JAY BYRD – At Home Again

JAY BYRD
AT HOME AGAIN
Triad Records 2022

Jason (Jay) Byrd è un musicista originario della North Carolina in attività dalla tarda adolescenza. Poco più che ventenne ha formato il trio rock-blues The Groov con Kerry Brooks con il quale collabora tuttora e poi nel ’96 si è unito ai Wavy Train, cover band dei Grateful Dead che, anche per merito delle sue canzoni, si sono evoluti creando un suono personale. Nel 2001 si è spostato nell’area della capitale virando verso l’americana, scrivendo e suonando brani originali con la band South Rail (3 ep e due album) e da solista (l’esordio Busy Day è del 2003). In questo periodo ha aperto date di Little Feat, Cary Morin, Kevin Gordon e diviso il palco con String Cheese Incident, Tom Constanten e Steve Winwood tra gli altri.
In realtà più che all’americana At Home Again fa riferimento alla musica californiana degli anni settanta, ad un country rock morbido, melodico ed elettroacustico, a ballate un po’ troppo dolciastre profumate di folk, a nomi come Jackson Browne e James Taylor e a band come Eagles e America. Jay ha una voce aggraziata e non priva di fascino, anche se a tratti un po’ monocorde, suona chitarra, mandolino, tastiere e basso, ad eccezione di quattro tracce in cui è aiutato da Brooks, con Tim Haney alla batteria e Chad Berger alle tastiere, un gruppo ristretto di collaboratori sufficiente a creare arrangiamenti di gusto.
L’apertura di Daydream Daze è un country-rock fluido e melodico, seguito dalla riuscita title track in cui si intrecciano piano e chitarra con una voce memore della lezione di Jackson Browne. Se l’intimista I Should Know è rinvigorita da una chitarra incisiva, la delicata e raffinata Anna Lynn appare poco mossa, come la fragile Losers Like Me. Sempre in ambito soft-rock si ascoltano piacevolmente la rilassata Nobody Knows (Who You Are) ispirata da John Lennon e Days Roll By con intro di mandolino e chitarra acustica, nonché l’intima ballata folk I’ve Been It All in cui spicca una slide saporita, mentre su un versante più ritmato si apprezza Have Mercy. In chiusura Dreaming My Life Away, ballata poco consistente, viene rianimata da un assolo di elettrica e da un robusto crescendo finale.

Paolo Baiotti

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