TINGVALL TRIO – Dance

tingvall trio

Tingvall Trio – Dance (Skip Records/IRD 2020)

Sebbene il trio di Martin Tingvall sia indubitabilmente un formazione d’area jazz, bollare questo suo prodotto come un disco di jazz sarebbe riduttivo, anche perché si tratta di un concept che seppur ovviamente legato a questo genere musicale, in qualche modo ne esula per il fatto stesso di essere un disco a carattere multietnico e vario.

Il pianista Tingvall e i suoi compari Omar Rodriguez Calvo (contrabbasso) e Jürgen Spiegel (batteria), sono già di per sé un trio di carattere internazionale, il progetto di questo Dance poi, è quello di proporre all’ascoltatore un viaggio intorno al mondo al ritmo di danze di varia provenienza rilette secondo i canoni della musica jazz, ma comunque sempre cercando di sfuggire alle classificazioni e definizioni troppo categoriche.

Ogni brano di questo disco è un viaggio a sé, eppure legato a doppio filo con ciascuna altra composizione, il doppio filo del jazz e della danza.

Il progetto, scaturito durante le prove di una delle nuove composizioni, Cuban SMS, si apre con Tokyo Dance, affascinante brano dalle evidenti atmosfere riconducibili al paese del Sol Levante, di seguito il brano che intitola il disco, meno definito e appropinquabile ad una specifica location.

Travolgente il primo accostamento – altri ne troveremo più avanti – alla musica latina, Spanish Swing, in cui gli echi flamenchi, pur ben mimetizzati si fanno sentire. Più intima sicuramente la nordica Flotten, mentre la breve Riddaren si muove sulle ali di una bella ballata slow blues.

Con la menzionata Cuban Swing ovviamente i ritmi si fanno più vivaci e latini, i Caraibi sono all’orizzonte per il trio di Tingvall e la musica vira di conseguenza.

Poi il disco trona in oriente, stavolta quello medio, in Arabia per intenderci e mentre la sezione ritmica lavora di fantasia, il piano ordisce una trama che porta alla mente lunghe carovane di cammelli ondeggianti sulle dune, trama su cui Arabic Slow Dance si srotola a proprio agio.

Qualche eco di musica latina emerge anche in Puls, Det Lilla invece lascia più spazio al jazz più propriamente detto, anche se alla base si lascia ricondurre al tema della danza, come se fosse un lento moderno minuetto.

Ya Man occhieggia di nuovo ai Caraibi, ma stavolta con citazioni reggae, mentre Bolero è il classico ballo secondo la rilettura in stile Tingvall trio. Si resta in Europa, ma stavolta di nuovo nordica con la gelida Sommarvision, che prelude al finale affidato alla lunga In Memory.

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