THE MAGPIE SALUTE – High Water II

Magpie Salute Hig Water II 5[1734]

The Magpie Salute – High Water II (Provogue/Mascot 2019)

Avranno un futuro i Magpie Salute? La domanda è legittima visto che in contemporanea con l’uscita di questo disco del gruppo di Rich Robinson ne è uscito uno del gruppo di suo fratello, la Chris Robinson Brotherhood, di cui a ruota si è suicidato il chitarrista Neal Casal lasciando quella formazione priva di un elemento fondamentale. Cosa c’entra tutto questo con i Magpie Salute, apparentemente nulla, non fosse altro che nelle due band oltre ai fratelli Robinson ci sono altri membri dei Black Crowes, la band che i due litigiosi (come quasi tutti i fratelli del rock, su tutti i Davies e i Gallagher) avevano fondato a fine anni ottanta e che le due band tutto sommato, pur differenti hanno in buona parte raccolto l’eredità sonora dei corvi, più southern i Magpie Salute, più jam la CRB.

Allora perché non smettere di litigare e stare invece tutti insieme come ai vecchi tempi? Detto fatto. Con due dischi delle rispettive band appena usciti ed un chitarrista insostituibile defunto, i due Robinson si sono rimessi in gioco ed hanno rispolverato la vecchia denominazione per un tour che dopo una data di riscaldamento in duo a febbraio li porterà in giro per gli States da aprile a luglio.

Capirete quindi che la domanda iniziale sul futuro dei Magpie Salute è tutt’altro che illegittima.

Personalmente ero rimasto favorevolmente impressionato dal loro disco d’esordio nel 2017, un bel doppio vinile molto in odor di anni settanta, con una manciata di cover tutt’altro che scontate e alcuni brani originali decisamente convincenti che sembravano voler partire da dove i Black Crowes si erano interrotti .

Un anno dopo, perse per strada le coriste (che non ci stavano male), è uscito High Water, il primo, e devo dire che è stato una delusione perché non ci ho ritrovato l’energia e la spontaneità che mi avevano fatto applaudire l’esordio.
Ora arriva il secondo High Water, sempre su due vinili (o un CD se proprio non avete più il giradischi), e il gruppo sembra aver recuperato abbondantemente i punti persi in precedenza.

È rock sudista quello dei Magpie Salute, genuino e sincero, con tanti rimandi, dagli ovvi Black Crowes fino a Tom Petty, passando anche per quelle formazioni britanniche come i Faces e i Rolling Stones di Exile On Main Street.

La prima facciata del disco è un po’ qualunque, tre brani ben infilati ma non da brividi, con la voce del cantante John Hogg che ricorda da vicino quella di Chris Robinson, le chitarre di Marc Ford e Rich Robinson che sono quelle dei miei Black Crowes preferiti (salvo la breve ed eccezionale parentesi con Luther Dickinson), le tastiere di Matt Slocum che si ritagliano spazio costituendo uno dei punti di forza del gruppo.

La seconda facciata è invece da “giù il cappello”! Sensazionale il brano d’inizio, In Here, solida composizione che ha nel DNA qualcosa degli Heartbreakers e che i fiati di Matt Holland contribuiscono a rendere perfetta, come perfette sono quelle che seguono, la splendida You And I dall’intro acustica e dallo sviluppo in chiave Faces. Poi l’incalzante Mother Storm mette sul piatto una miscela di suoni fantastici, Rich tiene il tempo con l’acustica mentre Ford lavora di elettrica e Slocum intesse preziose trame d’organo, salvo poi infilare, nel finale, una bella conclusione pianistica molto intima.

Bella anche A Mirror, la canzone dal ritornello orecchiabile che inaugura il lato tre, Slocum qui fa volare le dita sul piano, come se si trattasse di un disco dei Rolling Stones con Nicky Hopkins, mentre Ford fa un gran lavoro di slide. Lost Boy sposta la mira verso sonorità più rilassate, canta Rich qui e gli fa il controcanto nientemeno che Alison Krauss, impegnata anche al violino: si tratta di una ballata quasi acustica che deve qualcosa al Tom Petty solista.

Poi il sound s’irrobustisce e Turn It Around, è un brano molto pestato, robusto, batteria (Joe Magistro) incalzante mentre il muro di chitarre elettriche si fa tostissimo.

Meno bella la canzone dalle sonorità orientali posta in apertura della quarta facciata, Life Is A Landslide; Doesn’t Really Matter ha un’introduzione che sembra un omaggio ai padri del blues, poi però il brano si assesta su sonorità che ricordano maggiormente i vecchi Black Crowes, e il fatto che Hogg canti come Chris Robinson va ad assodare questa sensazione, ma il brano riserva una sorpresa, nel bel mezzo il ritmo rallenta, e il break strumentale conferisce alla composizione il sapore delle jam southern rock, molto presenti anche nel solo di chitarra finale.

La conclusione è affidata a Where Is This Place, composizione bella e lenta, col piano impegnato a dialogare con la chitarra elettrica e notevoli contrappunti di basso (l’ex corvo nero Sven Pipien) e tamburi.

Bel disco dunque, ma avrà mai un seguito?

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