Posts Tagged ‘Tom Rodwell’

TOM RODWELL – Wood & Waste

di Paolo Baiotti

15 novembre 2021

rodwell

TOM RODWELL
WOOD & WASTE
Fireplace 2021

Al contrario di molti musicisti che convergono verso la Gran Bretagna per cercare di costruirsi una carriera musicale, Tom ha operato diversamente spostandosi dalla nativa Sheffield alla Nuova Zelanda, dove si è creato una nicchia come session man collaborando ai dischi di musicisti locali come William Adamson, Don McGlashan, Art Terry e Coco Davis. Inoltre ha inciso due dischi con gli Storehouse a partire dal 2008 con il primo volume di Housewrecking seguito da un altro nel 2014 e ha esordito da solista con Live Humble del 2012, replicando con Wood & Waste a nove anni di distanza. In questo periodo Rodwell ha anche suonato dal vivo come supporto a Leon Russell, Tedeschi Trucks Band, Otis Taylor, Charles Bradley e John Butler Trio, ottenendo rispetto e considerazione da parte dei colleghi e della stampa. La sua musica è particolare: un blues scarnificato e ipnotico, molto ritmico e ballabile, influenzato dalla passione per l’avanguardia jazz, con incursioni nel funky, nel gospel e nel calypso. Rodwell è un chitarrista versatile che nel 2017 ha definito un suo tour come dedicato ai “ritmi sacri della chitarra elettrica primitivista e assurda”, attraversando la Nuova Zelanda con mezzi di trasporto pubblici. Un misto di ritmi grezzi e particolari, non sempre agevoli da seguire e con qualche limite dal punto di vista compositivo, registrato e mixato interamente in analogico nello studio Roundhead di Neil Finn
Don’t Be Fugitive All Your Life è un mid-tempo blues con una ritmica particolare e interventi ficcanti della chitarra elettrica e slide. La batteria di Chris O’Connor e il basso di Jeff Henderson, due musicisti molto apprezzati in patria, sono essenziali nel caratterizzare il suono nel dissonante boogie Keep on Knockin’, mentre in Plenty Time la voce riecheggia lo stile di David Byrne, in Make Believe sono evidenti le influenze sudamericane (e di In The Midnight Hour) e in She Got Me Boiling quelle caraibiche. Si ha l’impressione che il disco manchi di una direzione precisa, pur non essendo privo di spunti lodevoli come in Touch Me Like A Teddybear in cui si apprezza una ficcante chitarra distorta quasi da Hill Country Blues o nella quieta Dead End Road che chiude il disco incrociando slide e synth.
Segnaliamo che la prima edizione limitata di 500 copie è stata stampata in vinile 180 gm.

Paolo Baiotti