ALLMAN BROTHERS BAND – Live From A&R Studios, New York

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ALLMAN BROTHERS BAND – Live From A&R Studios, New York (Allman Brothers Band Recording Company 2016)

Un gioiello: non ci sono altri termini per descrivere questo irrinunciabile disco catapultato in commercio quasi in sordina dagli archivi della band sudista per antonomasia, laddove sudista non è chiaramente un riferimento alle posizioni politiche bensì allo stile di vita e alle radici del suono. In realtà non si tratta di materiale sconosciuto, anzi, il brano “perla” del disco – la versione di You Donm’t Love Me – era già apparso nel cofanetto Dreams uscito sul finire degli anni ottanta e nel fantastico box dedicato a Duane Allman e alle sue registrazioni.

Il concerto intero poi girava in qualche modo tra i collezionisti e, trattandosi di un concerto radiofonico, era stato semi ufficializzato dagli albionici qualche tempo fa: stavolta però ci troviamo di fronte alla versione legale, quella voluta da casa Allman!

Il suono è fenomenale, l’esibizione da cinque stellette – per quel che valgono – e d’altra parte siamo nell’estate del 1971, l’Allman Brothers Band in quel periodo era davvero quanto di meglio ci fosse in giro, all’apice del successo con il doppio vinile del Fillmore East in circolazione da appena un mese, una fama in costante crescita ed un chitarrista che grazie anche al suo lavoro di studio con altri artisti era stato catapultato nell’Olimpo dei migliori in circolazione.

Nel giro promozionale legato all’uscita del doppio dal vivo, il gruppo fu invitato a suonare negli studi A&R dove in quel periodo si esibivano spesso gli artisti, tenendo concerti che venivano poi trasmessi dalla stazione radio WPLJ, sui 95.5 MHZ in modulazione di frequenza. Duane e Greg vi si erano esibiti poco tempo prima insieme a Delaney & Bonnie and Friends, coi quali Duane suonava ogni volta che non era in tour con i “fratelli” e in quell’occasione alla session prese parte anche il sassofonista nero King Curtis, ucciso sotto casa propria poco tempo dopo. E proprio a questo tragico evento è dovuta la presenza – all’interno di You Don’t Love Me di una lunga e succulenta citazione del brano di Curtis Soul Serenade, cosa che rende unica oltre che bellissima questa versione del classico di Willie Cobb.

Ma questo brano, che con i suoi quasi venti minuti di durata è il tour de force del CD, non è l’unico tesoro del disco, che è un gioiello nel complesso: il gruppo è quello classico del primo periodo con il sound già ampiamente padroneggiato e distinto, non c’è una virgola fuori posto, gli applausi a scena aperta lo testimoniano, la registrazione come già detto è fantastica, e la scaletta è quasi un classico: dei brani che apparivano nella versione originale di At Fillmore East manca solo Whippin’ Post, in compenso ci sono One Way Out, Don’t Keep Me Wonderin’ e Trouble No More che lì non erano incluse.

La sezione ritmica che non perde un colpo, la voce di Greg matura al punto giusto e l’interplay delle chitarre di Duane e Betts col suo organo continua ad essere unico, sempre lo stesso e nel contempo sempre diverso: i fraseggi delle tastiere su In Memory Of Elizabeth Reed fanno drizzare i peli sulla schiena, e Stormy Monday è da urlo, Statesboro Blues continua ad essere il brano d’apertura ideale – non a caso era posto come traccia numero uno anche nel doppio vinile dal vivo, mentre per gli altri pezzi l’ordine cambia. Hot’lanta è sempre una bella prova della capacità del gruppo di creare un tema incalzante e infuocato su un giro improvvisato mentre i diciannove minuti e mezzo del medley You Don’t Love Me/Soul Serenade – introdotta a voce Duane stesso, con un breve commosso ricordo di King Curtis – sono una forza della natura: sul sostenuto riff di tastiere e sui consolidati interventi di chitarra che sono il marchio di fabbrica della prima composizione si innestano i delicati giri dello strumentale di Curtis, in una sorta di botta e risposta ripetuto più volte tra un brano e l’altro.

Credo di non sbagliare dicendo che se non fosse uscito poco prima At Fillmore East questo sarebbe stato il live ideale dell’Allman Brothers Band, per fortuna, dopo ben quarantacinque anni, hanno pensato di sdoganarlo integralmente consegnandoci una fotografia bellissima di un momento magicamente irripetibile: fotografia che avrebbe irrimediabilmente preso fuoco dopo appena un paio di mesi, col tragico incidente in cui Duane perse la vita. Ma questa è storia nota.
A noi restano questo disco, autentico monumento alla sua arte, e le fotografie che ne corredano il booklet ricco di informazioni sul concerto.

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