PINDER BROTHERS – Melancholy Sea

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Finalmente un cd degno di essere conosciuto a fondo. Ascoltandolo più volte mi sono accorto che nel mare magnum della musica americana ogni tanto sbuca qualche nome che si differenzia dal mucchio selvaggio della prosa stradale e dalla acustica standard. Però mi girano i datteri. Per capire cosa c’è scritto nelle note di copertina, un monocromatico digipack patinato e trifold, devo usare il lentino di quando lavoravo in fotolito. D’altra parte da un grafico che si chiama Jon Rozmarin non esiste speranza di essere coerenti. Comunque agisco di istinto, il suono è molto complesso e profondo, una tastiera che copre e riveste il compito affidato a questi fratelli di chissà dove. Brani solidi e puri, rudi e crudi ma anche delicati e in toto ispirati da un dark ragionevole che allieta come sempre il petto e il crine. Blues rock vago, forse tenebre calanti, ma le note si diradano nel aere con una direzione adatta anche al istrionismo desmodromico stradale di ogni dove. La band sa il fatto suo e assomigliano a qualcuno di famoso ma non ha senso il paragone, questo cd è indipendente dagli altri lidi conosciuti. Le voce sono adatte, la durata notevole e la sostanza convince. Chilometri di futurismo adiacente alle improprie voluttà, sintomi di voli pindarici ancora possibili alle età che abbiamo accumulato, ed infine ancora una volta emozioni rock di adesso, sorta di miscela che mette d’accordo ogni frangia indurita dalla vita. Vale la penna.

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