TOMMY CASTRO – Bluesman Came to Town

tommy castro

TOMMY CASTRO – Bluesman Came to Town (Alligator/IRD 2021)

Lo ammetto, quando ho realizzato che questo settimo disco di Tommy Castro su Alligator vedeva l’artista accompagnato da una sorta di house band al posto dei suoi fidi Painkillers (presenti tra l’altro nei due eccellenti lavori che lo avevano preceduto), mi sono un po’ preoccupato.

Il fatto che ci fosse il prezzemolino Kevin McKendree (tastierista e produttore presente in molte pubblicazioni Alligator) e che tra i vari tecnici in cabina di regia figurasse l’ancor più prezzemolo Kid Andersen (per altro presente anche in altri lavori di Castro) mi ha fatto temere di imbattermi in un sound preconfezionato e un po’ qualunque tipico di altri dischi blues dell’etichetta, tipo quelli di Rick Estrin, Tinsley Ellis, Nick Moss: tutti dischi di qualità, ma senza il mordente che hanno quelli di altri artisti Alligator come Shemekia Copeland, il duo Curtis Salgado & Allan Hager, Kingfish.

Proprio al produttore e alla house band dell’esordio del giovane chitarrista Kingfish, si è affidato Castro per il suo primo concept album, questo Bluesman Came to Town, che racconta la storia di un ragazzo di provincia la cui vita cambia radicalmente dal momento in cui nella sua cittadina arriva un bluesman.

La produzione esperta di Tom Hambridge e il sostegno dello stesso alla batteria, di Rob McNeeley alla seconda chitarra, Tommy MacDonald al basso e del suddetto McKendree portano il chitarrista e cantante di San Francisco a realizzare un disco ambizioso e importante, soprattutto bello.

Un disco che può contare sul poliedrico modo di sentire il blues che è poi quello che rende Castro più interessante e valido dei menzionati Nick Moss e Tinsley Ellis.

Una dozzina di brani nuovi di trinca, tutti composti per l’occasione da Castro e Hambridge, tutti ben suonati, a partire dalla convincente Somewhere, che apre (e chiude, ma in versione slide acustica in cui con Castro c’è la sezione ritmica dei suoi Painkillers) il disco alla grande con un cameo di Jimmy Hall all’armonica, la chitarra è sempre dominante, ma è tutto l’insieme che gira bene, a partire dall’uso maturo e vario della voce. Cosa che si conferma nella title track in cui i cori sono a cura di Hall e in Child Don’t Go, veloce brano in cui a duettare con il titolare troviamo Terrie Odabi, mentre alle tastiere è ospite Mike Emerson (della band abituale di Castro).

Prima perla del disco è You To Hold On To, spettacolare virata verso il soul, con voce alle stelle e grande lavoro dell’organo di McKendree. Con Hustle le atmosfere si fanno più moderne, molto funk con echi di James Brown che convincono appieno, grazie anche ad un’azzeccata sezione fiati arrangiata da Keiyh Crossan.

I Got Burned è uno shuffle come tanti se ne sono sentiti, molto meglio il lento blues dal sapore texano Blues Prisoner in cui la chitarra di Castro duetta egregiamente col piano di McKendree nella lunga introduzione. I Caught A Break sembra un omaggio ai riff di Chuck Berry, l’eloquente Women, Drugs & Alcohol è solido rock blues, blues notturno per Draw The Line in cui ritroviamo Emerson alle tastiere. Il soul della successiva I Want To Go Back Home è un altro pezzo da novanta del disco, grande interpretazione vocale, chitarra essenziale, sezione fiati giusta (qui arrangia Deanna Bogart) con misurato assolo di sax, tastiere ficcanti. Applausi (da immaginare a scena aperta nelle esecuzioni live del disco). Il disco si chiude con il riff ripetitivo della roboante e sferragliante Bring It On Back, prima della ripresa dell’opening track a cura dei Painkillers.

Paolo Crazy Carnevale

Tags:

Non è più possibile commentare.