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KENNY BRAWNER – Cross Water Blues

di Paolo Crazy Carnevale

20 marzo 2020

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KENNY BRAWNER – Cross Water Blues (Appaloosa/IRD 2019)

Non fatevi ingannare dal sanguigno sound chicagoano di questo disco, il titolare, il signor Brawner è newyorchese e buona parte della banda che lo accompagna è italiana! Certo, ad ascoltare il disco non si direbbe, perché il disco suona davvero molto Chicago blues, soprattutto per lo stile chitarristico di Luca Tozzi, che con il titolare è il maggior responsabile del sound.

Brawner, che ha una carriera musicale che parte da lontano ed è basata su una miscela di blues, soul e funk, è un tastierista e cantante con una voce che ricorda talvolta certe sfumature del miglior Joe Cocker – roca ma anche elegante come quella di Ray Charles– ed è spesso approdato nel nostro paese, Luca Tozzi, chitarrista del disco, oltre che autore di parte dei brani qui contenuti, ha fatto una lunga gavetta che lo ha portato a vivere a lungo proprio nella città d’origine di Brawner. Tozzi è il produttore di Cross Water Blues, insieme al batterista Pablo Leoni, che è pure responsabile del management dell’artista afroamericano.

E italiani sono anche tutti e tre i bassisti musicisti coinvolti nelle session, mentre la sezione fiati è tutta americana: il risultato è un disco di blues ben fatto, ben registrato e prodotto con cura, un disco di blues che potrebbe tranquillamente competere, e in qualche caso anche superare, quelli pubblicati in America dalla benemerita Alligator, la casa discografica del blues per eccellenza.

Il riferimento principale, in termini di stili blues, sembra essere come si diceva Chicago e a conferma di ciò, l’unica cover inclusa nel disco, Goin’ Down Slow, proviene dal repertorio di Bobby Bland, tipico rappresentante del blues della Windy City. Per il resto, su una sezione ritmica diligente che fa alla perfezione il suo lavoro, tutto è affidato alla sei corde di Tozzi e alle tastiere (più spesso il piano, meno spesso l’organo) di Brawner. Tra i brani più riusciti c’è I’m Not Buyin’ firmata dal cantante e con un eccellente solo della sei corde di Tozzi, Meet Me In The Alley porta anche la firma di Tozzi e vede il piano in botta e risposta coi fiati; Waitin’ For Some Good è particolarmente ispirata e conta su un buon lavoro dell’organo nelle cui tessiture la chitarra di Tozzi s’inserisce guizzando, ma in sottofondo ,sempre Tozzi presumiamo essendo l’unico chitarrista del disco, si colgono anche degli azzeccati interventi funky mai invadenti e preziosi per il risultato finale. Burned Again è proprio come ci si può immaginare un brano con questo titolo, struggente, lento, devastante, con la chitarra incendiaria che piange letteralmente sul sottofondo d’organo e con i fiati in crescendo mano a mano che il brano avanza. Piano elettrico e fiati sostengono l’introduzione strumentale notturna di Love Pain, altro punto di forza del disco, lunga e soffusa composizione in cui la chitarra si fa sentire solo in un secondo tempo. It’s A Shame, un boogie scatenato sembra invece più un risaputo esercizio di stile meno interessante, meglio la spensierata canzone d’amore posta in chiusura, Never Had A Love Like Yours, in cui Tozzi ci dà un saggio della sua abilità col bottleneck.