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SON OF THE VELVET RAT – Solitary Company

di Paolo Baiotti

9 luglio 2021

son 2

SON OF THE VELVET RAT
SOLITARY COMPANY
Fluff & Gravy 2021

Son of the Velvet Rat è l’alias scelto per l’avventura solista di Georg Altziebler, coadiuvato dalla moglie Heike Binder. La loro storia è iniziata nel 2003 con l’Ep Spare Some Sugar [For the Rat] seguito dall’album By My Side. Dopo l’apprezzato Animals del 2009 prodotto dall’ex Wilco Ken Coomer, hanno pubblicato Red Chamber Music con ospite in due canzoni Lucinda Williams.   Successivamente hanno lasciato la loro città natale di Graz in Austria per un trasferimento oltre l’Atlantico, stabilendosi infine lungo il bordo del deserto del Mojave in California a Joshua Tree nel 2013, dove hanno inciso l’ottavo album in studio Dorado con la produzione di Joe Henry, seguito dal live The Late Show. In questo ambiente molto particolare e solitario Georg ha scritto delle canzoni che si possono considerare influenzate dalla tradizione cabarettistica di maestri del Vecchio Mondo come Georges Brassens, Jacques Brel e Fabrizio De André, fusa con la passione e le visioni di cantautori del Nuovo Mondo come Townes Van Zandt, Leonard Cohen o Bob Dylan, un misto di folk noir, folk rock, garage rock e Americana.
Il risultato di Solitary Company, inciso negli studi Red Barn di Morongo Valley in California di Gar Robertson che affianca Georg nella produzione, è molto particolare, come un ponte tra Europa e America, guidato dalla voce ghiaiosa e sensuale di Georg, accompagnato dall’organo mitteleuropeo e dalla fisarmonica di Heike nonché da una strumentazione che mischia suoni di roots music con arrangiamenti eleganti e minimali e curati backing vocals. Atmosfere da film noir nella lenta e affascinante When The Lights Go Down in cui la voce ondeggia tra Cohen e Waits si alternano alla ballata folk The Waterlily & The Dragonfly, al folk rock malinconico di Alicia con il violino di Bob Furgo e l’armonica di Heike, al roots rock più ritmato di Stardust, alla mestosità della title track debitrice di Cohen avvolta da un arrangiamento orchestrale, chiudendo con la dolente ballata waitziana Remember Me in cui la slide, l’elettrica e l’organo offrono un arrangiamento di grande fascino.
Un disco da ascoltare nel silenzio della notte, preferibilmente in cuffia.

Paolo Baiotti