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THE STRANGLERS – Venaria Reale, Teatro della Concordia, 2/12/2019

di Paolo Baiotti

8 dicembre 2019

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Dopo qualche anno gli Stranglers sono tornati a calcare i nostri palchi con tre date a Bologna, Roma e Venaria presso Torino. La gloriosa e veneranda band inglese, nata a metà degli anni settanta a Guildford (il nome originario era Guildford Stranglers), dopo avere acquisito una certa popolarità nel circuito del pub-rock è entrata a far parte della scena punk, pubblicando quattro album di grande impatto e successo, specialmente in patria, tra il ’77 e il ’79: il travolgente esordio Rattus Norvegicus, No More Heroes, Black & White e The Raven che lasciava intravedere un cambiamento di suono con un ammorbidimento e una maggiore complessità, una strada proseguita nei dischi successivi, ma con minore convinzione e un progressivo calo di ispirazione. Nel nuovo millennio il quartetto ha rilasciato tre dischi in studio, il più recente Giants del 2012, restando molto attivo dal vivo. Sono tuttora presenti due membri della formazione originale, Jean-Jacques Burnel (basso e voce) e Dave Greenfield (tastiere), ai quali si aggiungono Baz Warne (voce e chitarra dal 2000) e il giovane Jim Macaulay (batteria) che dal 2012 ha prima affiancato e poi sostituito Jet Black, il batterista originale che aveva 39 anni quando la band pubblicò il primo album e che si è definitivamente ritirato nel 2015 per motivi di salute. E’ chiaro che l’assenza rilevante è quella di Hugh Cornwell, voce principale e chitarra del quartetto originale, che se ne è andato nel ’90 per intraprendere una carriera solista non particolarmente significativa, come d’altronde quella della band senza di lui. Ma è anche vero, e il concerto torinese lo ha confermato, che la diversità e originalità del suono del gruppo si fondano sulle tastiere doorsiane e raffinate di Greenfield.

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Che senso ha un concerto degli Stranglers oggi? Vale il discorso di molte vecchie band…è prima di tutto una questione di nostalgia da parte del pubblico (non certo giovanissimo, almeno dalle nostre parti) che vuole risentire le canzoni che ha amato in passato e una questione finanziaria per i musicisti. Ma c’è anche la voglia di dimostrare di essere ancora vitali e di emozionarsi, come hanno dimostrato i quattro inglesi, in ottima forma e non legati del tutto al lontano passato, visto che metà delle 20 canzoni eseguite a Venaria provengono dai primi quattro dischi, ma le altre dieci ripercorrono le tappe successive con cinque episodi dagli album post 2000 che non hanno sfigurato.

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Dopo un set divertente dei Ruts DC, sopravvissuti dell’epoca punk/reggae quando si chiamavano Ruts, che ha ovviamente compreso i loro brani più conosciuti Jah War, Babylon’s Burning e Staring At The Rude Boys, gli strangolatori sono entrati in scena vestiti di nero, iniziando con due tracce da Norfolk Coast, la title track e I’ve Been Wild, seguite da Get a Grip dall’esordio. Tre tracce dure e aggressive, eseguite con professionalità e precisione, nelle quali sono emerse la batteria puntuale ed energica di Macaulay e le tastiere brillanti di Greenfield, in appoggio al basso pulsante di JJ e alla voce e chitarra di Baz, che nei brani vecchi ricorda le tonalità di Cornwell. Dopo la morbida Midnight Summer Dream e Time To Die, quasi interamente strumentale, il riff nervoso di Nice ‘n’ Sleazy ci ha riportato al terzo album Black & White, seguita dall’’avvolgente The Raven cantata (e in parte recitata) da Burnel. Nella parte centrale si sono susseguite tre ballate: il valzer Golden Brown (singolo n. 2 in Gran Bretagna nell’82), la scorrevole Always The Sun cantata con il pubblico e l’affascinante Don’t Bring Harry con JJ alla voce. L’energia di Nuclear Device, il basso nervoso e il ritmo spezzato di Peaches e l’eccellente cover di Walk On By (uscita come singolo nel ’78) in cui hanno avuto spazio solista la chitarra e le tastiere hanno preceduto il finale con due brani storici, Hanging Around e Tank. Il quartetto ha concesso un unico bis, No More Heroes, title track del secondo album, ad un pubblico sufficiente per presenza, ma probabilmente meno caldo che in altri paesi come Gran Bretagna, Germania e Francia dopo il gruppo ha un culto molto radicato.