ROSIE FLORES – Simple Case Of The Blues
di Paolo Crazy Carnevale
12 marzo 2020
ROSIE FLORES – Simple Case Of The Blues (The Last Music Company 2019)
In Texas, dove è nata in quel di San Antonio settant’anni fa, Rosie Flores è un’icona: rappresentante di un blues texano venato di rockabilly e swing quel tanto che basta, la cantante e chitarrista, nonostante le molte candeline sulla torta, è tutt’ora più che arzilla ed ha pubblicato lo scorso anno un disco di assoluto rispetto, sotto la guida di due indiscutibili colleghi quali sono Charlie Sexton e Kenny Vaughn. Con una carriera di tutto rispetto alle spalle, iniziata quando frequentava le superiori in California, e con un contratto discografico che negli anni ottanta l’ha vista legata alla Warner Bros., la Flores ha avuto nomination e premi in varie manifestazioni musicali di genere. Per questo nuovo disco, composto da una decina di brani in parte autografi in parte presi in prestito, l’artista ha sfoderato un sound solido e misurato, merito sicuramente anche dei due produttori: ricordiamo che Sexton ha lavorato come chitarrista con Dylan molto a lungo (ma è solo uno dei titoli nel suo lungo curriculum) e Vaughn è parte dei Fabulous Superlatives di Marty Stuart, entrambi sono presenti anche come chitarristi nel disco, il primo alla ritmica, il secondo unitamente alla titolare, alla solista. Sì, perché la Flores è anche un’eccellente chitarrista e nei concerti non potendo girare ovviamente con tutti i grossi e impegnatissimi collaboratori usati in studio (all’organo c’è il grande Michael Flanigin e alla lap steel nientemeno che Cindy Cashdollar), si occupa egregiamente dello strumento chitarra con grande efficacia.
Il disco inizia subito con brividi blues elargiti dal brano di Roy Brown Love Don’t Love Nobody, subito dopo Rosie ci regala la perla assoluta di Mercy Fell Like Rain, un brano struggente e ineccepibile, cantato con maestria e suonato con superba bravura. I Want To Do More di Leiber e Stoller ci riporta alla Flores più rockabilly e risaputa, godibile ma non certo all’altezza del brano precedente o della successiva e autografa title track, con le chitarre affilate e l’organo di Flanigin che intesse il tessuto di un altro brano da ascoltare ripetutamente. Autografo è anche il seguente Drive Drive Drive, texas blues cadenzato, con un’armonicista non identificato e scambi di interventi chitarristici da “giù il cappello”! Till The Well Runs Dry torna al rockabilly, col piano in evidenza (T. Jarrod Bonta), poi la Flores si prende il gusto di riprendere un brano di Dwight Yoakam, If There Was A Way, in un arrangiamento slow fifties che le permette di esprimersi vocalmente ad alti livelli, un altro dei capolavori del disco. That’s What You Gotta Do è puro blues texano, con sezione fiati in bella mostra, poi il disco si avvia verso la fine con Enemy Hands, con il breve strumentale Teenage Rampage composto da Rosie e Vaughn, naturale viatico per permettere a ciascuno di infilare pezzi di bravura strumentale, e infine l’intimo slow If You Need Me, dal repertorio di Wilson Pickett.
Del disco, oltre all’edizione in CD, esiste anche una bella versione in vinile turchese, molto accattivante, il nostro amico Daniele Lopresto ne ha una copia autografata con dedica dalla Flores, lo scorso anno quando l’abbiamo incontrata e vista sul palco allo C-Boys di Austin…