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PAUL KAPLAN – We Shall Stay Here

di Paolo Baiotti

26 gennaio 2022

kaplan

PAUL KAPLAN
WE SHALL STAY HERE
Old Coat Music 2021

Paul Kaplan si può definire un veterano del cantautorato americano. Una delle sue prime canzoni, I’ve Been Told del ’66, si trova sul sito dello Smithsonian Folkways, altre contro la guerra in Vietnam sono state pubblicate sulla rivista Broadside. Nel corso degli anni lo hanno reinterpretato artisti come Paul Messengill, Jay Ungar, Molly Mason e Sally Rogers e hanno speso opinioni egregie su di lui Pete Seeger e Tom Paxton. Per lungo tempo ha lasciato il mondo musicale per insegnare musica nella scuola pubblica (ora a Springfield) e per occuparsi della famiglia, ma non ha mai smesso di scrivere. Il suo primo album solista Life On This Planet è dell’82 seguito tre anni dopo da King Of Hearts, da un disco nel ’94 e da altri due nel nuovo millennio. Inoltre negli anni settanta ha prodotto dischi postumi di Phil Ochs per la Folkways, per due decenni ha presentato un “open mic” mensile ad Amherst dove risiede e ha fatto parte del gruppo The Derby Ram che aveva un ingaggio come gruppo fisso alla Eagle Tavern di New York.
We Shall Stay Here, realizzato durante la pandemia con la collaborazione in remoto di numerosi artisti tra i quali il grande Jay Ungar al mandolino e violino, Molly Mason al basso e un gran numero di contributi ai cori nonché con il decisivo aiuto di Mac Cohen che ha inciso le parti vocali e di chitarra di Paul raccogliendo le tracce digitali degli altri musicisti, si può definire un riassunto della sua storia diviso in tre parti: la ripresa di tre canzoni altrui con dei nuovi testi adeguati al periodo che stiamo vivendo, la riproposizione di tre brani dal suo primo album mai pubblicati su cd e sei canzoni nuove o rifatte con testi aggiornati su temi sociali.
Le prime tre sono la filastrocca folk Little Boxes famosa nella versione di Pete Seeger, la nostalgica These Are The Days, rifacimento dello standard Those Were The Days di Gene Raskin (la cantò in italiano Gigliola Cinquetti) con un tocco di ironia nel testo sul Covid e il mandolino di Jay Ungar e il classico The Frozen Blogger (Logger nella famosa versione dei Weavers). I brani tratti dal disco dell’82 sono la title track Life On This Planet, scorrevole traccia folk con i controcanti di Robin Greenstein, la latineggiante Traffic Jam in the Zocalo e la love song We Shall Stay Here dedicata alla compagna Lisa.
Tra le altre sei canzoni spiccano la dolente The Voice Of Pete, scritta in onore di Pete Seeger, If I Had Half an Acre con l’espressivo violino di Ungar e la drammatica Survival con un accompagnamento minimale di percussioni in cui si inserisce il sax doloroso di Frank Newton. Chiude il disco After The Fire, traccia corale affidata alle voci del coro della Leverett Community.

Paolo Baiotti