ALICE HOWE – Circumstance
di Paolo Crazy Carnevale
25 agosto 2024
Alice Howe – Circumstance (Knowhowe 2023)
Gran disco per questa giovane singersongwriter che si accompagna (e si fa accompagnare) nei suoi tour da un veterano del calibro di Freebo, leggendario bassista di Bonnie Raitt. Dotata di una bella voce, di un talento compositivo interessante che si rifà alla miglior scuola della canzone d’autore americana degli anni settanta, portando in dote una freschezza tutta sua.
A farla elevare sulla moltitudine (da anni abbiamo smesso di tenere il conto dei giovani autori sfornati dalla scena americana) è in questo caso, e senza dubbio alcuno, la produzione di Freebo che per la sua pupilla estrae dalla manica le sue entrature in uno degli studi più storici del mondo, quel FAME recording Studio in cui l’acronimo sta per Florence Alabama Music Enterprises, con annessi e connessi musicisti che vi orbitano attorno.
Ecco così le convincenti canzoni della Howe vestite del giusto e meritato abito che la suddetta location può garantire, senza effetti speciali, senza strafare: va da sé, chi bazzica oggi i FAME non sono gli stessi che vi suonavano nella seconda metà degli anni sessanta, ma il risultato è quello, perché oltre ai musicisti, il segreto di quei posti sta nel pigro scorrere del fiume Tennessee tra le particolari anse, un pigro scorrere che crea l’atmosfera, lo spirito inconfondibile che ha dato lustro a dischi di gente come Aretha Franklin, Wilson Pickett, Boz Scaggs, Cher, persino dei Rolling Stones e di Bob Dylan, passando per Rod Stewart, Bob Seger, Paul Simon.
Uno spirito che ci viene riconsegnato intatto dal disco di Alice Howe, a partire dall’iniziale You Been Away So Long, un brano che ci precipita subito nel mood giusto ordito da Freebo (che è coautore di buona parte del materiale) per questo disco; Somebody’New Lover Now è ancora meglio, col suo sound sospeso, ben studiato ed eseguito a puntino. La lezione dei cantautori che Alice ama, da Jackson Browne a Joni Mitchell è tutta qui, mandata a memoria come si deve e ben messa a frutto.
Il basso del producer/godfather è sempre immenso, uno dei bassi elettrici col suono più bello che si possa desiderare, a suonare le chitarre ci sono Will McFarlane, un altro veterano che come Feebo è stato una delle colonne portanti della band di Bonnie Raitt negli anni d’oro, e il più giovane Jeff Fielder, ex accompagnatore di Mark Lanegan.
Le tastiere sono ben affidate alle dita di Clayton Ivey, vecchia gloria degli studi dell’Alabama (era negli Alabama State Troopers con Don Nix e Jeannie Greene nei primi anni settanta, in un live indimenticabile.
Le canzoni si susseguono senza calo di tensione, Let Go e Love Has No Rules, l’acustica e lenta Things I’m Not Saying a cui fa seguito l’energia di What About You con i cori ad opera di Freebo in un refrain contagioso attraversato dalla sapienza del tastierista che sorregge tutta la composizione, una delle migliori del disco. Chitarre acustiche, cori da piantagione di cotone, elettriche dal suono paludoso sono alla base delle atmosfere southern indotte da Something Calls To Me in cui dal sottofondo emerge la slide suonata da Fielder. Una robusta sezione fiati e cori rhythm’n’blues sono invece il biglietto da visita della contagiosa With You By My Side, sorretta dal preciso drumming di Justin Holder, nativo di Florence che tra i molti dischi a cui ha preso parte annovera almeno la perla di quello di Jon Langford (Waco Brothers) col progetto Four Lost Souls.
Line By Line è un brano lento, tutto supportato dalla voce di Alice, poi le atmosfere paludose fanno di nuovo capolino in Travelin’ Soul, facendosi strada tra slide e Wurlitzer. Chiude il disco la riflessiva It’s How You Hold Me, con attacco acustico, giusto chitarra e voce e gli strumenti che arrivano un po’ alla volta, a cominciare dallo splendido basso di Freebo e con le chitarre di McFarlane e Fielder che giocano sui due canali (come avviene anche in altri brani del CD).
Paolo Crazy Carnevale