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UNTHANKS – Mount The Air

di Paolo Crazy Carnevale

27 settembre 2015

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UNTHANKS
Mount The Air
(Rabble Rouser Music 2015/ IRD)

Mi sono accostato a questo disco senza avere la benché minima idea di chi fosse e di che genere di musica facesse il trio Unthanks, forse il modo migliore per accostarsi ad un prodotto discografico. Non ho neppure cercato di capire qualcosa dalle note di copertina, l’ho messo nel lettore e basta, con l’idea di lasciarmi sorprendere. E la sorpresa c’è stata, davvero: non so come siano gli altri dischi incisi dalla formazione, ma questo mi è piaciuto. Un concentrato di lirismo e bellezza davvero fantastico. Non ho dubbi riguardo al fatto che ci siano tanti altri artisti che producono musiche su questa falsariga, mi vengono in mente il primo disco degli Yagull (ma si trattava di musica strumentale) o i Sours (che degli Yagull sono poi un’emanazione diramata), ma qui l’elemento folk è preponderante, un folk che definirei cameristico, per via della strumentazione sfoderata, ma anche un folk attuale, pieno di invenzioni e contaminazioni.

Le sorelle Rachel e Becky Unthank sfoggiano una mélange canoro molto valido e Adrian McNally, produttore del disco, marito di Rachel e polistrumentista che passa dal piano alla celeste, all’organo, all’harmonium fino alle percussioni e insieme sembrano avere le idee ben chiare riguardo a quello che fanno: la loro musica si arricchisce via via di quartetti d’archi, basso elettrico, tromba, flicorno, batteria, flauti…

Sono sulla breccia da dieci anni e hanno una discografia abbastanza consistente, che include anche omaggi a Robert Wyatt e a Anthony & The Johnsons, ma per quanto mi riguarda il primo pensiero che ho fatto ascoltandoli è andato a Sandy Denny. Non so, evidentemente il mondo ha ancora bisogno di questa immensa cantante e di musica a lei correlata, basti pensare all’industriale quantità di box a lei dedicati e alle numerose ristampe dei dischi suoi e dei suoi gruppi (Fairport Convention e Fotheringay).

Il contenuto di questo Mount The Air va forse letto anche in quest’ottica, oltre che per il puro piacere di ascoltare una serie di canzoni (originali a firma McNally/Unthank, che sia l’una o l’altra delle due sorelle a co firmare i titoli, o di estrazione folk) prodotte con gusto estremamente raffinato e suonate talvolta in punta di piedi, tal altra con una profusione di strumentazione mai invadente.

Se la lunghissima Founding (quasi undici minuti) e Madam richiamano più direttamente il modello Denny, in altre composizioni, come il traditional Magpie e l’immensa title track Mount The Air (anche qui si va oltre i dieci minuti e mezzo di durata) sono perle totali: in quest’ultima, che è il brano d’apertura del disco e prende le mosse da un brano tradizionale per quanto riguarda il testo, l’ensemble si concede al massimo giustificando in pieno la definizione che ho dato in apertura, quella di folk da camera, in cui trovano spazio anche interventi dei fiati che richiamano addirittura lontane atmosfere latine. Last Lullaby ha invece una lunga intro pianistica e si sviluppa attorno al tradizionale Golden Slumbers (nulla a che vedere con i Beatles) mescolando passato e presente, gli archi sono talvolta d’accompagnamento, in altre occasioni il violino di Niopha Keegan prende il sopravvento diventando protagonista, come nell’autografa (di Keegan) For Dad.
La parola d’ordine degli Unthanks è dichiarata apertamente nelle note di copertina – che naturalmente alla fine mi sono andato a leggere – ed è tratta da un libro di canzoni popolari che staalla base di questo lavoro: “…the modern singer must use the same imagination and flexibility in adapting the other verses as did the original singers”.

E ascolto dopo ascolto Mount The Air pare confermare quanto questa sia una grande verità oltre che una dichiarazione d’intenti rispettata e concretizzata pienamente.