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Elegia del grigio

di Marco Tagliabue

30 maggio 2011

Non avevo mai pensato che mi sarei trovato
A letto tra le pietre
Le colonne sono tutti uomini
Che vogliono solo schiacciarmi
Nessuna forma si muove sui laghi scuri e profondi
E non ci sono bandiere che mi riportino a casa

Nelle grotte
Tutti i gatti sono grigi
Nelle grotte
Le trame mi ricoprono la pelle
Nella cella della morte
Una sola nota
Risuona ancora ed ancora ed ancora…

 

Teo

Prima del nero di ordinanza, prima dei colori ritrovati di un tramonto lungo e sereno del quale forse avremmo preferito non essere testimoni, ci fu un tempo in cui gli incubi e le visioni di Robert Smith si tinsero irrimediabilmente di grigio, come i gatti che affollavano quella cella in cui lo imprigionavano i propri fantasmi, nelle profondità abissali di una malinconia che era anche orgoglioso e  compiaciuto distacco da una vita normale, da un mondo normale. I confetti wave appena sporcati da una lacrima di malessere adolescenziale di “Three Imaginary Boys” (1979) virarono ben presto nelle tinte seppia di “Seventeen Seconds” (1980), ma il suo grigio chiaro era ancora attraversato, qua e là, da una spruzzata di colore. 

Teo

L’immagine sfocata, quasi astratta, che compare sulla copertina di “Faith” (1981), sprofonda il mondo di Robert Smith in una nebbia fittissima ed impenetrabile: un grigio totale che copre tutto, nasconde ogni cosa e deforma qualsiasi immagine modificandone i contorni. Così le rovine della Bolton Abbey, una vecchia abbazia dello Yorkshire che popolava gli incubi notturni del piccolo Robert, viene trasfigurata in un soggetto irriconoscibile, e la pianta in primo piano assume le sembianze di un groviglio di rami scheletrici, quasi fosse l’artiglio di una strana creatura mostruosa della quale si può solo immaginare il resto del corpo. La realtà, insomma, non viene più rappresentata come quello che appare agli occhi, ma viene costantemente filtrata, trasformata, deformata dal mondo del sogno o, più spesso, da quello dell’incubo.

Teo

Sulle note lente e solenni di questa splendida marcia funebre, sui suoi bassi cavernosi, sulle tastiere eteree e maestose, sulla voce di Robert Smith che entra in sordina, quasi senza disturbare, e se ne va poco dopo trascinata dal lento fluire dello strano corteo per sparire in fondo ad esso senza quasi lasciare traccia, in tanti abbiamo costruito una dimensione parallela, intima, assolutamente personale; abbiamo scovato un malessere al quale non abbiamo più permesso di abbandonarci perchè, in fondo, rappresenta sempre un rifugio sicuro. Uno dei pochi. La malinconia nella quale, ogni tanto, è bello sprofondarsi, al riparo da tutto e da tutti, in compagnia dei propri pensieri e di quei bilanci che chiudono sempre in perdita.

Faith

Bolton Abbey 2

Special Guest: Teo

Frattaglie di (puro) vinile…10

di Marco Tagliabue

31 luglio 2010

Disintegration…A venti (più uno, per la verità) anni dalla sua pubblicazione, riedizione “deluxe” dell’ultimo capolavoro dei Cure più decadenti (ma sarebbe meglio dire dei Cure…e basta), lo splendido “Disintegration” del 1989. Doppio vinile 180 gr. rimasterizzato dai nastri originali di Robert Smith (e, una volta tanto, si sente…) con l’aggiunta dei due brani presenti all’epoca, per ragioni di spazio, solo sull’edizione in CD, “Homesick” e “Untitled”…

Woven Hand…salutiamo con una lacrimuccia il ritorno della mitica label tedesca Glitterhouse alle pubblicazioni in vinile…ne sono un (ottimo) esempio recente, gli ultimi album di Woven Hand “The Threshingfloor” e Dirt Music “BKO”, oltre ai Lilium di “Felt” o al Jeffrey Lee Pierce Session Project di “We Are Only Riders”. Era più o meno dai tempi dei Nirvana (la Glitterhouse, lo ricordiamo, curava la distribuzione europea dei dischi della Sub Pop) che non giravano manufatti vinilici con il logo dell’etichetta di Beverungen…

National…bellissima edizione in doppio vinile dell’ultimo, ottimo album dei The National, “High Violet”. Oltre a quella canonica, una serie limitata in vinile color -non potrebbe essere altro- viola. Davvero molto buona la resa sonora, merito anche della scarsa compressione dei solchi in poco più di quarantasette minuti di musica suddivisi in quattro facciate. Artefice di tutto ciò è la mitica 4AD, che sembra tornare prepotentemente in voga…

The Books…molto curiosa l’edizione in vinile che la Temporary Residence ha approntato per il nuovissimo album del duo folktronico dei The Books.  Doppio album con l’ultima facciata “incisa”, ma non nel senso canonico del termine, e, soprattutto, con un gran numero di sticker adesivi attraverso i quali il titolo è stampato con differenti composizioni cromatiche. Alla fantasia del possessore l’ardua scelta e la minuziosa opera di composizione del titolo in copertina…

Radios Appear…la 4 Men With Beards ristampa in vinile pesante 180 gr. il primo seminale album dei Radio Birdman “Radios Appear” nella “overseas version”, ovvero nella stampa approntata dalla Sire nel 1978 per il mercato inglese e americano dopo la pubblicazione della prima versione, dal medesimo titolo ma con copertina diversa, sul mercato australiano l’anno precedente. Qualche piccola variazione anche nella scaletta, priva di classici quali “Love Kills”, “Monday Morning Gunk” e la fulminante cover della stoogesiana “T.V. Eye”, ma con cinque brani di caratura non inferiore altrimenti inediti: “What Gives?”, “Non Stop Girls”, “Aloha Steve And Danno”, “Hit Them Again” ed un’incredibile cover di “You’re Gonna Miss Me” dei 13th Floor Elevators…

Spiritualized  …Plain Recordings invece si cimenta nella riedizione in doppio vinile pesante 180 gr. di un classico assoluto del rock indipendente degli anni novanta, “Ladies And Gentlemen We Are Floating In Space” degli Spiritualized dell’ex Spacemen 3 Jason Pierce, edito in origine nel 1997 dalla Dedicated, che ne approntò anche all’epoca una rarissima stampa in doppio album. Un disco che ai tempi fece meritatamente sfracelli fra pubblico e critica, con buona pace dell’invidiosissimo ex socio Sonic Boom…

FaustDalla storica Recommended Records, un eccezionale programma di ristampe, limitate, in puro vinile 180gr. Con la serie “Classic Reissues”, riscopriremo le discografie di Henry Cow, Art Bears, Faust, Slapp Happy, Amm, This Heat, The Work… dagli anni settanta, il summa della più intensa stagione del rock sperimentale europeo.

 Gruppi storici e musiche altamente Art Bears raccomandate,  torneranno finalmente a risuonare, attraverso la vibrazione del loro supporto originario. La prima serie di pubblicazioni include il celeberrimo “The Faust Tapes”, il terzo e per certi versi più geniale album dei folli sperimentatori di Wumme, edito in origine nel 1973 dalla Virgin e costituito da 26 più o meno lunghi frammenti “cuciti” fra di loro in un’unica composizione di tre quarti d’ora. L’album più venduto dei Faust, anche grazie ad un abile strategia promozionale della label che lo vendette all’epoca a 49 pence, più o meno il prezzo di un singolo. Tocca poi a “Hope And Fears”, il primo album del 1978 degli Art Bears, band emanazione diretta degli Henry Cow Henry Cowcostituita da Chris Cutler, Dagmar Krause e Fred Frith a mezza strada fra sperimetazione e forma canzone.  Non ha invece bisogno di presentazioni la, per il momento, terza produzione, ovvero il primo omonimo album degli Henry Cow, altrimenti noto come “Leg-End”, edito dalla Virgin nel lontano 1973. Gli Henry Cow, che in questa formazione erano costituiti da Fred Frith, Chris Cutler, Tom Hodgkinson, Geoff Leigh e John Greaves, rappresentarono il perfetto trait d’union fra la scena di Canterbury ed il mondo utopico e radicale del cosiddetto “Rock In Opposition”…        

 ”Questa musica fu concepita per il vinile, ovvero, fu equalizzata per ricevere il meglio, attraverso un sistema riproduttivo analogico, alimentato da vibrazioni fisiche… 
Tra trent’anni, molti cd, hard discs e ipods, saranno, talmente sorpassati, o così danneggiati, da non poter più funzionare, mentre questi LP, continueranno a mantenere salvo il loro contenuto, per secoli…”

(Chris Cutler)