GOD DON’T NEVER CHANGE – The Songs Of Blind Willie Johnson

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GOD DON’T NEVER CHANGE – The Songs Of Blind Willie Johnson (Alligator 2016)

Jeffrey Gaskill, il produttore di questo disco, ha già al suo attivo una bella raccolta analoga dedicata alle canzoni gospel composte da Bob Dylan nel biennio 1979/80, stavolta, con la complicità dell’Alligator, etichetta specializzata in pubblicazioni blues, ha messo insieme un cast eccellente per rendere omaggio alle canzoni di Blind Willie Johnson, personaggio fondamentale per quanto riguarda il blues degli albori, celebrato – seppure indirettamente – anche dal regista Wim Wenders nel suo ottimo documentario Soul Of A Man, incentrato sulle figure di Skip James e J.B. Lenoir facendo però uso di Blind WIllie Johnson come filo conduttore della pellicola che proprio da una sua canzone prendeva il nome.

Gaskill, per mettere a segno la sua produzione, corredata da un bel booklet ricco di foto e note storiche, ha assemblato un cast di tutto riguardo, un cast rigorosamente composto da musicisti bianchi, fatta eccezione per i superstiti dei Blind Boys Of Alabama che, nonostante l’età consegnano ai posteri una struggente e inarrivabile versione di Mother’s Children Have A Hard Time, baciata dalla slide di Jason Isbell, di cui potrebbero benissimo essere, oltre che interpreti, anche protagonisti. Sicuramente il più squillato dalla carta stampata in occasione dell’uscita di questo tribute, è il nome di Tom Waits, assente da un po’ dalle scene e quindi sempre molto atteso. Personalmente non so se sono io che non lo capisco o se lui giochi a fare delle cose inascoltabili perché tanto tutti lo incensano qualunque cosa faccia, comunque delle due composizioni con cui si cimenta, The Soul Of A Man è anche interessante, ma la sua interpretazione “industrial” di John The Revelator poteva anche tenersela nei cassetti che era meglio. Di tutt’altra pasta Lucinda Williams (anche lei titolare di due contributi in questo disco) che riesce a mettere del suo laddove ce l’avevano messo nel secolo scorso i Led Zeppelin, consegnando una It’s Nobody Fault But Mine lacerante e una più ordinaria ma sempre immensa God Don’t Never Change. Da togliersi il cappello (hat off, come si dice in inglese) anche per la rilettura minimale (voce e slide) che Derek Trucks e Susan Tedeschi danno di Keep Your Lamp Trimmed And Burning e, autentiche chicche sono la Trouble Will Soon Be Over di Sinead O’Connor e Jesus Is Coming Soon dei Cowboy Junkies, introdotti dalla voce gracchiante di Blind Willie proveniente da un vecchio 78 giri che dopo pochi secondi lascia lo spazio a quella sempre suadente e penetrante di Margo Timmins. Meno bene, secondo me, il brano affidato a Luther Dickinson, forse perché a sentirlo fare questo genere ci siamo abituati, mentre dagli altri artisti coinvolti rimaniamo più sorpresi, e non mi piace molto nemmeno Rickie Lee Jones, alle prese con Dark Was The Night, brano difficile da prendere in considerazione dopo le versioni di Ry Cooder. Ultima gradita sorpresa è la presenza di Maria McKee, i cui percorsi artistici sono ormai distanti anni luce da quelli per cui l’avevamo apprezzata al momento del suo esordio, la sua rilettura di Let Your Light Shine On Me è un altro piccolo capolavoro.

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