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DOUG COLLINS & THE RECEPTIONISTS – Too Late At Night

di Paolo Baiotti

2 agosto 2023

Doug-Collins

TOO LATE AT NIGHT
Autoprodotto 2022

Abbiamo scritto di Doug Collins nel 2019 in occasione della pubblicazione di Good Sad News. Dopo tre anni, superato il periodo della pandemia, Doug torna con Too Late At Night che mantiene lo stesso stile del predecessore. Considerato uno degli autori più interessanti dell’area di Minneapolis, ha esordito nel 2013 con Those Are The Breaks seguito da due mini-album. Il suo quartetto dei Receptionists è completato dal basso di Charlie Varley e dalla batteria di Billy Dankert, ai quali si è aggiunta la pedal steel di Randy Broughten, mentre la produzione è nuovamente affidata a Rob Genadek. Doug scrive canzoni semplici, orecchiabili e melodiche, con echi degli anni cinquanta, pop di beatlesiana memoria e influenze country accentuate dalla presenza della pedal steel. Si possono prendere come riferimenti Buddy Holly, Hank Williams, Nick Love e Roy OrbiDOUG COLLINS & THE RECEPTIONISTSson con l’aggiunta di Merle Haggard e Bob Wills, con particolare attenzione ad un suono vintage, scorrevole e ballabile, sostenuto da una voce chiara e melodica.
Tracce come il country Sunday Afternoon, la scattante Drinkin’ Again (perché le radio non trasmettono più brani come questo?), la latineggiante Mexico Mo., Wish I Still Cared percorsa dalla pedal steel e Three Waves sono esempi di brio, melodia e freschezza, alternati a ballate come la romantica Stay The Same, l’evocativa Mama’s Shoes e il valzer country One Thing In Common.
Un amabile dischetto estivo completato adeguatamente dall’accativante melodia di Hardest Part.

Paolo Baiotti

DOUG COLLINS & THE RECEPTIONISTS – Good Sad News

di Paolo Baiotti

29 ottobre 2019

doug[1580]

DOUG COLLINS & THE RECEPTIONISTS
GOOD SAD NEWS
Doug Collins Music 2018

Considerato uno degli autori più interessanti di Minneapolis, Collins ha già pubblicato tre dischi, esordendo nel 2013 con Those Are The Breaks, seguito da due mini album, Davemport, Iowa e Complicated Compliments. Accompagnato da Charlie Varley al basso e Billy Dankert alla batteria (The Receptionists), giunge al secondo album di lunga durata registrato e prodotto con Rob Genadek. Le canzoni di Doug sono semplici, melodiche, esempi di pop di matrice beatlesiana mischiato con influenze anni cinquanta (ricorda un po’ Buddy Holly) e country, con echi di Hank Williams, Nick Love e Roy Orbison. Un mix “old fashioned” che scorre veloce, ballabile, rilassato, con la voce rotonda e ben modulata di Doug in primo piano, coadiuvata da una sezione ritmica brillante e scattante al punto giusto. Il beat dell’opener Conversation With My Heart potrebbe interessare le radio di mezzo mondo, se ci fosse ancora la voglia di andare a spulciare tra le pubblicazioni di nicchia. All’atmosfera allegra e ritmata del suono si contrappongono dei testi intimi e curati, incentrati soprattutto sulla difficoltà delle relazioni personali che contribuiscono alla riuscita del disco, che nel titolo riflette proprio questo contrasto tra il positivo e il negativo. Please Don’t Make Me Leave You è una ballata che avrebbe reso felice Roy Orbison con il delizioso piano di Jeff Victor, Tomorrow un mid-tempo raffinato con dei cori avvolgenti. Le influenze country sono evidenti nella ritmata Little House, nei profumi latini della ballata I Saw You Dancin’ e in Halfway Thru, tracce nelle quali ha un ruolo importante la pedal steel di Joe Savage, mentre la romantica Hey Mary con la fisarmonica di Dan Newton e il rock and roll Top On The Watertower evocano atmosfere dello scorso secolo. Non è un caso che Doug sia stato definito un uomo d’altri tempi; la sua musica è fortemente ancorata al passato, ma suona fresca e contemporanea, anche se non sarà facile trovare un pubblico e, soprattutto, delle radio disposte a supportarla.