MARILLON – F.E.A.R.

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MARILLION
F.E.A.R.
e.a.r. Music 2016
+ Teatro Romano Verona 10-09-2016

Strepitoso concerto dei Marillion a Verona alcuni giorni fa. In un Teatro Romano gremito ed esaurito da tempo i cinque musicisti d’oltremanica hanno regalato ai fortunati presenti uno spettacolo di altissimo livello musicale-intellettuale, doverosa in questo senso un’occhiata ai testi del loro ultimo lavoro, senza pari. In un’atmosfera eterea, tra lo spirituale ed il celestiale , oseremmo dire quasi sensuale la band ha presentato uno show tra i loro più belli che ci sia stato dato modo di vedere, tra luci prevalentemente blu alquanto incorporee e strali musicali di una bellezza infinita che hanno magnetizzato l’aria di questo vecchio storico suggestivo teatro e tra solide pietre antiche e sguardi estasiati dei presenti hanno veramente dato come si suol dire il bianco in una serata che sarà decisamente difficile da dimenticare e che resterà incollata visceralmente su coloro che c’erano. Diciotto brani con la prima parte dello show orientata su pezzi alquanto recenti del loro repertorio, quello Hogarthiano per intenderci, seguiti da una parte centrale estrapolata dal loro nuovo disco in uscita, per la precisione oggi 23 settembre nei negozi, ed un’altra parte con ancora pezzi del loro repertorio inerente sempre i New Marillion, e una chiosa finale con brani degli Old Marillion, quelli ovviamente di Fish, in un tripudio generale da far accapponare la pelle.

Nei primi cinque brani che hanno creato l’ossatura iniziale di questo show due erano tratti dal bellissimo Marbles del 2004, trattasi di due superlative versioni rispettivamente di The Invisibile Man, primo pezzo della serata, e di Fantastic Place; mentre altri due invece sono stati estrapolati dal loro penultimo Sounds that can’t be made e precisamente la title track e Power, infine prima di passare alla parte centrale inerente il loro nuovo lavoro hanno presentato una compatta The Great Escape tratta da Brave, altro loro grande album del 1994. Un inizio spettacolare caratterizzato da una concentrazione ed un’applicazione dei musicisti evidentissima ed apprezzatissima, da togliere il fiato. Poi il nuovo disco, sconosciuto ed attesissimo, Fuck Everyone and Run, Russia’s Locked Doors, A Scary Sky e Why is Nothing ever True?, tutte in in fila come nel cd oggi uscito e riunite nel titolo/capitolo 5 sotto il nome di The New Kings. Una serie di sogni, si potrebbe definire questa parte dello show ove le note seducenti del nuovo atteso loro lavoro hanno affascinato e coinvolto in maniera intensa e passionale. Struggenti e misurate oltre ogni dire, brani pacatamente tranquilli e suggestivi. Poi di nuovo si riabbraccia un recente passato con l’affascinante Neverland ancora brano da Marbles e due dal loro ottavo album quell’eccellente quasi etnico Afraid of Sunlight dal quale propongono appunto la title track e King mentre dal 1995, loro dodicesimo disco dal titolo Anoraknophobia, arriva una radiosa Quartz. Poi nei bis, si va al vecchio repertorio, quindi Kayleigh, Lavender e Heart of Lothian, tutti e tre dal lontano Misplaced Childhood del 1985 che hanno acceso i cuori in questa parte dello spettacolo con suoni più accesi e ritmati, con echi lontani nel pensiero rivolto magari a Fish e qualche momento di commozione. Si chiude passando al 1997 con due prolungati momenti tratti da This Strange Engine, il pezzo che da il titolo appunto all’album e la bellissima Estonia. Superba la voce di Hogarth, autore, con estrema agitazione dal servizio d’ordine, di una corsa con microfono in mano e quindi continuando a cantare che gli ha fatto praticamente attraversare in lungo e in largo tutto il teatro, scalinate comprese, con estrema apprensione dei body guards agitatissimi; straordinari momenti musicali come sempre sono usciti dalla chitarra di Rothery che ha avviluppato l’ambiente con assoli splendidi; scatenato e potente Mosley alla batteria; gentilmente e garbatamente un Trewavas da antologia al basso e dannatamente bravo e maestoso Kelly alle tastiere.

Una performance speciale come speciale è il loro nuovo disco uscito oggi 23 settembre. Fear, acronimo di Fuck Everyone and Run il titolo di questo loro album, nel cui titolo la paura si cerca di esorcizzare, paura dell’oggi e soprattutto del domani, paura di quello che ci circonda, paura di un mondo che sta scivolando sempre più verso il basso, mondo di politiche terrificanti, di multinazionali terribili e rampanti e di valori sempre maggiormente livellati verso il basso, oseremmo dire agghiaccianti. Disco in studio numero diciotto anche se abbiamo ormai un po’ perso il conto della numerazione tanti in questi anni sono stati i loro lavori sia appunto in studio ma soprattutto dal vivo ove tra box, cofanetti multipli e live vari si ha una marea infinita di materiale a disposizione. Disco bellissimo, sicuramente uno dei migliori della loro sterminata ed interessantissima discografia. La voce di Hogarth è veramente superlativa, diremmo ai massimi livelli ed il supporto dei quattro compagni di viaggio ai loro relativi strumenti rasenta la perfezione.

Disco calmo e sereno ai limiti del tranquillo rappresenta un pacato drappello di pagine straordinarie che mirano ad aggrovigliare la mente dell’ascoltatore con suoni fantasticamente suggestivi, quasi fantascientifici, e pressappoco persi nel tempo o nei meandri dell’universo. Un album straordinariamente emozionante, come dicevamo calmo ma nel contempo energico che solleva dalle ansie e dona una splendida forma di brillante beatitudine. Sicuramente da leggere e vivere i testi che a differenza della pacata musicalità sono di una forza e valenza assordante per quello che comunicano e raccontano. Un disco splendido, assieme a Endless Forms Most Beautiful dei Nightwish, sicuramente tra le cose migliori uscite negli ultimi tempi. Da sentire senza remore ne anatemi riguardo la parola prog che molti scelgono come alibi con se stessi per non ascoltare alcuni dischi che poi scoprirebbero probabilmente straordinariamente belli.

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