THE LONG RYDERS . Torino, Blah Blah, 11/10/2023
Dopo alcune reunion temporanee tra il 2004 e il 2014 i californiani Long Ryders sono tornati stabilmente insieme in seguito alla pubblicazione del box Final Wild Songs (Cherry Red 2016) che ha raccolto i tre dischi pubblicati negli anni ottanta e altro materiale in studio e dal vivo, in gran parte inedito. Il quartetto classico formato da Sid Griffin e Stephen McCarthy (voce e chitarra), Tom Stevens (basso e voce) e Greg Sowders (batteria) dopo una serie di concerti ha registrato in studio Psychedelic Country Soul, pubblicato nel 2019 e accolto positivamente soprattutto in Europa dopo il quartetto ha sempre avuto una discreta popolarità, specialmente in Gran Bretagna e Spagna. Il successivo tour ha attraversato il nostro continente con tre date italiane a Chiari (ne abbiamo scritto sul n. 138 di LFTS), Ravenna e Sarzana. Poi c’è stata la pandemia e il 23 gennaio 2021 l’improvvisa morte di Stevens, eccellente bassista, voce solista, corista e autore. Il gruppo ha deciso di continuare incidendo nel 2022 September November, pubblicato quest’anno dalla Cherry Red, sostituendo Tom con Murry Hammond dei texani Old 97’s e tornando finalmente in tour. Dopo alcune date spagnole e una francese hanno raggiunto l’Italia facendo tappa al Blah Blah di Torino, dopo la serata di Savona e prima di quella romana.
Il gruppo ha confermato di essere ancora unito ed energico, affiancando allo storico materiale degli anni ottanta i brani dai due album post-reunion che si sono dimostrati all’altezza del passato. Considerati tra i protagonisti dell’alternative-country e dell’Americana, esponenti del californiano Paisley Underground con Dream Syndicate, Rain Parade, Three O’Clock e Bangles, fortemente influenzati da Byrds e Buffalo Springfield, i Long Ryders hanno aperto la serata con la ritmata accoppiata Tell It On The Judge On Sunday e You Don’t Know What’s Right, entrambe tratte dall’esordio Native Sons, seguite dalla più recente All Aboard (scritta da Griffin e Stevens) e dalla title track del nuovo album. Nella parte iniziale del concerto si è notata quale imperfezione, soprattutto da parte di Griffin che rappresenta l’anima più scherzosa del quartetto (un paio di volte si è divertito a salutare il pubblico con dei messaggi in italiano dal telefonino), mentre McCarthy si è dimostrato più concentrato e rigoroso, puntuale sia alla voce che alla chitarra ritmica e solista. I due si sono alternati alla voce, mentre Hammond ha collaborato ai cori (meno efficace di Stevens). Con la cavalcata di State Of Our Union, la ballata Two Kinds Of Love e la byrdsiana Ivory Tower il concerto è decollato proseguendo, per citare i brani migliori, con la cover di Mr Spaceman dei Byrds cantata da Hammond, la melodica Greenville da Psychedelic Country Soul, il western/country Gunslinger Man e la travolgente Lights Of Downtown. Dopo una breve pausa, senza lasciare il piccolo palco, hanno ripreso un po’ a sorpresa The Shape I’m In (Robbie Robertson), chiudendo la serata con la travolgente Looking For Lewis And Clark, la traccia di maggiore successo della loro storia che apriva il secondo album State Of Our Union.
Un concerto divertente e brioso che ha avvalorato la vitalità del quartetto californiano.
Paolo Baiotti (foto di Michele Marcolla)
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