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THE NICK MOSS BAND – Lucky Guy

di Paolo Crazy Carnevale

10 ottobre 2019

Lucky Guy! by The Nick Moss Band featuring Dennis Gruenling

THE NICK MOSS BAND – Lucky Guy! (Alligator/IRD 2019)

Ad un anno di distanza dal precedente disco, ecco di nuovo in pista il gruppo capitanato dal chitarrista Nick Moss. Fedele al motto “squadra vincente non si cambia”, il corpulento bluesman di Chicago si presenta con l’apporto dell’armonicista e cantante Dennis Gruenling, che nel disco precedente era indicato a mo’ di ospite speciale, e con la produzione di Kid Andersen che fa capolino qua e là anche come chitarrista in seconda e mandolinista.

E ovviamente anche il contenuto non si discosta dalla produzione precedente, The High Cost of Low Living, una manciata di composizioni originali all’insegna del più classico sound chicagoano, quasi tutte autografe, con l’eccezione delle due composizioni di Gruenling e di un brano Johnny O’Neal Johnson.

Questo quattordicesimo disco del chitarrista parte in quarta con 312 Blood, bel tiro, gran chitarra e ritmo giusto, in Ugly Woman i fiati si fanno sentire con determinatezza e sugli stessi binari viaggia anche la title track. Poi Moss e compagni rallentano e si lanciano nel torrido blues lento Sanctified, Holy And Hateful, che piace subito e si candida ad essere una delle cose migliori del disco. Movin’ On My Way è uno dei brani dell’armonicista, meno interessante, più risaputo col suo andamento shuffle, anche un po’ troppo lungo, pregevole però per lo scambio di assoli tra Moss e Andersen.

Meglio la canzone seguente, Tell Me There’s Nothing Wrong, swingata, con ottimo intervento di Gruenling e con la chitarra elettrica baciata dall’ispirazione. L’armonica fa una bella figura anche in Full Moon Ache, poi tocca a Me And My Friends, con i fiati di nuovo in evidenza a dialogare con Gruenling su un giro però meno originale, lo strumentale Hot Zucchini, che si contende la palma d’oro con Sanctified, Holy And Hateful, è finalmente una bella vetrina per il tastierista Taylor Streiff, fin qui confinato al pianoforte ed ora invece impegnato a scatenare le sue scorribande con l’Hammond in un dialogo con la chitarra del leader.

L’armonica apre il blues lento Simple Minded, Streiff fa volare le mani su un pianoforte da barrelhouse, Andersen fa un grande lavoro al mandolino mentre lo spirito irrequieto di Michael Bloomfield sembra svolazzare sopra il capo di Moss benedicendo il tutto.

Wait And See non è l’omonimo brano dei Byrds, bensì il secondo contributo compositivo di Gruenling, decisamente molto meglio del primo, As Good As It Gets mostra un po’ la corda, per fortuna poi c’è spazio per la breve e strumentale Cutting The Monkey’s Tail, quasi garage blues, che prelude al finale altrettanto pregevole di The Comet, oltre cinque minuti in cui a quella di Moss si aggiunge la chitarra di Mike Welch, dodici battute classiche, tutte giocate sull’interplay tra elettrica e acustica, uniche protagoniste del brano insieme alla voce del titolare, qui in odor di John Lee Hooker.