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JOSHUA BRITT – Starting Over In A Storm

di Paolo Crazy Carnevale

15 aprile 2019

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JOSHUA BRITT – Starting Over In A Storm (Appaloosa 2019)

Non poteva mancare: dopo i dischi solisti dei suoi due colleghi negli Orphan Brigade, l’Appaloosa ha pubblicato, all’inizio dell’anno il disco da solo di Joshua Britt. Il discorso potrebbe essere complesso, o forse no, però ci permette di tirare le conclusioni una volta per tutte su questi tre artisti.

Si suol dire che non sempre la somma di tre talenti corrisponda al valore reale dei tre, in genere quando musicalmente si mettono insieme dei nomi ed il risultato è inferiore alle aspettative (ricordate la Souther-Hillman-Furay Band?). Gli annali della musica rock sono pieni di tali esempi. Con questi musicisti il problema è inverso. Tre discreti cantautori, chi più chi meno dotato (Ben Glover è quello messo meglio, mentre Neilson Hubbard è il più accreditato in sede di produzione) che messi insieme riescono ad incantare con un progetto ricco di spunti, idee e suggestioni.

Singolarmente però la storia suona differente.

Se il disco di Glover poteva anche essere carino, quello di Hubbard uscito poco dopo stentava a passare la sufficienza: Britt ne resta al di sotto. Non basta la produzione di Hubbard (che in altri frangenti si è rivelato capace e talentuoso produttore, ma una cosa è produrre le canzoni di una fuoriclasse come Mary Gauthier, altra è cavar qualcosa dalle sonnacchiose composizioni di Britt) a fare di questo CD un prodotto interessante: il suo sound neo folk è decisamente da catalessi.

Non vi è un guizzo, uno stimolo a cercare di approfondirne la conoscenza, dopo tre brani sembra aver già detto tutto, non basta il suono Farfisa della quarta traccia, Summer Heat’s On (cantata con un piglio un po’ più pimpante), a risvegliare l’ascoltatore dal torpore. Ed il secondo ascolto non cambia l’impressione. Ci sono troppi bei dischi (vecchi o nuovi) in circolazione per perdere tempo con questo.

Forse, se i tre “Orfani” non ci arrivano da soli, i loro consulenti musicali potrebbero provare a far capire loro che la loro magia si accende quando lavorano insieme e che pubblicare in due anni tre dischi da solisti e due come band intasa ed inflaziona il mercato, oltre a lasciare l’ascoltatore con l’amaro in bocca.