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BOB DAISLEY AND FRIENDS – Moore Blues For Gary/A Tribute To Gary Moore

di Paolo Baiotti

25 novembre 2018

moore

BOB DAISLEY AND FRIENDS
MOORE BLUES FOR GARY – A TRIBUTE TO GARY MOORE
EarMusic 2018

Gary Moore ci ha lasciato all’improvviso il 6 febbraio 2011. Bob Daisley, bassista, autore e produttore che ha lavorato con nomi importanti del rock (Chicken Shack, Mungo Jerry, Ozzy Osbourne, Rainbow, Black Sabbath…) è stato amico di Gary, facendo parte della sua band negli anni ottanta tra l’84 e l’88, gli ha suggerito la svolta blues e ha collaborato con lui anche in questa fase importante del suo percorso, a partire da Still Got The Blues (1990). Australiano di nascita, si è formato come musicista in Inghilterra, tornando più stabilmente in Australia nel nuovo millennio, dove ha fatto parte degli Hoochie Coochie Men, band di rock blues composta con il cantante e chitarrista Tim Gaze e il batterista Rob Grosser, nella quale ha militato anche Jon Lord dopo avere lasciato i Deep Purple. Daisley e Grosser sono la sezione ritmica principale in questo tributo e anche Gaze contribuisce attivamente. Ovviamente i “friends” sono musicisti legati a Gary o suoi ammiratori che hanno partecipato con entusiasmo al progetto, rivolto principalmente alla fase blues con qualche ripresa dal periodo precedente e con l’aggiunta di due brani di Bob, The Blues Just Got Sadder cantato da Joe Lynn Turner (Deep Purple e Rainbow) con Steve Lukather alla chitarra e This One’s For You suonato con i figli di Moore, Gus alla voce e Jack alla chitarra. Non ci sono versioni clamorose o rivoluzionarie, vengono rispettati gli originali con qualche personalizzazione, come l’armonica nell’introduzione della ballata Empty Rooms cantata da Neil Carter (tastierista di Gary negli anni ottanta) o la voce inconfondibile di Glenn Hughes che connota di soul Nothing’s The Same, brano intimo da After Hours (1992). Spiccano le versioni di Still Got The Blues For You, impreziosita dagli assoli espressivi di John Sykes (Whitesnake, Thin Lizzy) e dalla voce di Danny Bowes (Thunder), lo strumentale The Loner con la chitarra di Doug Aldrich (Whitesnake, Dio) e le tastiere di Don Airey (Rainbow, Deep Purple), la lenta e cadenzata Torn Inside da Power Of The Blues (2004) con Stan Webb (Chicken Shack) alla voce e chitarra che ricorda le atmosfere dei Fleetwood Mac di Peter Green (uno dei principali riferimenti di Moore) e la struggente Parisienne Walkways, top ten inglese nel ’78, incisa da Gary su Back On The Streets con l’amico Phil Lynott alla voce solista. In questa versione spiccano la chitarra di Steve Morse (Deep Purple, Dixie Dregs, Kansas) e la voce di Ricky Warwick che, non a caso, ha cantato nei Thin Lizzy riformati dopo la morte di Lynott. Un paio di brani convincono di meno, mi riferisco alla grintosa Power Of The Blues e alla grezza Texas Strut, in cui è doveroso segnalare la voce di Brush Shields che fece parte degli Skid Row, gruppo irlandese di fine anni sessanta in cui militarono Moore e Lynott. Moore Blues For Gary è un tributo appassionato, che ha il merito di ricordare un musicista dimenticato troppo rapidamente.