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VASIL HADZIMANOV BAND – Lines In Sand

di Paolo Crazy Carnevale

15 luglio 2019

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VASIL HADZIMANOV BAND – Lines In Sand (Moonjune 2018)

Passo dopo passo, l’etichetta newyorchese si avvicina alle candeline della centesima produzione, con questo disco di provenienza serba sono ormai novantacinque e già ci sono in circolazione prodotti più recenti.
Il CD della Vasil Hadzimanov Band è, come spesso accade in casa Moonjune, una sorta di spin off di altre pubblicazioni, ovvero artisti che abitualmente suonano in un gruppo diventano poi solisti o band leader come nel caso di Hadzimanov. Il pianista serbo infatti lo si era già incontrato come sideman di Dusan Jevtovic e con questo disco è ormai alla sua seconda prova per la Moonjune.

Il disco appena uscito, realizzato con un gruppo che include oltre alle tastiere anche la chitarra, il basso, la batteria nonché le percussioni di Bojan Ivkovic (anche in veste di vocalist in alcune tracce), è un disco in cui emergono più influenze, talvolta un jazz rock molto fluido e contaminato da belle soluzioni di ispirazione etno, come nel brano iniziale, quello che intitola il disco, in Sans Snova e Lost (con ospite la voce di Martha Hadzimanov) prende maggiormente piede il jazz, ma prima c’è da segnalare sicuramente la seconda traccia che coniuga atmosfere funk con elementi orientati verso una fusion in odor di prog: il brano, intitolato Mr. Moonjune, fa supporre ad una nemmeno troppo velata dedica a Leonardo Pavkovic, il mister di casa Moonjune appunto.

Tra i brani più interessanti spicca indubbiamente la lunga For Clara una sorta di concept a cavallo tra sperimentazione e soul, molto riuscita, con la voce ospite di Dean Bowman; citiamo inoltre Freedom From The Past di nuovo contaminata da un’intro dominata da elementi arabeggianti che appartengono di diritto alla terra d’origine del gruppo, poi il brano si sviluppa in una direzione più sperimentale che nel finale va a ripescare l’intro, stavolta non più in chiave acustica ma con tutta la band all’opera. All’insegna della fusion invece Ratnici Podzemlja mentre il jazz rock più classico torna a far capolino nella lunga e conclusiva Rege Hadzi che paga pegno a Joe Zawinul, sicuramente uno dei modelli di Hadzimanov.

VASIL HADŽIMANOV BAND – Alive featuring David Binney

di Paolo Crazy Carnevale

22 giugno 2016

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VASIL HADŽIMANOV BAND – Alive featuring David Binney (Moonjune 2016)

Nonostante questo disco dal vivo sia il sesto nella discografia della band serba capitanata dal tastierista Vazil Hadžimanov , è il primo a venire distribuito sul mercato internazionale. Hadžimanov non è quindi un musicista di primo pelo e nel suo paese ha avuto modo di suonare anche al fianco di gente di un certo rilievo, sia per quanto riguarda le star dell’ex Jugoslavia in campo rock e pop, sia con artisti internazionali come Joe Zawinul (con cui ha diviso il palco al festival di Belgrado nel 2003), il violinista Nigel Kennedy e il sassofonista americano David Binney che è ospite in questo live registrato durante il tour serbo del 2014. Il live in questione è un autentico tour de force di oltre settanta minuti, all’insegna di un progressive jazz molto vario, grazie alle molteplici fonti d’ispirazione di un gruppo in cui quasi tutti partecipano alla scrittura dei brani, mettendo ciascuno qualcosa di suo che poi, nell’esecuzione d’insieme risulta accattivante e funzionale. Nel brano Tovirafro, composto dal bassista Miroslav Tovirac, troviamo diffuse digressioni di stampo funky su cui proprio il basso si sfoga non senza però dare modo alle tastiere e alla chitarra di ritagliarsi il proprio spazio attraverso un’evoluzione che, prima di tornare al punto di partenza funky, si permette di sfociare in elementi orientalizzanti sicuramente mutuati dalla lunga occupazione ottomana a cui i Balcani sono stati soggetti. Gran brano anche Dolazim, stavolta a firma del chitarrista Branko Trujic, in cui le atmosfere sono completamente distanti da quelle del brano di Tovirac. Razbolje Se Simsir List è invece quasi un interludio in cui il titolare del gruppo si fa accompagnare quasi dal solo David Binney e dà un bel saggio della propria versatilità al pianoforte con una composizione che sta a metà tra musica colta e rimembranze yiddish. Con Uaiya ci troviamo invece al cospetto di un jazz rock di stampo classico, un po’ alla Weather Report con Binney a farla da padronee assoli individuali degli altri musicisti, particolari poi sono le lunghe cavalcate sonore di Zulu e Otkrice Snova firmate dal gruppo al completo.