THE LONG RYDERS – September November
The Long Ryders – September November (Cherry Red Records 2023)
Sono trascorsi quattro anni da quando la band di Sid Griffin e Stephen McCarthy è tornata a produrre nuovo materiale: dopo lo split del 1987 il gruppo si era ricostituito sporadicamente, unicamente per esibirsi dal vivo. Poi aveva provato con un singolo a presentarsi con materiale nuovo; da lì all’uscire con un ottimo nuovo disco di studio intitolato Psychedelic Country Soul il passo è stato breve, al disco sono seguiti apprezzamenti ovunque e i Long Ryders si sono ricreati una credibilità e un affetto da parte del pubblico sia negli Stati Uniti che in Europa.
Purtroppo nel 2021 è mancato improvvisamente il bassista Tom Stevens, il cui ruolo nella band era importante sia a livello vocale che compositivo; i tre soci però non si sono pianti addosso e lo scorso luglio si sono finalmente ritrovati in California, nello studio di Robbie Krieger per dare un eccellente seguito al disco del 2019.
Innanzitutto, nel disco c’è la bella canzone che avevano realizzato come singolo un anno fa, appena all’indomani della scomparsa di Stevens: il brano, che s’intitola Tom Tom è una composizione eccellente nata praticamente al telefono, vista l’impossibilità del trio a viaggiare a causa del Covid. Appena però la vita è tornata ad una certa normalità, Griffin, McCarthy e Sowders si sono trovati per registrare la canzone, una commovente ballata scritta da tutti e tre col produttore Ed Stasium e sorretta perfettamente dall’armonica e dal mandolino di Sid e parimenti dalla pedal steel di Stephen.
Inutile dire che questa composizione è andata a finire dritta dritta sul disco September November, previsto in uscita per il 10 marzo e che noi abbiamo avuto la fortuna di poter ascoltare in anteprima per intercessione di Griffin e McCarthy.
Si tratta di un disco solido, ben costruito tra brani di atmosfera acustica (prevalentemente opera di Sid, che nel suo eremo londinese tutte le settimane si trova in un pub per delle jam bluegrass insieme a gente del posto) e altri più legati alla natura rock, country rock ma anche psichedelica che è sempre stata il marchio di fabbrica di questo gruppo.
La title track, posta in apertura è una bella canzone con quegli evidenti richiami jingle jangle: Griffin che ne è l’autore ha pensato bene di fondere le atmosfere outlaw d’altri tempi con il tema del crimine informatico che vede qui come parente stretto del furto di cavalli del vecchio west. Seasons Change è invece un classico brano di Stephen, che vi suona delle grandi chitarre e si mostra in grande forma compositiva. Da parte sua il batterista Sowders sostiene energicamente ogni singola nota. Più lenta Flying Down, chitarre twang e la voce di Griffin in uno dei suoi momenti migliori.
Stephen risponde parimenti con una grintosa canzone intitolata Elmer Gantry Is Alive And Well, ispirata al predicatore ciarlatano interpretato da Burt Lancaster in un vecchio film di Hollywood: ritmica sostenuta, il testo cantato in parti uguali dai due chitarristi, giusto per ribadire che all’interno dei Long Ryders la collaborazione è sempre ben accetta e di casa. Hand Of Fate ha qualche reminiscenza di The Band, complice il suono acustico del mandolino di Sid, del violino di Krenza Peacock (che suonava già nei Coal Porters di Sid) e di un sottofondo d’organo alla Hudson.
A questo punto c’è una composizione strumentale di Sid, Song For Ukraine, che indica come il gruppo sia sempre sul pezzo anche a livello di temi affrontati: un quartetto d’archi accompagna chitarre acustiche e mandolino, Sowders ci mette una spolverata di percussioni. To The Manor Born vede di nuovo le incendiarie chitarre stendersi sul tappeto d’organo, bella la struttura che a tratti ricorda Neil Young, anche nel break di chitarra.
That’s What They About Live è un altro brano d’ispirazione acustica firmato da Sid, svisate swing rimandano direttamente a Django, la Peacock è di nuovo presente al violino.
Ancora chitarre acustiche e violino sono la base di Country Blues, stavolta l’autore è Stephen; segue il brano dedicato Tom Stevens e la breve e ancora acustica Until God Takes Me Away con la voce di Sid, poi il gran finale con il ripescaggio di una composizione del defunto bassista, già apparsa sul suo terzo disco come solista. Flying Out Of London era una bella canzone ispirata dallo scioglimento del gruppo all’indomani del tour di Two Fisted Tales. I Long Ryders l’hanno spogliata del suo abito originale, tenendo la voce e il basso dello scomparso compare e le voci femminili della figlia di lui, Katheryn: il risultato è un altro bell’omaggio a Tom Stevens, la ballata è una commovente dedica e l’arrangiamento è vincente, con il mandolino sempre suonato da Griffin e le chitarre (elettrica e pedal steel) di McCarthy che si srotolano sul tappetto dell’organo probabilmente suonato da Ed Stasium.
Una fine migliore per un signor disco non ci poteva essere: e a ben vedere anche se questo in definitiva è solo il quinto di studio del gruppo, viene da notare che non ce ne sia uno che non valga la pena di avere.
Paolo Crazy Carnevale
Tags: Long Ryders, Sid Griffin