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Claudio Rocchi – In Alto

di Francesco Caltagirone

24 ottobre 2013

In Alto

CLAUDIO ROCCHI
In alto
Cramps Records

Bentornato fratello. La luna ti guardi benigna, e il sole, e tutte le stelle, anche quelle più lontane, come la supergigante Rigel, che continuano a illuminare le rotte dei naviganti e il nostro cammino verso l’armonia. Ascoltare questo nuovo album è per me come riportare tutto a casa e sentirmi in patria. Con la sua Fender acustica, in copertina, Rocchi è un amico ideale ritrovato, ma mai perso, per chi come me ed altri ha sognato voli magici e non ha mai rinunciato a guardare in alto e, soprattutto, è cresciuto e migliorato anche grazie alle sue liriche e al messaggio che contenevano, negli anni verdi.

Claudio non è un profeta, ma uno scrutatore di anime, dolce e semplice, un musicista maturo e intraprendente per il quale sono stretti steccati e confini, uno sperimentatore fantasioso, in sintonia con la bellezza del mondo che ancora resiste. Cavalca l’utopia con le sue poesie beat e la sua musica, folk/elettronica nel folk, una spirale che si libra come il fuoco verso le alte sfere, musica che potrebbe interessare anche i “non musicisti”, tutti i cani sciolti del mondo che vogliono difendere, pacificamente, pudore e dignità.

Fratello che parli al mio cuore con l’innocenza di colombe sapienti, che voli con la tua chitarra sopra le nuvole, la porta della mia anima rimane aperta. Un flusso astrale, una tempesta acustica avvolge in un pulviscolo baluginante. Siamo attraversati dalla luce. Gli strumenti sono trattati come emanazioni naturali, nel gusto dell’ improvvisazione, fra riflussi orientali, chitarre battute, gangli elettronici, petali e metallo. Suoni buoni e accurati, spontanei, naturali, fuori dal rigo, attinti da una fonte incontaminata e salutare. Le musiche non mi coinvolgono meno dei testi, come già un tempo.

Rock acustico in Per gli stendardi, Eccoti qui, con le chitarre che disegnano parabole lucenti nell’aria. Facci un miracolo è una preghiera, diversa, ma pur sempre una preghiera. “Dacci un mese di tregua senza colpi di mano… dacci un telegiornale senza cronaca nera, senza potenti corrotti, senza ladri perfetti, senza storie di sfratti, senza angoscia per tutti.” Poi, i riverberi elettrici di Alchimia, un brano che riaggancia alle antiche ballate che indicavano “la norma del cielo”. “C’è troppa morte”, canta Claudio in Gesù si gira, acqua sciupata, cibo gettato. Scava nel fondo delle cose, per cavarne l’umanità più pura e gettare le scorie. Lasciamoli andare sottolinea le ragioni di quelli che non votano più e il rifiuto di sopportare compromessi avvilenti. È un Volo Magico N.3, il carro infuocato di Ci sei? nello stile profondo di Rocchi, quello fatato che ci aveva innamorato tanti anni fa?

Ogni parola sciolta in questa musica fluttuante è una piccola riflessione e io sono d’accordo con lui quando confessa di credere più nelle meditazioni che nelle manifestazioni. La musica, quella autentica, è sempre meditazione e il riscatto del mondo può nascere solo da lì. Perché il cambiamento parte da dentro di noi, dalle vittorie che guadagniamo contro i demoni del possesso e dell’avidità; è lì che si consuma la lotta per non essere divorati dall’anaconda. Non è più elettronica, non è più folk, è qualcosa che prorompe da una zona più remota e non facilmente misurabile, lontana dal guscio delle convenzioni e dei travestimenti: La bellezza, dono da proteggere da ogni nemico, Come se, liriche da Vagabondi del Dharma, rientra dolcemente nell’ordine visionario dell’album. E, infine, La stella da cui vieni, piccola ode all’incanto e al sorriso, per liberarsi dal piombo che grava sulle ali. La musica immateriale di Claudio Rocchi è ancora una volta un veicolo per il cielo. La chitarra e gli altri strumenti sono vie scelte per avvicinare gli uomini. Il nostro destino è in alto, la musica è una forza che tende verso l’alto come il fuoco su cui i padroni della terra non potranno imporre gabelle e dove finalmente la prospettiva sarà più chiara.

Bentornato fratello, le tue luminose canzoni infondono coraggio e speranza a noi tutti che “andiamo verso il Bello”.

 

Francesco Caltagirone
Scritto nel dicembre 2011

Il volo magico di Claudio

di Marco Tagliabue

20 giugno 2013

rocchi1

 

Neanche un mese fa, il 25 maggio, dalle pagine virtuali del proprio profilo Facebook, Claudio Rocchi si premurava di metterci al corrente della gravissima malattia che l’aveva colpito, un virus degenerativo “non reversibile” alle ossa che lo aveva costretto a letto facendogli perdere l’uso degli arti inferiori e minando progressivamente il resto del suo organismo.

Lo faceva con spirito da combattente e con la consueta ironia: all’aggravarsi della situazione che già da parecchi mesi lo costringeva a muoversi a fatica con l’uso delle stampelle, solleticato da “una risata incontenibile” che aveva sentito “risalire forte da dentro“, non aveva potuto fare a meno di porsi una domanda, semplice ma destinata a rimanere senza risposta: “Ma cazzo, non era sufficiente così? Pure paraplegico ora?”

Con il quadro clinico già beffardamente fissato, costretto a rimanere a letto per evitare che il minimo movimento potesse causare una nuova invasione midollare pregiudicando anche l’uso degli arti superiori, si apprestava a prepararsi coraggiosamente a quella che definiva la sua settima vita, dopo quelle, nelle sue parole, da studente, da aspirante rockstar, da aspirante santo indù, da aspirante “normale” professionista, da musicista ritrovato e da malato ancora ”autosufficiente”. Quella del malato terminale costretto all’immobilità. “Non male, vero, per mettere alla prova il buonumore? Sappiate che il buonumore tiene, la Coscienza pure e il libro è iniziato stamane”.

“La Settima Vita”, infatti, è anche il titolo dell’autobiografia alla quale, proprio quel giorno, Claudio aveva assestato le prime battute. Una vita che, conscio dei suoi nuovi limiti, si apprestava a vivere con un doloroso taglio ad un passato ormai per forza di cose da dimenticare, riservandosi di informare gli utenti di una prossima vendita di strumenti e memorabilia di ogni genere per finanziare le attrezzature necessarie al nuovo corso.

Purtroppo, o per fortuna, Claudio Rocchi non ha fatto in tempo a cancellare anche solo dagli occhi le tracce delle sue vite precedenti ed è morto fra le sue amate chitarre,  fra i volumi rilegati dove aveva raccolto testi e disegni negli anni settanta, fra i propri libri esoterici ed i quadri mai esposti. In fondo, forse, è stato meglio così.    

La notizia della sua morte è giunta nel primo mattino, una non sorpresa tristissima che ha gettato la propria ombra su una giornata non come tutte le altre.

Questa sera non ho potuto fare a meno di ricordarlo mettendo sul piatto ”Volo Magico n.1″, il disco che ha segnato un’epoca perduta per sempre, un modo di fare musica perduto per sempre, un’attitudine verso la vita e le cose della vita perduta per sempre. Stavo ascoltando quasi in lacrime “La Realtà Non Esiste” quando mio figlio, diciasettenne, ha lanciato il fatidico “ma che è sta roba?”. I tempi sono cambiati e la realtà, purtroppo, esiste. E’ esistita per Claudio, in tutta la sua devastazione, e si è rivelata anche a me con quello svogliato richiamo all’ordine. Due realtà estremamente diverse, è chiaro, e diversamente tristi, ma comunque dolorose.