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STEVE YANEK – Long Overdue

di Paolo Baiotti

13 novembre 2022

Steve-Yanek

STEVE YANEK
LONG OVERDUE
Primitive Records 2022

A volte ci vogliono tempo e pazienza per raggiungere i proprio obiettivi. Steve Yanek, nato a Youngstown e da tempo residente nelle campagne della Pennsylvania, sembrava avere un futuro promettente in campo musicale quando nel 2005 pubblicò il suo esordio Across The Landscape. Ma, pur avendo ricevuto delle buone recensioni, il disco è passato nel dimenticatoio, nonostante la presenza di nomi conosciuti come Jeff Pevar (CPR con David Crosby), Rod Morgenstein e T.Lavitz (Dixie Dregs e Jazz Is Dead), finchè è stato infine pubblicato in Europa nel 2020 ed accolto con positivi riscontri. Nel frattempo Steve non si è perso d’animo: ha fondato la Primitive Records, ha lavorato come manager anche in campo musicale, formato una band e messo a punto uno studio di registrazione. Alla fine, atteso da tempo (come suggerisce il titolo Long Overdue) è tornato con il secondo album riunendo con l’aiuto determinante di Jeff Pevar, che ha prodotto il disco e suonato basso, tastiere e chitarre di ogni tipo, tracce proveniente da incisioni di parecchi anni fa con i musicisti sopra citati e tracce nuove registrate con collaboratori di lusso come il batterista Kenny Aronoff (John Mellencamp, John Fogerty) e il pianista Billy Payne (Little Feat).
Musicalmente si incrociano rock e country con echi di Gram Parsons, Tom Petty, Jackson Browne, Eagles e Merle Haggard, con arrangiamenti curati attentamente da Pevar che ha lavorato separatamente da Yanek a causa della pandemia.
Long Overdue è un’apertura mossa e accattivante in cui si fa strada la lap steel di Pevar che richiama il lavoro di David Lindley con Jackson Browne. La qualità dei brani è alterna: Like Now è un mid-tempo pop-rock un po’ scontato, come la cadenzata All The Sorrow che ha la batteria in primo piano ma non riesce a convincere fino in fondo, a differenza dell’up-tempo Tired Of This Attitude con Payne e Aronoff o della deliziosa ballata Everyone’s Crazy These Days in cui il piano e la chitarra acustica hanno un ruolo essenziale. Nella seconda parte del disco emergono la ballata pianistica About This Time e l’energico rock On Your Side, a differenza della melensa You Move Me e di Throw Me Down A Line. In sostanza Long Overdue è un album discreto chiuso dalla malinconica traccia acustica Goodbye suonata in solitaria da Yanek.

Paolo Baiotti

STEVE YANEK – Across The Landskape

di Paolo Baiotti

20 maggio 2021

Steve_Yanek_CD

STEVE YANEK
ACROSS THE LANDSCAPE
Primitive Records 2020

Originario di Youngstown in Ohio, proveniente da una famiglia che ha lavorato per generazioni nelle acciaierie della zona, Steve ha imparato a suonare la chitarra nell’adolescenza, guadagnandosi una discreta notorietà come artista solista nella regione dei Grandi Laghi. Appassionato del suono di CSNY, Jackson Browne, Eagles e James Taylor, si è trasferito a Los Angeles inserendosi nella locale scena folk nei primi anni ottanta. Pronto a esordire avendo un contratto e delle registrazioni effettuate a Nashville con il manager Derek Bowman, ha visto sfumare questa possibilità. Tornato in California, di fronte al cambiamento musicale portato dall’avvento di MTV, frustrato da un altro contratto saltato e consapevole di vivere in un modo poco “salutare”, ha rinunciato alla professione musicale, pur continuando a scrivere e ad aggiornare il suo studio di registrazione. Si è trasferito nella campagna della Pennsylvania, ha lavorato come falegname, nelle ferrovie, come ingegnere dei trasporti e imprenditore. Ha anche fondato una label indipendente, la Primitive Records, restando quindi in contatto con l’ambiente musicale, finchè gli è tornata la voglia di suonare e di registrare, esordendo con questo Across The Landscape, inciso nel corso degli anni e assemblato nel 2020. Si è fatto aiutare da Jeff Pevar, figlio e collaboratore di lunga data di David Crosby, che ha prodotto il disco e suonato la chitarra, chiamando altri esperti musicisti come il tastierista T Lavitz e il batterista Rod Morgenstein (entrambi già membri dei Dixie Dregs e di Jazz Is Dead) e la cantante Leah Kunkel, moglie del batterista Russ Kunkel e collaboratrice di Jackson Browne, Carly Simon e James Taylor.

Che l’influenza principale di Steve sia il cantautorato rock californiano venato di folk e pop con curate armonie vocali è evidente dallo scorrevole opener No One Said e dalla ballata Right In Front Of You in cui la voce dell’artista, non molto personale in altre tracce, sembra trovare il suo ambito ideale, richiamando non solo le influenze sopra citate, ma anche artisti più recenti come Neal Casal, con degli inserimenti calibrati della chitarra solista di Pevar. Nell’intima Emily’s Eyes, in cui si apprezza il mandolino di Jeff, i richiami a James Taylor sono evidenti, mentre il country-rock All I Ever Wanted potrebbe trovare uno spazio radiofonico (qualora le radio programmassero anche nomi meno conosciuti). Se la jazzata Quarter Moon c’entra poco con il resto del disco, I Could Drown torna ai canoni preferiti da Yanek con un raffinato lavoro di chitarra, prima di Dance With You che alza il ritmo e l’intensità e di Got To Hear You Say It che richiama il suono degli Eagles tra rock e country. Nel segmento finale di un disco che si lascia ascoltare senza scossoni spicca la ballata Safe Harbors impreziosita da un pregevole assolo di Pevar.

Paolo Baiotti