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Kevin Kastning & Mark Wingfield – Rubicon I/Kevin Kastning & Soheil Peyghambari – The First Realm

di Paolo Crazy Carnevale

16 aprile 2021

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Kevin Kastning & Mark Wingfield – Rubicon I (Greydisc 2021)
Kevin Kastning & Soheil Peyghambari – The First realm (Greydisc 2021)

Kevin Kastning è un artista molto prolifico, solo nei primi mesi di quest’anno sono già usciti tre dischi a suo nome, con collaboratori diversi e, di conseguenza, connotazioni diverse.
Il connubio tra Kevin Kastning e Mark Wingfield è ormai consolidato da parecchi anni di collaborazione e sperimentazione musicale in coppia che hanno dato origine ad una decina di dischi e questo Rubicon I prelude all’uscita a breve di una seconda parte del progetto.
Un progetto registrato addirittura nel 2018 e probabilmente tenuto a lungo nel cassetto per non inflazionare il mercato, su cui i due musicisti sono ampiamente presenti anche con progetti differenti.
Il disco in questione, registrato allo studio Traumwald in Massachusetts, è frutto di un lavoro introspettivo e molto sperimentale, con composizioni di media lunghezza, eccezion fatta per la chilometrica e conclusiva Particle Horizon.
Kastning si occupa qui del piano, ma ovviamente non rinuncia ad imbracciare le sue chitarre dalle peculiari sonorità molto elaborate, in particolare nel brano d’apertura Event Horizon o in Loop Quantum dove l’elettrica del socio dialoga con i particolari suoni della sua diciassette corde(!).
Ovviamente non si tratta di musica particolarmente digeribile vista l’attitudine di entrambi alla sperimentazione e alle dissonanze.
L’americano Kastning è poi anche una sorta di liutaio che elabora da sé alcuni dei modelli che suona nei suoi dischi e nei concerti, chitarre a doppio manico, con corde di risonanza che permettono di ottenere timbri e suoni che variano di volta in volta a seconda degli effetti usati e delle prestazioni desiderate.
L’inglese Wingfield invece, pur essendosi fatto le ossa in ambito jazz-rock, con Kastning condivide la passione nei confronti di una sorta di musica classica di stampo contemporaneo che sta alla base delle composizioni.
Nella fattispecie, come si diceva, pur essendo presente anche con le sue chitarre, Kastning è qui particolarmente impegnato al piano lasciando ampio spazio alla chitarra elettrica di Wingfield. Ogni composizione è una sorta di paesaggio sonoro a sé stante, un po’ nella scia di certe pubblicazioni di casa ECM, e non è quindi un caso che anche il concept grafico di Rubicon I si rifaccia piuttosto sfacciatamente a quello delle pubblicazioni dell’etichetta bavarese.
Diversa la natura del disco in coppia col clarinettista iraniano Soheil Peyghambari: si tratta infatti della prima collaborazione tra i due artisti e stando alle note di copertina, l’intesa tra i due è stata tale che potrebbe evolversi in un progetto in divenire come quello con Wingfield o con altri colleghi.
Si tratta come sempre di elaborate composizioni che si sviluppano attorno ai dieci minuti ciascuna, ma senza connotazioni elettriche e pianoforte: qui Kastning si dedica solo alle sue creature, la contrachitarra a due manici (una sorta di chitarra che si suona in verticale come il contrabbasso ed ha ben trentasei corde, e la chitarra classica ibrida, che di corde ne ha diciassette, alla faccia della scaramanzia.
Soheil Peyghambari, che vive tra il suo paese e la Francia, ha un curriculum meno lungo, essendo più giovani, ma le sue produzioni hanno già destato molti interessi in ambito fusion, e non è passato inosservato alle orecchie di Kastning che lo scorso gennaio (il disco è quindi freschissimo di registrazione, oltre che di stampa) lo ha voluto al suo fianco.
Il risultato della collaborazione è un disco dalle atmosfere acustiche e cupe in cui i toni più brillanti delle multi corde dell’americano si combinano con quelli molto bassi del clarinetto basso del suo pard. Se nel disco con Wingfield si può parlare di paesaggi sonori, in questo la classificazione sfugge e l’indirizzo sembra incastonarsi più verso quella concezione di musica classica contemporanea tanto cara al chitarrista.

Paolo Crazy Carnevale

The First Realm-cover

Kevin Kastning, Sàndor Szàbo & Balàsz Major – Ethereal IV

di Paolo Crazy Carnevale

27 gennaio 2021

Ethereal IV cover

Kevin Kastning, Sàndor Szàbo & Balàsz Major – Ethereal IV (Greydisc 2021)

La collaborazione tra il chitarrista ungherese Sàndor Szàbo e quello americano Kevion Kastning è cominciata pochi anni fa, quando entrambi già parecchio affermati nel loro ambito musicale, quello della ricerca e dell’esplorazione di nuove sonorità hanno deciso di unire le forze per un disco in duo. Per quanto solitamente iimpegnato come chitarrista acustico, l’ungherese per queste collaborazioni, così come per un’altra serie di produzioni (composta a sua volta di ben nove dischi) si occupa di svariate chitarre elettriche, mentre l’americano si detreggia con una chitarra speciale a trenta corde che sembra un’arpa. Con loro c’è poi il percussionista Balàsz Major, fedele collaboratore si Szàbo.

Il connubio è nato nel 2018 all’indomani di un tour acustico di Szàbo, un tour con artisti di caratura internazionale tra i quali figurava anche Kastning, un tour che però lo aveva lasciato insoddisfatto, il fatto di lanciarsi in questa nuova avventura con Kastning si rivelò invece subito una sfida stimolante proprio per la sua diversità dalla routine del tour.

Il disco è stato registrato il 15 maggio di quell’anno in una serie di sedute che nel giro di una giornata hanno fruttato una più dischi, in duo o trio (il primo uscito nel 2019 col titolo di Kisnaros, dal nome della città nella cui concert hall, a porte chiuse, si sono tenute le sedute) tutti basati su una forte improvvisazione di non certo facile assimilazione o digeribilità.

Una cosa, se ci è concesso dirlo, molto per addetti ai lavori e poco per il pubblico.

Una cosa che però ha però evidentemente soddisfatto parecchio i musicisti, per via della possibilità di agire e suonare in totale libertà, nonostante l’americano avesse a disposizione solo la chitarra con le trenta corde, unico strumento portato in Europa Ungheria per il tour antecedente le sedute di registrazione.

Il disco, si compone di sei tracce, di lunghezza oscillante tra i cinque e i nove minuti, tutte all’insegna di una musica spaziale e sperimentale rigorosamente strumentale e senza schemi. A nostro giudizio eccessivamente ardita.