Le occasioni perdute (ovvero perché in Italia la storiografia rock non è una scienza esatta)

leggende-rock-il-12-agosto-su-rai-due-lo-speciale-dedicato-elvis-presley-1

Quest’estate il secondo canale televisivo di Mamma RAI ha varato un breve ciclo di trasmissioni dedicate ad una manciata di personaggi davvero leggendari della musica rock, non a caso il titolo del programma era proprio “Leggende Rock”. I propositi sembravano essere davvero buoni ed il programma in effetti è stato realizzato con un montaggio frizzante in cui scene tratte da video di repertorio o da video ufficiali si alternavano ad interventi di giornalisti, addetti ai lavori, fan e addirittura imitatori. Qualcosa di diverso dal solito finalmente, ma purtroppo riuscito solo a metà, e messo in onda comunque a mezzanotte – secondo una convinzione sbagliata che il rock sia una cosa notturna: ma dove? Negli anni sessanta e settanta i concerti si svolgevano anche di pomeriggio!!!

Peccato, perché poteva essere l’occasione definitiva per far vedere che anche da noi si riesce a fare qualcosa di ben confezionato, invece gli autori – pur avendo dato voce a qualche personaggio meritorio come Luca Dondoni, Gianni Sibilla e alcuni fan e collezionisti le cui testimonianze sono state davvero il fiore all’occhiello del programma (mi riferisco in particolare a quella di Michele Ulisse Lipparini riguardo a Bob Dylan e a quella di Franz Heel per Elvis Presley) – hanno fatto naufragare il tutto dando poi la parola ai soliti “raccomandati” di casa RAI, a partire dagli inutili, per nulla divertenti e scontatissimi interventi di Gianni Boncompagni per finire con il nulla di fatto delle testimonianze di Guido Elmi (lo Steve Rogers di vascorossiana memoria), Jerry Calà(!!!), Maurizio Solieri e Andrea Mingardi. (Per quanto riguarda i bolognesi, va detto a parziale discolpa che nella puntata su Hendrix il loro intervento in qualità di spettatori del concerto di Jimi del 1968 ci poteva anche stare).

Il programma avrebbe potuto essere una buona occasione per trattare la musica rock col dovuto riguardo, invece è stata ancora una volta la fiera delle inesattezze, okay, nell’ambito della leggenda e del mito vale tutto, però un po’ di precisione si poteva anche prenderla in considerazione. Non ho visto la puntata su Springsteen e quella su Hendrix non è stata male, salvo il fatto che è parso che negli archivi della RAI ci sia soltanto il filmato di Woodstock – non certo il miglior concerto di Jimi – e si sono quindi viste solo immagini da esso tratte. Nella puntata su Elvis ci sono stati diversi strafalcioni dovuti alla scarsa conoscenza della materia e al voler a tutti i costi dire la propria su un personaggio così importante.

La palma del peggiore la darei però all’intervento di Carlo Massarini su Dylan – Massarini è un altro di quei soggetti che andrebbero esautorati dall’essere ancora considerati dei grandi giornalisti musicali e anzi dovrebbero essere diffidati dal parlare e dallo scrivere di musica solo in virtù di un passato ormai troppo lontano – che in una sola frase è riuscito a dire che il concerto di Newport del 1965 si tenne dopo quello della Royal Albert Hall (che in realtà risale invece al 1966) e a sostenere, sempre riguardo a Newport, che prima ci fu un set acustico e poi uno elettrico, mentre in realtà avvenne il contrario e di set acustico fu suonato solo per calmare gli animi dei puristi folk indispettiti dalla svolta elettrica di Dylan.

Tacerò poi del fatto che riguardo Dylan in Italia pare ci si ricordi solo degli inizi folk, della svolta elettrica e della conversione: non una parola sui grandi dischi di metà anni settanta, sul Dylan cinematografico. Sembra che il nostro abbia ascritto solo Blowin’ In The Wind, Mr. Tambourine Man e Like A Rolling Stone.

Tra le idee originali alla base del programma, oltre a quella di dare voce a fan e collezionisti, c’è quella di cercare gli imitatori italiani. Idea bella, ma devo dire mal sviluppata, almeno per quanto riguarda gli imitatori di Dylan – conosco gente che ha fatto cose molto più egregie rispetto a quelle delle due band milanesi coinvolte – ed Elvis Presley in particolare. Qui l’imitatore si esibiva sì con tanto di costume, ma accompagnato da sterili basi musicali che rendevano la performance davvero povera.

Un ultimo appunto negativo lo dedico a Ricky Portera, un altro che col programma non c’entrava nulla ma che per tutte e quattro le puntate ha suonato riff di Led Zeppelin, Aerosmith, Queen, Pink Floyd, Doors e quant’altro facendo da sottofondo alla conduttrice, rivelandosi poi del tutto incapace di mettere assieme due parole quando questa lo interpellava.

Non è più possibile commentare.