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THE WESTIES – Six On The Out

di Paolo Crazy Carnevale

10 aprile 2016

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THE WESTIES – Six On The Out (Appaloosa/Pauper Sky Music 2016)

Secondo disco per questa band capitanata da Michael McDermott, singersongwriter chicagoano con ormai alle spalle una venticinquennale carriera solista: di fatto sembrerebbe proprio che in seno a questi Westies, McDermott abbia voluto sviluppare una carriera parallela affidandosi ad una vera e propria band di cui lui è “solo” autore dei brani e cantante. E se nel disco precedente i credits recitavano “The Westies featuring Michael McDermott”, stavolta il nome del leader lo troviamo solo all’interno del digipack insieme a quelli dei suoi compari: la moglie Heater Norton (violino e voce), il chitarrista Will Kimbrough (produttore in passato per Todd Snider, Rodney Crowell, session man e titolare di una carriera solista a proprio nome) e la sezione ritmica composta da Lex Price e Ian Fitchcuk.

Il disco, inciso a Nashville ma anni luce distante da quel luogo, è una bella raccolta di canzoni elettroacustiche in cui la voce di McDermott è di volta in volta sottolineata da arpeggi di chitarre, violino, strumenti tradizionali tutti inseriti a puntino per rendere al meglio la drammaticità che fa da filo conduttore alla maggior parte dei testi (qui presenti sia in inglese che in italiano nel corposo booklet allegato alla confezione). Storie di emarginazione, strada, galera, bassifondi, con personaggi come il pusher Lucky Leo, Willie il guardone, le prostitute Suzanne e Rita, lavori di ripiego tipo fare le pulizie in un locale fatiscente come il Paddy B (nella fattispecie nel trittico iniziale formato da If i Had A Gun, Pauper’s Sky e Parolee).

Ma anche canzoni d’amore, come Like You Used To Do (cantata dalla Horton) e Everythin Is All I Want For You, canzoni dal tono epico come Henry McCarthy in cui McDermott non sa resistere dal cantare a proprio modo la leggenda del medesimo Billy The Kid già cantato da Dylan, Tom Pacheco e Tom Petty. Il tutto attraverso itinerari che ci portano dalle periferie/ghetto delle metropoli (cantate in Pauper’s Sky, che è anche il nome dell’etichetta personale di Mc Dermott) all’America periferica di un west che va da La Grange (cantata in Parolee) a Santa Fe (che è anche il titolo di una delle composizioni più belle del disco insieme alla conclusiva Sirens), suggerendo suggestive immagini cinematografiche a bizzeffe.

Con quella voce che paga pegno a Springsteen e forse ancor più a Elliott Murphy, McDermott e i Westies riescono a regalarci un suono spesso spettrale (forse con l’eccezione dell’andamento irish – dovuto al whistle che vi appare – di The Gang’s All Here), epigono in molti modi di quello del Nebraska springsteeniano coniugato però alla dimensione band e debitore anche a certe sonorità del Knopfler solista (Will Kimbrough ha collaborato proprio con l’ex Dire Straits).