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VANTOMME – Vegir

di Paolo Crazy Carnevale

3 febbraio 2018

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VANTOMME – Vegir (Moonjune Records 2018)

Leonardo Pavcovich, patròn della Moonjune Records, non è soltanto un discografico e produttore esecutivo: soprattutto è un entusiasta ed un appassionato dalla musica che la sua label pubblica, e con questo nuovo CD siamo arrivati ad una novantina di uscite che hanno visto coinvolti artisti di ogni parte dell’orbe terracqueo, nonché grossi nomi della scena jazz-prog-rock.

Pavcovich non è solo dietro le sue produzioni, c’è dentro in tutto e per tutto, perché da vero appassionato gli piace far collaborare gli artisti della sua scuderia, gli piace farli incontrare e far sì che dai loro incontri scaturiscano progetti, gruppi, idee a trecentosessanta gradi.

È il caso di questo lungo disco di space rock strumentale accreditato al tastierista belga Dominique Vantomme, musicista dotato e poliedrico, con un solido background nel jazz e nel blues (ha fatto parte delle band di Ana Popovich, Viktor Lazlo, dei Vaya Con Dios ed ha collaborato con Louisiana Red). Nel 2016 Pavcovich e Vantomme si sono recati assieme ad Amsterdam per assistere ad un concerto degli Stick Men di Tony Levin ed è questa la genesi di Vegir: essendo anche Levin un artista accasato presso la Moonjune ed essendo Vantomme un suo fan, l’incontro dei due era praticamente cosa annunciata e si trattava solo di una questione di tempo.

La session che ha dato forma al disco è arrivata subito dopo, complice il coinvolgimento del chitarrista Michel Delville (già con Machine Mass, douBt e Wrong Object: tutti prodotti dalla Moonjune) e del batterista Maxime Lenssens.

Naturalmente Vegir viaggia su binari distanti da quello che sono le frequentazioni abituali di Vantomme e Levin: qui siamo al cospetto di un lungo disco composto da otto tracce strumentali la cui durata media è intorno ai dieci minuti, quasi una suite in più parti che si aggira tra progressive e musica spaziale, complice l’uso delle tastiere: Vantomme oltre a vari tipi di pianoforte ci da dentro molto con mellotron e moog, Delville impazza con la chitarra e Levin tra basso e stick imprime al ritmo una serie di soluzioni melodiche e al tempo stesso sincopate. Molto seventies sono Double Down e Sizzurp, mentre Equal Minds è pervasa da feedback elettronici al limite del rumoristico. Sicuramente le tracce più interessanti sono Playing Chess With Barney Rubble, dall’interessante intro pianistica su cui poi la chitarra e la sezione ritmica divagano alla grande, The Self Licking Ice-cream Cone, un titolo quasi zappiano per la traccia apiù lunga del disco, e le conclusive Agent Orange e Emmetropia.

In veste di tecnico della masterizzazione, troviamo un altro recente acquisto della Moonjune, il chitarrista inglese Mark Wingfield.