Mick, Keith e…la festa di compleanno

Più che una recensione questo è il racconto di un’iniziazione, del battesimo nel fiume sacro (o profano?) del rock’n'roll di una ragazzina che, per i suoi dieci anni, non ha ricevuto la solita bambola…

Per questo, a insindacabile giudizio della redazione, si è deciso che meritasse un posto tutto suo…Long May You Run, Sonia Cheyenne…  

A_bigger_bang   

Sono cresciuta in una famiglia dove i Rolling Stones sono sempre stati considerati i mostri sacri del rock ‘n’ roll per antonomasia, ma alla tenera età di 10 anni per me non erano altro che un costante sottofondo musicale in casa, e poi, per fortuna o sfiga, mia madre arrivò un giorno dicendomi: “il 25 agosto (correva l’anno 2005) saremo a Boston al concerto degli Stones e ci sarai anche tu, questo è il tuo regalo di compleanno. Fidati, ti cambieranno la vita“. In quel momento non seppi che dire! Io, ma proprio io, sarei andata a un concerto a Boston, a vedere quelle tanto venerate divinità di cui non mi ero mai sinceramente interessata; il mio unico pensiero fu: e adesso? Passai giorni e giorni a studiare i libri contenenti i testi e ad ascoltare tutti, ma dico tutti i CD e facendo quindi una full-immersion. Alla fine, dopo tutto questo sforzo, arrivò quel tanto aspettato giorno. Non lo scorderò mai, penso. Ricordo ancora la caoticità della città e il subbuglio poche ore prima dell’inizio attorno allo stadio dei Red Socks; si sudava, nonostante il freschino che c’è costantemente a Boston, per la sovreccitazione. Fu la mia prima volta in quella città, la prima volta in uno stadio di baseball, la prima volta che vidi gli Stones e anche la prima data americana del tour di Bigger Bang, quindi potete immaginarvi quanto fossi felice. Fu un concerto che, come mi aveva preannunciato mia madre, mi cambiò la vita, non la credevo una cosa possibile eppure successe. Ricordo che quando finì il concerto dissi: “voglio andarli a vedere anche a Milano“. E ci andai. Un anno dopo li rividi, l’11 luglio 2006, il giorno dopo la vittoria dei mondiali di calcio da parte dell’Italia e fu anche la prima data europea del tour. Penso che la concatenazione dei piccoli e grandi eventi attorno a queste due indimenticabili date mi fecero entrare nel cuore l’album A Bigger Bang più di qualsiasi altro loro disco. Per alcuni forse non è niente di speciale, ma per me è  qualcosa che mi rimarrà per sempre incastonato nel cuore, è per questo che ho deciso di scrivere riguardo il loro ultimo album. Per cui ora direi che sia il caso di parlare un po’ di alcuni pezzi dell’album. La prima canzone è Rough Justice, decisamente d’impatto, forse addirittura la sua potenza la rende ruvida (rough) ed è anche una delle hit: questo album ne contiene parecchie e sono dell’idea che un po’ tutte le canzoni suonino così, ma le più conosciute sono, oltre a quella sopracitata, ad esempio la bellissima Rain Fall Down, il cui videoclip che è stato mandato in onda nei canali musicali, la rende ancora più incisiva. Quella che è rimasta più impressa nei fan, e non, dell’Italia è Streets Of Love: il contratto con la Vodafone l’ha fatta canticchiare a milioni di persone. A parer mio è si molto carina e orecchiabile, ma la preferita rimane sempre Let Me Down Slow, un po’ una ballata, un po’ una scarica di elettricità ed è la canzone che mi ha maggiormente toccato il cuore. Back Of My Hand è un pezzo blues che riporta gli Stones un po’ forse alle origini e Jagger ci rapisce con la sua armonica. Infine, vorrei dedicare due righe anche alle canzoni di Richards, This Place Is Empty e Infamy: la prima è una splendida ballata strappalacrime, Keith è riuscito ancora una volta a emozionarmi e a emozionare. Dell’altra, che dire, forse non era la canzone migliore per chiudere l’album, lo reputo infatti l’unico errore che abbiano fatto in Bigger Bang, personalmente ho iniziato ad apprezzarla dopo parecchio tempo, anche perché d’impatto non risulta un pezzo così buono. Molte delle persone alle quali ho chiesto un parere mi hanno risposto: “Infamy è appunto un pezzo infame”, ma forse bisogna solo imparare ad assimilarla. A Bigger Bang è stato riempito di critiche e sinceramente non riesco a capirne il perché, forse le persone non riescono  a vedere più nulla al di fuori di Exile On Main Street, io reputo questi soggetti non degli intenditori, ma null’altro che degli ottusi, incapaci di aprirsi alle novità. Posso comprendere delle critiche per l’album Undercover ma non per A Bigger Bang.

 Sonia Cheyenne Villa

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