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JOHN MAYALL: La storia del blues a Fontaneto D’Agogna.

di Paolo Baiotti

7 aprile 2019

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JOHN MAYALL: LA STORIA DEL BLUES A FONTANETO D’AGOGNA.

Sabato 30 marzo il Phenomenon di Fontaneto D’Agogna, nei pressi di Borgomanero, ha ospitato l’ottava e ultima data italiana del tour europeo di John Mayall, il decano del blues inglese.
A 85 anni, compiuti il 29 novembre del 2018, John non solo continua a pubblicare con regolarità (quattro dischi in studio e uno dal vivo negli ultimi sei anni), ma si sottopone a tour che artisti molto più giovani faticherebbero a sopportare. Quello in corso prevede 40 date in 48 giorni in 14 paesi. Inoltre l’artista tutte le sere prima del concerto vende personalmente al banco del merchandising i suoi dischi e subito dopo, senza riposarsi un attimo, si mette a disposizione per autografi e saluti. Evidentemente ha deciso di suonare finchè le forze lo sostengono ed è uno dei motivi del rispetto e dell’affetto del pubblico che lo ha accolto con un’ovazione quando è salito sul palco del locale, completamente esaurito.

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Un po’ piegato, ma vitale e lucido sia nel suonare che negli intermezzi parlati nei quali ha infilato qualche battuta fulminante dimostrando una notevole ironia, Mayall si è diviso tra hammond, suonato solo nel primo brano Dancing Shoes, piano elettrico e chitarra (rettangolare e leggera, un modello ad hoc costruito per lui), senza trascurare l’armonica. A parte qualche esitazione con la chitarra si è disimpegnato egregiamente, sempre in piedi, aiutandosi con un quaderno per ricordare i testi delle canzoni. La scaletta varia ogni sera e non di poco: a Fontaneto ha eseguito due soli brani dal nuovo disco, The Moon Is Fool e It’s So Tough, ripescando chicche dimenticate come One Life To Live e lo slow A Dream About The Blues da Chicago Line dell’88. Un discorso a parte lo merita la band, a partire dalla collaudata sezione ritmica di Jay Davenport (batterista presente dal 2009) e Greg Rzab, formidabile bassista già con Otis Rush e Buddy Guy che, entrato nella band nel ’99, è uscito l’anno dopo per suonare con i Black Crowes e con i Gov’t Mule, ma è tornato in pianta stabile nel 2009. Per un certo periodo hanno suonato in trio, senza chitarra, poi Mayall ha deciso di assumere una nuova chitarrista, Carolyn Wonderland, texana di Houston, che ha già inciso una decina di dischi da solista o con The Imperial Monkeys. Una decisione che dimostra l’eterna voglia di rinnovarsi del bluesman e la sua innata capacità di trovare musicisti poco conosciuti da valorizzare, come ha fatto in modo clamoroso negli anni sessanta (Eric Clapton, Peter Green, Mick Taylor solo per citare i chitarristi) e anche in seguito (Coco Montoya, Walter Trout, Buddy Whittington e Rocky Athas in tempi più recenti). La Wonderland ha rivitalizzato la band, con la sua energia, la sua capacità di chitarrista fluida e grintosa e le doti vocali non indifferenti, tanto che ha cantato un paio di brani tra i quali la sua Two Trains, con un riff ispirato da You Don’t Love Me, tratta dall’album Peace Mill del 2011.

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Il concerto non ha avuto un momento di stanca, con particolari note di merito per il mid-tempo Dirty Water tratto da Stories, una traccia ecologista scritta da Buddy e Julie Miller, una scintillante Help Me (Sonny Boy Williamson), una lunga Chicago Line con spazio solista per la sezione ritmica e il bis Looking Back, una delle poche riprese dagli anni sessanta.

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Una serata che ha riproposto ancora una volta la magia del blues e il temperamento dell’indomito musicista originario di Macclesfield, che ha esordito con un singolo nel ’64 e che quindi sta festeggiando nel modo migliore 55 anni di carriera, sul palco e con il nuovo brillante album Nobody Told Me.