BOBBY WEIR & THE WOLF BROS. – Live In Colorado
di Paolo Crazy Carnevale
13 luglio 2022
Bobby Weir & The Wolf Bros. – Live In Colorado (Third Man Records 2021)
Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, Bob Weir, o Bobby Ace, o Bobby Weir come si fa chiamare in questo disco, è colui che tra i vari ex meglio incarna e continua a tenere in vita lo spirito dei cari vecchi Grateful Dead. Se non fosse bastato l’ancora eccellente disco di studio di qualche anno fa, lontano dai suoni ma vicino nello spirito al gruppo madre, ora Bob ci riprova con un live bello e spettrale registrato nella sempre vincente location di Red Rock, in Colorado, e pubblicato dalla label di Jack White.
Da qualche anno Weir si fa accompagnare da una formazione rodata e assolutamente all’altezza della situazione, esibendosi in festival o location dove il pubblico è pronto ad immergersi in atmosfere che sono legate allo spirito libero e alle jam di casa Dead. Il repertorio pesca un po’ qui un po’ lì, privilegiando ovviamente la lunga militanza al fianco di Garcia e soci, ma c’è spazio anche per le scorribande del Weir solista, dal primo all’ultimo disco, come questo doppio vinile dal vivo dimostra.
Innanzitutto sorprende che nel gruppo ci sia un prezzemolino come Don Was, uno che per dire la verità ha spesso fatto danni, soprattutto a livello di produzione: pensiamo all’ultima prova di Gregg Allman, funestata dalla produzione mainstream di Was, e pensiamo soprattutto alle sue supervisioni di concerti tributo che a causa del suo lavoro suonano un po’ tutte uguali e tutte allestite con l’inserimento nel cast di gente mai all’altezza (mi viene in mente l’inutile e onnipresente Eric Church).
Fortunatamente qui, Was si limita ad essere il bassista, lasciando che sia tutto il gruppo dei fratelli lupi ha costruire il suono essenziale (mai mainstream) attorno alla voce di Bobby. Ci sono poi le tastiere di Jeff Chimenti, ormai uno di famiglia, la batteria di Jay Lane e, soprattutto, la pedal steel di Greg Leisz, maestro assoluto dello strumento e del buon gusto. In alcuni brani, al fianco dei Wolf Bros. ci sono anche i Wolfpack, vale a dire un quintetto d’archi e fiati che s’inserisce con oculatezza e precisione. Per concludere, si fa particolarmente apprezzare lo stile di Weir alla chitarra, solitamente un chitarrista ritmico all’ombra di Jerry Garcia o di altri solisti eccellenti: qui, sia con l’elettrica che con l’acustica Weir rilascia ottime prove, il suo cantato è ulteriormente maturato, si è irrobustito e arrochito, rendendo le performance vocali sempre nuove e interessanti.
Il doppio si apre con una lunga ripresa di un brano di Garcia e Hunter, quella New Speedway Boogie che per i Grateful Dead è stata un classico e che nella nuova versione conquista, Leisz ne è il protagonista e sono presenti anche i fiati dei Wolfpack, si prosegue poi con un immancabile omaggio a Bob Dylan, A Hard Rain’s Gonna Fall, con Weir all’acustica e un interplay tra piano e pedal steel che fa urlare dal godimento. Big River è il brano di Johnny Cash che i dead hanno suonato dal vivo decine di volte, si pare con un breve brillante intro strumentale e poi prosegue senza intoppi con belle soluzioni sonore; Weir si lascia poi andare a brani più recenti, con una ripresa dell’originale West L.A. Fadeaway dal penultimo disco di studio dei Dead, il loro successo di vendita più importante di sempre, quell’In The Dark che apparentemente fuori tempo massimo li aveva catapultati in cima alle classifiche sul finire degli anni ottanta, facendoli vivere di rendita e concerti fino alla morte di Garcia nel 1995. La versione è lunghissima, lunga intro con i fiati, non c’è una sbavatura, le tastiere di Chimenti se la giocano con sax e trombe e il titolare fa capolino con la chitarra. My Brother Esau è un altro brano che arriva dalle session di in The Dark, ma invece che finire sul disco fu inserito sul lato B del singolo Touch Of Grey, la versione di Bobby dal vivo rende giustizia ad una composizione che qui suona infinitamente meglio, anche se gli highlight della terza facciata sono le due composizioni seguenti. Only A River, dall’ultimo disco di studio, di cui ripercorre le atmosfere minimali e acustiche create per quell’occasione dei due coautori Josh Ritter e Josh Kaufman: la pedal steel e il refrain che cita la tradizionale Shenandoah fanno il resto. Pregevole anche qui l’intervento di Bobby all’acustica. Looks Like Rain è uno dei brani migliori scritti da Weir, stava su Ace, la sua prova solista del 1972, un brano nato per essere suonato dalla pedal steel di Garcia (ve ne sono alcune rare versioni nei primi concerti del tour europeo di quell’anno) e qui giustamente Greg Leisz fa faville muovendosi col suo strumento tra l’elettrica dell’autore e il piano elettrico di Chimenti, versione da urlo e il pubblico fa capire di apprezzarla parecchio.
La quarta facciata vede riscendere in campo anche i Wolfpack per il medley classico formato dalla doppietta Lost Sailor/Saint Of Circumstance scritta per il disco del 1980 Go to Heaven, non tra i più memorabili dei Grateful Dead, ma la versione qui presentata, con i suoi diciotto minuti ha dalla sua l’interplay interessante tra Leisz e la sezione fiati, combinazione strumentistica non usuale.
Bella prova!
Paolo Crazy Carnevale