni partecipò a Lonesome Crow, album d’esordio degli Scorpions, prima di essere notato dagli Ufo durante il successivo tour americano. Sono lontani i gloriosi e turbolenti anni trascorsi con gli Ufo che hanno prodotto dischi storici come Obsession e Strangers In the Night, le fughe improvvise e i ritorni nella band fino all’addio del ’79 per rientrare provvisoriamente negli Scorpions (in tempo per partecipare in modo decisivo a Lovedrive) e poi avviare una carriera solista inizialmente piena di soddisfazioni. Oggi Schenker continua ad essere ammirato da molti chitarristi e mantiene uno zoccolo duro di appassionati, ma come tanti musicisti degli anni settanta vive soprattutto sulle glorie passate, come dimostrano le scalette dei concerti infarcite di brani delle band sopra citate. Tuttavia Michael non rinuncia a pubblicare nuovo materiale: dopo il Michael Schenker Group, la nuova band si chiama Temple Of Rock e comprende due ex Scorpions, il bassista Francis Buchholz e il batterista Herman Rarebell, oltre al tastierista/chitarrista Wayne Findlay e al cantante scozzese Doogie White, ennesimo vocalist scelto dall’imprevedibile musicista. Dopo l’omonimo album e il doppio Live In Europe, la formazione pubblica Bridge The Gap, ennesimo disco di hard rock classico in linea con la tradizione schenkeriana. Un buon disco, potente ed energico, tutto giocato su tempi veloci o medi, senza tregua ma con un occhio attento alla melodia. White è un buon cantante, che può ricordare il grande Ronnie James Dio o Biff Byford voce dei Saxon, adatto al materiale scritto da Schenker. Il dischetto inizia con l’intro strumentale di Neptune Rising che sfuma nella drammatica Where The Wild Winds Blow, caratterizzata da un intro arabeggiante e da un break acustico. Il riff epico di Lord Of The Lost And Lonely, il mid-tempo maestoso di To Live For The King con un bel finale di chitarra solista, la cadenzata Temple Of The Holy tra Rainbow e Dio con un altro assolo orientaleggiante serrato e incisivo (che deve qualcosa a Ritchie Blackmore), l’evocativa Shine On e l’avvolgente Black Moon Rising si fanno apprezzare, mentre non lasciano traccia le frenetiche Rock And Roll Symphony, Land Of Thunder (vicina al suono dei Saxon) e Because You Lied. Dopo tre quarti d’ora di rock duro l’unica pausa acustica è riservata a chi acquista la deluxe edition che, oltre a una confezione in digipack rigido, comprende la bonus track acustica Faith, cantata da Don Dokken.