DEWA BUDJANA – Mahandini

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DEWA BUDJANA – Mahandini (Moonjune 2019)

La benemerita etichetta di Leonardo Pavkovic inaugura il 2019 col botto pubblicando nei primi giorni dell’anno un nuovo disco di Dewa Budjana, in assoluto uno dei suoi più prolifici ed al tempo stesso apprezzabili accoliti.

Budjana, non è la prima volta che se ne parla in questa sede, è un fantastico chitarrista indonesiano che nella sua musica riesce ad infondere le influenze della musica americana, il jazz-rock, certe atmosfere vagamente latine, ma sempre senza perdere di vista la sua terra d’origine, che ritorna puntualmente, a partire dalle sempre azzeccate copertine scelte per i dischi.

A riprova del fatto che non sia uno qualunque, nei suoi lavori riesce a coinvolgere sempre un sacco di artisti che riescono a integrarsi perfettamente con la visione musicale di Budjana. Per il disco in questione oltre alla brava e bella bassista indiana Mohini Dey, al batterista Marco Minnemann e al tastierista Jordan Rudess, che costituiscono la band basilare, il titolare ha coinvolto un paio di chitarristi parecchio famosi ed al tempo stesso diversissimi, segno della continua voglia di contaminare e fare evolvere la propria musica, fino a sfiorare, anzi toccare decisamente, anche sonorità rock: si tratta del Red Hot Chili Pepper John Frusciante e di Mike Stern.

Il risultato è entusiasmante in tutti i casi. Il primo brano, Crowded, porta la firma e la voce di Frusciante ed è un riuscito esperimento di contaminazione tra le due culture, mentre con Queen Kanya ci troviamo al cospetto di un raffinato brano in cui Dewa butta fuori tutto il suo chitarrismo. Poi e atmosfere si tingono di elettronica e ritmica industriale nella lunga Hyang Giri che conta sulla vocalità flessuosa della cantante balinese Soimah Pankawati, altro interessante esperimento in cui la bassista si conquista un meritato assolo. Il brano prelude alla pianistica Jung Oman, autentica vetrina per Rudess (che vanta precedenti nella souhtern band Dixie Dregs e nei Dream Theater), Dewa si innesta con una chitarra elettrica dalle atmosfere quasi gilmouriane (nel senso di David Gilmour) e un’ancor più deliziosa acustica.

A questo punto arriva la collaborazione con Mike Stern, con il brano ILW, in odore di progressive rock, ed è un altro buon risultato che fa crescere ulteriormente il disco. Poi è la volta della title track, una lunga (la più lunga del disco) traccia che si dipana come un’improvvisazione in cui tutto il gruppo ha la possibilità di mettere in luce le proprie virtù, nessuno escluso: nell’edizione in vinile è aggiunta come bonus una versione acustica del brano).

Poi la conclusione, fantastica, eccelsa, con Zone, di nuovo scritta (come il brano iniziale per il disco del 2014 Enclosure) e cantata da Frusciante, una composizione che lascia decisamente il segno e suggella una nuova grande intuizione marchiata Dewa Budjana, che del brano è arrangiatore e produttore.

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