Where have they been?

Ecco i giovani, un peso sulle loro spalle
Ecco i giovani, dove sono stati?
Abbiamo bussato alle porte delle camere più scure dell’inferno
Spinti al limite, ci siamo trascinati a forza
Guardammo dalle quinte mentre venivano rifatte le scene
Ci vedemmo ora come non ci eravamo mai visti
Il ritratto dei traumi e delle degenerazioni
Le pene che avevamo sofferto e di cui non ci eravamo mai liberati
Dove sono stati?

Stanchi dentro, ora i nostri cuori sono persi per sempre
Non possiamo rimpiazzare la paura o le emozioni dell’inseguimento
Queste cerimonie svelarono la porta per il nostro vagabondaggio
Aperta e chiusa, poi sbattuta sulla nostra faccia
Dove sono stati?

(Decades -1980)

Con queste parole, sulle note di un nastro rallentato fino all’arresto, finiva, con Closer (1980), la parabola artistica dei Joy Division. La loro avventura umana si era già tragicamente infranta, poche settimane prima della pubblicazione dell’album, nelle risacche della coscienza di Ian Curtis, voce e immagine della formazione, che pagò con la vita stessa la propria ansia di vivere e di dare un senso nuovo e necessariamente diverso alla propria esistenza.
E’ un tragico momento quello del passaggio dalla giovinezza alla vita adulta, un passo delicato che si compie in genere con la disillusione e la rinuncia ai propri sogni, con l’accettazione di nuove regole e di un nuovo modello di vita; Ian, novello eroe romantico, non volle o non seppe saltare questo steccato e perse la battaglia decisiva contro i fantasmi che si portava dentro, gli stessi fantasmi che avevano in fondo generato la sua Arte.
E’ essenzialmente per questo, per questa malattia inguaribile di cui soffrono gli animi sensibili, che i Joy Division sono e saranno sempre una spina in fondo al cuore per chi, adolescente allora, temporeggia ancora oggi nel crescere e nell’accettarsi adulto, come del resto per chi, adolescente oggi, si accosta per la prima volta alla loro musica.

(da “Joy Division-Here Are The Young Men” di M.Tagliabue LFTS n.49)

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